Pepi Merisio, uno dei grandi della fotografia italiana, è morto a Bergamo il 2 febbraio scorso. Era nato a Caravaggio nel 1931. Un altro grande fotografo, Robert Doisneau, intitolò Istanti d’eternità un famoso book. Probabilmente anche Merisio, nella sua lunga attività professionale, ha cercato con la sua fotocamera di catturare questi “istanti d’eternità”. E li ritrovava nello sguardo delle persone che incontrava, sguardi fugaci di gente umile, ma umile davvero, di quelli – diceva Merisio – “che avevano i piedi nudi”. Sguardi che sono espressione appunto di eternità, almeno per chi sa guardare con occhi puri, come quelli che aveva lui.
«Quegli occhi» ha scritto Giovanni Gazzaneo su Avvenire, «hanno scrutato orizzonti e genti d’Italia e del mondo, hanno saputo vedere quello che altri non videro e offrirci, grazie alla fotografia, volti, luoghi e sguardi pieni di vita, di bellezza, di speranza, di dolore… I suoi non erano semplici “scatti”, erano e sono icone di un’umanità che, senza la sua passione e la sua arte, non avrebbe lasciato segno, se non negli affetti e nel ricordo delle persone amate».
Pepi Merisio è conosciuto anche come il fotografo di Paolo VI da quando, nel 1964, pubblicò un servizio per Epoca, un seguitissimo settimanale illustrato che usciva nella seconda metà del secolo scorso. Il pregio di questo servizio sono immagini di backstage sulle giornate del Papa, una modalità di ripresa inimmaginabile all’epoca in contesti così ufficiali. Successivamente, il fotografo bergamasco pubblicò altri servizi su Papa Montini per riviste internazionali. Ebbe il privilegio dell’amicizia personale del pontefice che seguì, come fotoreporter, in tutti i suoi viaggi apostolici.
Gran parte della produzione fotografica di Merisio, durante gli anni del secondo dopoguerra, è dedicata al mondo rurale e cattolico, nelle sue radicali trasformazioni. La sua era una continua ricerca condotta fin nelle campagne e nelle città più periferiche del nostro paese. Non ha mancato di rivolgere la sua attenzione alla nostra città di Matera, con uno sguardo pieno di affettuosa umanità che ci riempie di gratitudine. Alla città dei Sassi ha voluto cedere in dono una delle sue mostre più importanti, intitolata Piazze d’Italia, commissionata nel 2008 dal Ministero degli Esteri per esposizioni nelle grandi capitali europee. La mostra è oggi esposta permanentemente nella Biblioteca Stigliani di Matera.
Pepi Merisio inizia a fotografare nel 1947. Nel 1956 comincia a lavorare per importanti committenti, come il Touring Club, Pirelli, Camera, Photo Maxima, Du, Famiglia Cristiana, Stern, Paris Match. Dal 1964 collabora con Epoca. Ha pubblicato numerosi libri, tra cui il volume Mi guarda Siena insieme al poeta Mario Luzi.
È stato un fotografo capace di unire al genio della fotografia il genio stesso del cristianesimo, documentandoli in tante mostre, come La terra e l’uomo, insieme a Elio Ciol, per il Meeting di Rimini del 2007, e Custodire la presenza, nel 2015, per la Misericordia Maggiore di Bergamo. Ma è stato soprattutto capace di testimoniare con le sue fotografie la santità di Papa Paolo VI, una preziosa documentazione alla quale Vatican News ha voluto dedicare un breve, significativo e intenso video.
Nel 2019 il figlio Luca Merisio ha curato la sua ultima mostra fotografica, ospitata presso il Museo Sestini di Bergamo, intitolata Guardami. L’Eco di Bergamo ricorda le parole del maestro in occasione dell’inaugurazione: «Il titolo di questa mostra – Guardami – l’ho voluto proprio io perché era la domanda che facevo ai miei soggetti al primo incontro. Ho sempre pensato, anzi sentito che la fotografia debba essere un colloquio e se non ci si guarda negli occhi è molto difficile capirsi. Guardami, la domanda che c’era nel mio obiettivo fotografico di fronte a un soggetto, uomo o cosa che fosse. E quando lo sguardo quasi faceva scattare da solo l’otturatore la tensione calava e avevo la sensazione di aver conquistato qualcosa di importante, di vero. Era quindi un discorso di sguardi».
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