Ce l’abbiamo fatta, siamo riusciti a raggiungere l’astronomica cifra di 3000 miliardi di Debito Pubblico, il debito cioè che lo Stato italiano ha nei confronti di altri soggetti pubblici o privati, istituzioni finanziarie o bancarie! La sua sostenibilità comunque va sempre valutata in rapporto al PIL cioè la ricchezza prodotta dallo Stato in un anno.
Le sue “origini” partono da lontano: dopo la proclamazione dell’Unità d’Italia, quando fu unificato il debito dei vari stati confluiti nella entità della nuova nazione, nel primo decennio raggiunse già il 95% del PIL, alla fine della 1^ guerra il 120 % mentre il regime fascista avviò il consolidamento forzoso col mancato rimborso. Nel secondo dopoguerra causa l’iperinflazione calò al 33%.
Ma il vero boom si verifica fra anni 1970 ed ’80 a causa dello shock petrolifero, dell’istituzione delle Regioni e, soprattutto, delle leggi finanziarie molto permissive con il cosiddetto “assalto alla diligenza”. Negli anni novanta è già al 100 % del PIL, oggi addirittura è al 137%.
Un pesantissimo fardello per noi e le generazioni future che non consente investimenti sulla sanità, sulla scuola, sulle politiche sociali a sostegno delle fasce più deboli. Un dato preoccupante: nel 2023 abbiamo pagato 79 miliardi di interessi mentre, ad esempio, per l’istruzione abbiamo investito appena 52 miliardi.
Molti italiani pensano che non sia un loro problema, sono convinti che il debito sia una entità astratta che non li riguarda e invece si sbagliano di grosso perché un debito pubblico cosi elevato li espone al ricatto della speculazione rapace e potrebbe determinare il fallimento di una nazione. Anche se per fortuna al momento non corriamo questo pericolo avendo (gli italiani) 4.000 miliardi di risparmi privati.
Cosa fare per ridurlo? Prima di tutto dobbiamo renderci conto del pericolo che stiamo correndo e che esso è il VERO problema dell’Italia, poi iniziare a recuperare l’evasione fiscale stimata in 100 miliardi l’anno e infine attuare una politica austera che privilegi gli investimenti produttivi rispetto agli investimenti che rappresentano solo regali ai vari collegi elettorali. Stimolare la crescita con politiche serie di sostegno ai settori tecnologici per tornare a far crescere il PIL.
In questi ultimi anni siamo stati sostenuti dalla politica della BCE che ha comprato miliardi di titoli italiani anche a causa del Covid (sostegno che non c’è più’). Un fatto positivo da registrare è che gli italiani stanno ricominciando a ricomprare debito pubblico con una quota pari all’11% anche se è ancora troppo bassa se rapportata all’ 86% dei giapponesi che pure hanno un rapporto DEBITO/PIL pari al 255%. Ricordiamoci delle parole di Draghi: “esiste un debito buono che produce reddito e un debito cattivo” che spreca risorse.
Abbassarlo – senza voler immaginare una patrimoniale – dunque è diventato un imperativo categorico: lo dobbiamo ai nostri figli e nipoti, non a caso un detto popolare recita “ è brutto come il debito”!

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