Nonostante nel maggio scorso il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Pichetto Fratin avesse annunciato che era in dirittura d’arrivo la tanto dibattuta questione del Deposito nazionale delle scorie radioattive, il governo oggi sembra voler rimettere tutto in discussione con la pubblicazione di una nuova Carta Cnai, Carta Nazionale delle Aree Idonee ad ospitare il sito del deposito.
Allora il ministro aveva lasciato intendere di voler considerare fattibile l’autocandidatura pervenuta da parte di un’amministrazione comunale. L’agenzia di stampa Ansa aveva anche specificato che si trattava di un comune piemontese, tanto che anche noi su questo giornale avevamo scritto che era scongiurato il rischio che il Deposito nazionale potesse essere localizzato sul nostro territorio regionale.
Non sono note le ragioni dell’odierno rimescolamento delle carte. Anche se un sospetto appare più che legittimo. Il quotidiano inglese The Guardian ha pubblicato non molti giorni fa i risultati di una propria inchiesta denominata Nuclear Leaks con la quale si rivela il persistere di importanti criticità alla centrale nucleare inglese di Sellafield che è, tra l’altro, il più grande deposito al mondo di plutonio.
Non si tratterebbe, pare, di un rischio in atto, ma soltanto potenziale e legato a una falla nel sistema informatico scaturita da un attacco di hacker russi e cinesi nel lontano 2015 e di cui non si sa se sia stata del tutto debellata. Tutto questo avveniva mentre il primo ministro di allora David Cameron brindava all’“epoca d’oro” dei rapporti anglo-cinesi bevendo birra con il premier cinese Xi Jinping in un pub del Buckinghamshire; circola un curioso reportage fotografico che immortala l’evento epocale. Quando si dice, oltre al danno, anche la beffa. Per la cronaca, c’è da dire che Cameron è stato riammesso nella squadra di governo inglese proprio un mese fa con la carica di Ministro degli Esteri; stranamente, perché è noto che tra Cameron e il primo ministro Rishi Sunak non corra certo buon sangue.
Purtroppo Sellafield è servita da server ancora oggi per niente affidabili, tanto che da alcuni informatici il sistema viene chiamato sprezzantemente Voldemort, dal nome del cattivo di Harry Potter. E non è certo un’esagerazione. Basti pensare che il personale dipendente di un sito esterno ha scoperto di avere facile accesso a dati riservatissimi della centrale; non solo, ma il Guardian rivela anche che sbadatamente questi dettagli di accesso e le password relative sono stati resi noti in un programma della televisione nazionale dalla serie naturalistica Countryfile della BBC One.
Questa brutta storia purtroppo coinvolge direttamente anche l’Italia perché a Sellafield è depositato il materiale radioattivo proveniente dalla produzione di armi atomiche durante la Guerra Fredda e dalle centrali nucleari della Svezia e dell’Italia dove, come si sa, dopo la chiusura imposta dal referendum, le centrali nucleari sono state dismesse. Materiale radioattivo che l’Inghilterra intende da tempo restituire all’Italia. E forse questo, dopo la Brexit, potrebbe essere diventato inevitabile.
Per tornare alla Carta Cnai, sono 51 le aree ritenute idonee alla realizzazione del deposito, quasi tutte collocate in Basilicata e nel Lazio. Per non dire tutte. Perché, a parte i cinque siti piemontesi, appare improbabile che il deposito venga realizzato in Sicilia o in Sardegna, come la Cnai ipotizza, perché il trasporto via mare dei rifiuti radioattivi presenta un’elevata complessità gestionale che non può essere garantita con sufficiente continuità. Per questo il mezzo di trasporto più idoneo viene considerato il trasporto ferroviario.
Quella del trasporto delle scorie è una delle operazioni che presenta i maggiori rischi e su questo, spiace dirlo, pare che il governo non presti la dovuta attenzione. Si pensi alla Basilicata già malamente collegata alla rete ferroviaria. Dover raggiungere questa periferica regione significa far transitare lungo tutta la Penisola i carichi di scorie all’interno dei popolosi centri abitati che insistono sulla rete ferroviaria. Rete molto fragile, purtroppo. E lo vediamo continuamente. È facile comprendere che questo non è tanto un rischio per la Basilicata. Lo è per la nazione intera. Non c’è bisogno di dire che le scorie radioattive meno circolano meglio è.
Intanto, riferisce l’agenzia Ansa, “la Regione Basilicata ribadisce il proprio no all’individuazione in territorio lucano dei siti per i rifiuti radioattivi”, riportando una dichiarazione dell’assessore regionale Cosimo Latronico: “La nostra posizione non cambia e non cambierà”, mentre in una nota dell’ufficio stampa della giunta regionale si legge che la Regione Basilicata offre già un contributo straordinario all’approvvigionamento energetico del Paese.
“Sono sicuro” conclude Latronico, “che, come ha già detto il Ministro Pichetto Fratin, saranno individuati i comuni che hanno già manifestato la propria disponibilità a ospitare tali depositi di rifiuti radioattivi”.
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