Guareschi e i giovani d’oggi (Seconda parte)

Ripercorriamo la tormentata vicenda degli ultimi racconti di don Camillo e Peppone. E l'ancòra più tormentata storia della loro trasposizione cinematografica. Ma soprattutto raccontiamo del burrascoso rapporto di Guareschi con il mondo dei giovani che, comunque, egli amava come se stesso.

(Puntata precedente)

Negli ultimi scritti di Guareschi, Don Camillo e Peppone devono fare i conti  con un imprevisto rovesciamento del fronte che vede loro da una parte e la generazione dei giovani dall’altra, giovani che sono determinati a muovere battaglia; sono come due vecchi generali in difficoltà, ma cercano di non darlo a vedere.

Nell’intimo, loro per primi, sono consapevoli dei rischi che corrono. Don Camillo avverte del pericolo Peppone: «verremo cacciati via a calci – io dai miei e tu dai tuoi – e ci ritroveremo miserabili e strapelati a dover dormire sotto un ponte». Evviva la sincerità!

La stessa improbabile determinazione mostra Fernandel quando si presenta sul set di Brescello nei consueti panni di don Camillo, per la trasposizione cinematografica dei racconti. L’attore si è preparato a recitare la parte e ne ha ben assimilato lo spirito; la sua ammirazione per Guareschi è grande, tanto che arriverà a paragonarlo a Molière. Arriva accompagnato da una giovane nipote; «ha insistito per accompagnarmi» spiega, «l’ho accontentata volentieri».

Dice ai giornalisti: «Io credo che questo sarà il più bel film della serie di don Camillo e Peppone». È sicuramente così. Don Alessandro Pronzato, profondo conoscitore degli scritti di Guareschi, ha scritto a questo proposito che, dello scrittore, questa è «una delle prove più convincenti di maturità umana e non solo artistica».

La curiosità, sicuramente, era generale. Perché doveva essere il primo film a colori del don Camillo. E anche l’ultimo, perché nel frattempo – ahimè – il suo autore, Giovannino Guareschi, era morto.

Alberto Anile ha documentato dettagliatamente questa travagliata lavorazione cinematografica nel suo volume L’ultimo don Camillo. Un testo che riporta contributi di don Dario Viganò, Steve Della Casa, Roberto Chiesi, Marco Vanelli, Luca Pallanch, oltre a interviste ad Alberto Guareschi, figlio dello scrittore, a Giancarlo Giannini, Graziella Granata, Shel Shapiro e Gigi Oliviero.

Nonostante quasi tutto il materiale del film, compreso il girato, sia andato irrimediabilmente perduto, Anile riesce magistralmente a ricostruire il clima che doveva esserci sul set al momento della lavorazione.

E quello che risulta maggiormente evidente è la difficoltà che ormai mostrano gli attori protagonisti a stare nei panni disegnati da Guareschi. In senso stretto e anche in senso metaforico. In quel 1970 erano state istituite le Regioni a statuto ordinario e Gino Cervi si era candidato al Consiglio regionale in una circoscrizione elettorale del Lazio; era risultato eletto nella lista del Partito Liberale, nonostante nella finzione cinematografica fosse un irriducibile comunista e nella vita reale fosse un convinto democristiano; ma, come si sa, nella vita di un attore tutto questo ci può anche stare.

Fuor di metafora invece, Fernandel nella veste talare di don Camillo appariva molto affaticato e tutto grondante sudore. Sembrava normale, visti il peso dell’abito sacerdotale e l’afa estiva della pianura padana dalle parti di Brescello. Il 31 luglio Fernandel gira una scena con Graziella Granata in cui, racconta Alberto Anile, «don Camillo prende in braccio la nipote hippie e la porta in canonica. Fernandel ha difficoltà a reggere la fanciulla; per aiutarlo, i tecnici adagiano la Granata su un’asse di legno che poi sollevano rimanendo fuori campo. Fra un ciak e l’altro, l’attore ammette di essere stanco e di avere caldo – come tutti, d’altronde. Improvvisamente crolla a terra, pallido, gli occhi chiusi».

Fernandel sarà accompagnato urgentemente da un medico a Parma. Di qui proseguirà verso casa, a Marsiglia. La moglie assicura i giornalisti che l’attore riuscirà in poco tempo a ristabilirsi e a ritornare sul set dove era atteso. «Sono sicura» dice «che il desiderio di tornare al più presto nei panni di questo personaggio che gli è tanto caro, è per lui la migliore medicina».

In realtà, in famiglia, sono al corrente della gravità della salute di Fernandel ed è per questo che avevano fatto in modo che fosse accompagnato a Brescello dalla nipote per prendere parte alla lavorazione del film.

L’attore aveva una malattia incurabile, ormai allo stadio terminale. Non tornerà più sul set. Morirà qualche mese dopo.

Dopo Guareschi, morirà dunque anche il don Camillo di Guareschi, Fernandel; nel frattempo, in una incredibile successione di eventi, era morto anche lo storico produttore dei film della serie, Angelo Rizzoli.

(Segui la puntata successiva).

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Paolo Tritto

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