Il diaconato. Le ultime due ordinazioni in Diocesi: Pietro Oliva e Giuseppe Fiorentino

Abbiamo parlato nei giorni scorsi in occasione della festa di S. Stefano, primo diacono, dei diaconi che operano anche nella Chiesa di Matera a servizio del Vescovo. Diamo spazio ora, se pur con un po’ di ritardo, e pertanto ci scusiamo, alle ultime due ordinazioni celebrate in Diocesi.

Una teoria infinita di diaconi ha seguito Stefano nei primi 1300 anni di storia della Chiesa: S. Francesco d’Assisi, ad esempio, era un diacono. Questa figura di “servizio”, di prossimità, scompare ad un certo nella vita della Chiesa per lasciar spazio ai soli diaconi poi detti “transeunti”, ordinati cioè solo in vista della successiva ordinazione presbiterale. Come condizione “permanente” il diaconato viene ripristinato solo dopo il Concilio Vaticano II, soprattutto su istanza della Chiesa Tedesca, povera di presbiteri. Rimandando ad altro articolo i lettori interessati alla distinzione tra diaconi “permanenti” e “transeunti”, diamo finalmente spazio alla celebrazione delle due ultime ordinazioni diaconali celebrate in Diocesi.

Don Pietro Oliva. Mons. Caiazzo: “Illuminato dalla Parola, tu possa illuminare”

“Don Pietro è diacono della Chiesa di Dio!”. Queste le parole scandite nitidamente da un seminarista dall’ambone della chiesa di S. Lucia in Montescaglioso alla fine del rito di ordinazione. E di riscontro un fragoroso, lungo, convinto applauso. Era la sera del 26 ottobre 2024. Il ricordo è sempre vivo.

Applausi che sono segno di un’assemblea partecipe, giunta numerosa a Montescaglioso da tutta la Basilicata, in particolare da Montalbano J., dove Pietro ha esercitato il suo tirocinio pastorale, ed evidentemente “è stato presenza significativa – ha sottolineato il vescovo nell’omelia – nel mostrare concretamente cosa significa rispondere al Signore e servire il Signore”, da Luria (il gruppo di “San Gabriele dell’Addolorata”), da Scanzano J. e dalla Parrocchia di “Maria Madre della Chiesa” in Matera. Nondimeno, molto folta la rappresentanza del clero diocesano, delle autorità civili e militari locali e dei compagni di seminario, in prima linea nell’animazione liturgica della celebrazione, alcuni di loro ordinati diaconi di recente.

Una vocazione adulta quella di Pietro, che lo scorso 29 giugno ha traguardato i 50 anni. Un giovane in sostanza realizzato, lavorava in un’agenzia assicurativa, che alcuni eventi, nel tempo, hanno riavvicinato alla vita della Chiesa e di tanto in tanto hanno interpellato la sua coscienza in ordine ad una chiamata di donazione totale di sé al Signore: la partecipazione ad alcune adorazioni eucaristiche, all’animazione liturgica come corista, al servizio tra i carcerati. Da qui l’esigenza di alcuni momenti di ritiro, poi un serio discernimento vocazionale e l’entrata nel Seminario Interdiocesano di Basilicata, nel 2017.

Il senso del mi(ni)stero del diaconato come annuncio della Parola con una vita luminosa è il concetto che il Vescovo ha cercato di trasmettere nell’omelia, lasciandosi ispirare sia dalla Parola proclamata (in particolare dal brano del Vangelo della guarigione del cieco di Gerico, Mc 10,46-52 – XXX Domenica del Tempo Ordinario, anno B), sia dalla consegna del libro dei vangeli che fa parte dei riti immediatamente successivi all’ordinazione vera e propria.

“Il diacono, carissimo Pietro, è colui che sull’esempio di Cristo coglie che ogni giorno c’è qualcuno che cerca la luce e che ha bisogno di questa luce perché l’altro possa riceverla”. E poi, “il Diacono non è soltanto colui che serve all’altare o alle mense: prima ancora di questo è colui che riceve la Parola – e non a caso tu riceverai la Parola e diventerai annunciatore di questa Parola – che scende su di te e da te deve rivestire tanta umanità che ha bisogno di ritrovare la luce”.

“Nessuno è ordinato diacono se non per amore: l’amore di Dio che scruta il tuo cuore, che parla attraverso di te, che agisce, che cammina e che mostra realmente il suo operare nella vita di ogni uomo”.

“Ora, carissimo Pietro, se Dio vorrà, un giorno sarai prete, ma ricordati che essere prete significa non dimenticarsi mai che sei diacono. Così come il vescovo non può dimenticarsi che prima di essere vescovo è sacerdote e diacono”.

Di seguito la registrazione completa dell’omelia.

Il diacono è uomo del servizio faticoso: questo il commento che l’Arcivescovo esprime a proposito della stola, che da Pietro viene indossata, in quanto diacono, in diagonale, richiamando quella fascia che indossavano gli schiavi impegnati in lavori di fatica per proteggere le spalle dai carichi che altrimenti, per sfregamento o per pressione, li avrebbero piagati.

A festa, ha cantato il coro parrocchiale, che ha guidato con maestria la liturgia e che il parroco, don Mark Antony Stanislaus, non ha mancato di ringraziare.

“Non cedere alla tentazione di tutelare te stesso” è stata la raccomandazione che il parroco ha rivolto a don Pietro, consegnandogli da parte della comunità di S. Lucia, alla fine della celebrazione, un corredo di stole diaconali.

Non di minore intensità la partecipazione dei presenti ad un momento conviviale tra saloni ed atrio esterno della chiesa.

Di seguito alcuni momenti della celebrazione eucaristica.

Auguri, don Pietro, di un ministero luminoso e intenso nella parrocchia di Maria Madre della Chiesa ove ora sei collaboratore e nei luoghi in cui il Signore ti invierà per servirLo!

Giuseppe Fiorentino. Mons. Caiazzo: “Per ‘Maria-incidenza’ ordinato in Cattedrale. Un ministero sull’esempio di Maria, obbediente a Dio, che parte in fretta per servire Elisabetta”

Una sorpresa per Giuseppe Fiorentino – il quinto dei diaconi permanenti della nostra Diocesi, 61 anni, autista di merci pericolose in pensione, coniugato con Luisa Morelli, papà di Marianna e Valentina e, a breve, nonno di Elisabetta – l’ordinazione diaconale in Cattedrale.

Sì, tra il “promesso diacono”, la moglie e l’Arcivescovo era stata concordata come data di ordinazione l’8 dicembre – una data già di per sé significativa in cui il Vangelo ci parla del “Sì” che Maria pronuncia per mettersi a servizio dell’umanità ed è modello, così, per ogni “diaconia”, ma cara in special modo alla famiglia di Giuseppe, le cui figlie, ad esempio, quel giorno hanno ricevuto la prima comunione – ma senza considerare che quella sera si concludevano i festeggiamenti per i 70 anni di Matera Civitas Mariæ e che l’Arcivescovo avrebbe dovuto necessariamente presiedere la celebrazione in Cattedrale, per accompagnare poi l’effige della Madonna nella chiesa di S. Francesco.

Una liturgia ordinata, da cui traspariva la cura spesa nella preparazione, capace di trasmettere la sacralità del rito e l’immagine di una Chiesa ministeriale: era infatti presente una congrua rappresentanza di presbiteri, i diaconi e gli “aspiranti diaconi”, i ministranti di varie comunità, ma in primis quelli di “S. Giacomo”, la parrocchia di Giuseppe…

Una celebrazione magistralmente animata dal “Piccolo Coro” della Parrocchia di S. Giacomo diretto da Enza Fumi presente al completo per l’ultima delle tante fatiche del 2024 e capace di esprimere anche questa volta il massimo delle sue potenzialità.

Una eucaristia seguita inoltre, grazie alla diretta che proprio Logos ha curato, in tutta Italia, dai parenti di Giuseppe e Luisa e dagli altri “colleghi” di diaconato o di cammino diaconale di altre Diocesi sino in Piemonte ed Emilia-Romagna.

Un’omelia che ha parlato di dialogo tra l’uomo e Dio e di servizio al progetto di Dio: “’Avvenga di me secondo la tua parola’ significa non semplicemente rispondere a un desiderio di diventare diacono, o sacerdote, ma un arrendersi a una chiamata, all’amore di Dio, così come ha fatto la Vergine davanti al progetto di Dio che era completamente diverso dal suo. Il tuo ‘Sì’ è un sì che nasce soprattutto da questo cammino che in questi anni hai potuto fare accompagnato da tutti coloro che si sono presi cura della tua vita spirituale, della tua formazione culturale, teologica e di quanti si sono messi a disposizione per te solo ed esclusivamente per amore. È in questo circuito d’amore, che è l’amore di Dio, che tu stai entrando perché tu possa essere davvero quel servo di Dio che ama la propria vita, sente di essere amato di Dio e in forza di questo amore vuole servire la Chiesa e l’umanità. Non semplicemente liturgicamente, ritualmente, ma che […] si mette in cammino: Maria subito si alza, in fretta e si mette in cammino per andare verso la cugina Elisabetta. Per fare cosa? Per stare con lei, per servirla nel momento del bisogno. Il tuo ministero diaconale dev’essere letto proprio attraverso questo spirito del servizio: […] la Vergine Santa ci fa sperimentare il senso del sacrificio, dell’apprensione, dell’offerta quotidiana. Ecco quello che tu allora sei chiamato a vivere nella Chiesa”.

E il monito, mai scontato, e a beneficio di tutti, che il Diacono non è a servizio della propria comunità ma per “una missione nei luoghi e nei posti che non sceglierai tu ma sarà la Chiesa che di volta in volta, attraverso il Vescovo ti indicherà” e “tua moglie, così come ha fatto in questi anni continuerà ad accompagnarti”.

Di seguito la registrazione completa dell’omelia.

Un rito svolto con calma, e così ancor più espressivo, a cui l’assemblea ha evidentemente mostrato la sua partecipazione rispondendo al canto delle litanie dei santi e, in altri momenti, con un “religioso” silenzio: durante la preghiera consacratoria e i dialoghi tra Mons. Pierdomenico Di Candia, delegato episcopale del servizio per il diaconato permanente, e l’Arcivescovo e tra l’Arcivescovo e Giuseppe, quest’ultimo scandito da una serie di “Sì, lo voglio” che richiamavano il “Sì” di Maria ascoltato poco prima nel Vangelo, e durante i segno della consegna delle mani dell’ordinando tra quelle dell’Arcivescovo e – centrale nell’ordinazione – dell’imposizione delle mani del Vescovo sul candidato.

Intensi anche i momenti in cui la moglie di Giuseppe ha portato sul presbiterio la stola e la dalmatica, i paramenti liturgici diaconali, che Giuseppe ha indossato aiutato dall’amico, ora confratello, diacono Terenzio Cucaro e dal parroco don Marco di Lucca, suggellato questo dal canto “Servire è regnare”, a cui si è sovrapposto uno spontaneo fragoroso applauso. E, infine, l’abbraccio di pace con il vescovo e con gli altri diaconi, segno di accoglienza di Giuseppe nella fraternità diaconale, alla fine del quale si è levato un altro rumoroso applauso.

Moglie e figlie di Giuseppe erano pienamente consapevoli del momento e commosse: uno stato d’animo visibile in alcuni momenti come quello in cui hanno presentato al Vescovo l’offerta del pane, del vino e dell’acqua.

Un lunghissimo elenco di nomi, se pure incompleto dei tanti amici e parenti presenti che per motivi di tempo – come ha sottolineato – non avrebbe potuto nominare, sono stati oggetto di un sincero ringraziamento da parte di Giuseppe, che potete riascoltare nel seguente audio e che dice la partecipazione di Giuseppe, nel servizio, alle diverse realtà che nella nostra Chiesa materana richiedono un supporto.

Di seguito la registrazione completa dei ringraziamenti.

Sì, quella del diacono permanente è una figura ripristinata, dopo sei-sette secoli di assenza all’indomani del Concilio Vaticano II, proprio per soccorrere a quelle esigenze di servizio che la società riproponeva, esattamente come fu per i primi sette diaconi della storia della Chiesa (cf At 6, 1-6). Seppure nelle singole Diocesi il diacono assuma un ruolo diverso, in base alle specifiche esigenze locali, spesso suppletive del prete in comunità più piccole, al primigenio modello di servizio la figura di Giuseppe si rifà pienamente.

Di seguito il video integrale della celebrazione eucaristica in cui Giuseppe Fiorentino è stato ordinato diacono, trasmessa in diretta sul canale YouTube di Logos.

E allora, buon servizio, Giuseppe, nella nostra Chiesa a cui ti doni con entusiasmo e concretezza e  buon cammino agli aspiranti diaconi, Paolo Chieco, Sergio Di Pede, Dino Gioia, Michele Quarato, Edoardo Veronesi e Michele Viggiani.

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Giuseppe Longo

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