Poco dopo la morte di Giovannino Guareschi, l’editore Rizzoli raccolse gli ultimi racconti dello scrittore in un volume che pubblicò col titolo Don Camillo e i giovani d’oggi. L’operazione editoriale passò non senza qualche riserva da parte degli eredi dell’autore perché basata su un testo precedentemente pubblicato a puntate sul settimanale Oggi con numerose manipolazioni, in tanti casi vere censure in ossequio al “politicamente corretto” – anche se allora non si chiamava così.
I figli di Guareschi, inoltre, sapevano che l’autore aveva già raccolto l’originale degli stessi racconti inserendoli in una cartella cui aveva messo invece un altro titolo: Don Camillo e don Chichì. Ci vorranno quasi trent’anni per vedere ripubblicata l’opera con il testo autentico, privo cioè delle modifiche arbitrariamente introdotte dalla redazione di Oggi, e con il titolo attribuito dall’autore, appunto Don Camillo e don Chichì, senza quel riferimento ai giovani che all’editore sembrava evidentemente più corrispondente alle esigenze editoriali.
Effettivamente, era difficile stabilire se in questi ultimi scritti Guareschi si volesse riferire principalmente al clero della Chiesa cattolica come veniva fuori dal Concilio Vaticano II oppure voleva rivolgersi ai “giovani d’oggi” – non soltanto ai “giovani d’oggi” di ieri, evidentemente, ma anche a quelli che “oggi come oggi” sono giovani, cioè ai giovani di sempre. Perché nei racconti ci sono entrambi, sia i preti sia i giovani.
La questione è interessante perché in realtà le due cose in quegli anni andavano in qualche modo di pari passo, se non a sovrapporsi, un aspetto che all’attento Guareschi – forse fu l’unico a capirlo – non sfuggiva. Perché la verità storica di quella che è stata la contestazione giovanile del Sessantotto è che ebbe la sua origine – ripetiamo, dal punto di vista della sua genesi storica – proprio nel clima generato dal rinnovamento conciliare e dal pontificato di Giovanni XXIII. Tanto è vero che quasi tutti i leader della contestazione studentesca provenivano dal mare in burrasca della gioventù cattolica di quei tempi. Ne abbiamo parlato, recentemente, su questo giornale.
Alla fine degli anni Sessanta il grande tema del dibattito pubblico erano i giovani ed era abbastanza naturale che il mondo editoriale di allora fosse maggiormente interessato a presentare Guareschi ai giovani, nella previsione che la cosa avrebbe fatto parlare parecchio e avrebbe fruttato parecchio.
Guareschi questo lo sentiva. Già vedeva la marcia trionfale della generazione di quei giovani che saranno i sessantottini. Fosse vissuto più a lungo, egli sicuramente si sarebbe scagliato contro di loro, affrontandoli con la sua robusta corazza e con la solita forza d’urto, sventolando con vigore la sua bandiera; ne sarebbero venute fuori, sicuramente, scintille. Fosse vissuto più a lungo, nei suoi racconti, come antagonista di don Camillo, Guareschi avrebbe sicuramente sostituito il vecchio Peppone con un giovane più somigliante a Mario Capanna. Peccato che tutto questo non sia realmente accaduto.
L’editore Rizzoli probabilmente intravedeva il rischio che la pubblicazione potesse avere un minore impatto nel pubblico, recando quel riferimento nel titolo al giovane prete, don Chichì, che aveva la presunzione di poter adeguare la Chiesa al vento di rinnovamento che spirava. C’era il rischio cioè di riportare quello che scriveva Guareschi in un dibattito tutto interno alla Chiesa, un aspetto che difficilmente avrebbe potuto interessare il grande pubblico.
Ma forse questo era il suo destino e noi adesso, pur volendo, non possiamo farci nulla. Questa mano del destino si è vista molto bene nel tentativo di realizzare, con questi ultimi racconti del don Camillo, la consueta trasposizione cinematografica.
Anche in questo caso il produttore cinematografico, probabilmente per le stesse ragioni appena esposte, volle adottare il titolo Don Camillo e i giovani d’oggi cui Guareschi non aveva pensato. Cosa successe? Lo spiega oggi il critico cinematografico Alberto Anile, che ha avuto la santa pazienza di ricostruire l’incredibile storia di questo film, un film che sfortunatamente non uscirà mai, e lo ha fatto in una pubblicazione intitolata L’ultimo don Camillo. Immagini e ricordi di un film perduto, volume edito recentemente da Minimumfax e dal Centro Sperimentale di Cinematografia.
La sceneggiatura del film, sulla traccia dei racconti di Guareschi, restituiva un don Camillo un po’ diverso dal solito. Perché in questi ultimi scritti, sulla scena della Bassa padana, avevano fatto la loro rumorosa comparsa i giovani. Che allora furono presi un po’ come quando arriva la peste.
L’atteggiamento ribelle dei giovani mette alle corde i due storici protagonisti dei racconti: don Camillo e Peppone. Come tenere testa alle provocazioni dei giovani e alla loro contestazione? Don Camillo e Peppone cercano di reagire, a modo loro ma in fondo come quando si vuole afferrare il toro per le corna, tanto sono in evidente difficoltà.
Riusciranno don Camillo e Peppone a prevalere, come sperano?
(Segui la puntata successiva che sarà pubblicata nei prossimi giorni. A presto).
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