L’Arcivescovo mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, nel suo “periodo materano”, si è trovato ad affrontare una serie di eventi, circostanze pubbliche, emergenze, come il covid, che hanno richiesto da parte sua un impegno non indifferente per la qualità di presenza della Chiesa di Matera-Irsina, per il livello di rappresentanza adeguato ad uno standard da grande città, a situazioni di imprevedibilità come quelle manifestatesi ad ogni arrivo di migranti o ospiti stranieri senza casa e riferimenti precisi, giunti a Matera per assegnazione istituzionale o per pura casualità.
Pertanto, numerosi sono stati i momenti di rapporto e dialogo con le istituzioni cittadine e regionali, addirittura in alcune circostanze anche nazionali ed internazionali come nell’occasione di Matera capitale della cultura europea per il 2019 o per le due occasioni in cui sono pervenuti a Matera i ministri delle nazioni del G7, nel 2017 e nel 2024, e del G20.


Bisogna dare atto a don Pino di essere stato sempre un colosso nella rappresentanza della Chiesa materana nelle occasioni di incontro con le istituzioni ecclesiastiche come nel Mese Missionario Straordinario in Moldavia nell’Ottobre del 2019, nella 69^ Settimana liturgica nazionale, nel 27° Congresso Eucaristico Nazionale e nel Congresso Eucaristico Internazionale in Ecuador, in tutte le edizioni della Festa della Bruna e in tutte le Feste di Avvenire.


27° Congresso Eucaristico Nazionale




E’ interessante riprendere qualche sua espressione in tali circostanze.
La cosiddetta Dichiarazione di Matera, nell’ambito dello svolgimento del G20 a Matera nel 2021, ripercorre un’idea di un impegno comune e condiviso nella cooperazione sulle sfide globali e si conclude con l’enunciazione di un obiettivo che è anche l’affermazione di un principio-guida per le relazioni internazionali: “promuovere società giuste, pacifiche e inclusive”. In quel contesto, mons. Caiazzo, il 28 giugno 2021, esprime: «Come pastore della Chiesa di Matera-Irsina sento, con questo mio scritto, di interpretare il pensiero della nostra comunità che vuole essere voce di chi non ha voce. Matera, malgrado abbia vissuto periodi di grande decadenza, conscia del suo passato glorioso, ha sempre trovato linfa vitale per rialzarsi e costruire nuove primavere fino ad essere Capitale Europea della Cultura 2019».

Un’altra espressione, in verità coraggiosa e fatta un anno dopo, che vale come accusa all’inerzia delle istituzioni rispetto allo stato di estremo degrado dei luoghi in cui erano accampati un grosso numero di migranti – che venivano sfruttati in nero nelle campagne di Metaponto per un manciata di monete – e che per circostanze sfortunate presero fuoco il 7 agosto del 2019 provocando la morte di una giovane donna: «Tuttavia mi chiedo: lo sgombero della Felandina, successiva al rogo, ha risolto il problema? E ancora: al di là delle tante dichiarazioni propagandistiche, di facciata, di interesse personali o di partito, cosa è stato fatto nel frattempo affinché questi uomini e donne venissero trattati come esseri umani? Sono ormai almeno decenni che sento dire che “gli immigrati” vanno aiutati nei loro paesi d’origine. Mi chiedo: cosa è stato fatto nel frattempo nei loro paesi per aiutarli a vivere dignitosamente? Vorrei delle risposte che purtroppo non trovo».

Significativa per il momento contingente che si viveva, quello dell’emergenza covid, in cui mons. Caiazzo si erge sopra di tutte le parti ed esclama a gran voce durante l’incontro tradizionale con le autorità nel giorno che precede la Festa della Bruna 2020: «E’ il tempo di lanciare segni di speranza con progetti concreti che facciano sentire gli abitanti della nostra città e del nostro comprensorio, di tutta la Lucania, protagonisti e non spettatori. Non basta garantire dei servizi. Il cittadino non deve sentirsi un consumatore, un cliente che riceve determinati servizi. La dignità della persona va rispettata coinvolgendola nel dare il proprio contributo nella crescita spirituale, umana, culturale della comunità, condizione essenziale perché la solidarietà diventi virtù civica».


Nell’incontro con le autorità del primo luglio 2021, nella prospettiva di tempi nuovi dopo il superamento dell’emergenza covid, don Pino, tra l’altro, dice: «Il tempo della pandemia ci conferma che c’è bisogno di una seria progettualità, lungimirante, per assicurare alle future generazioni un mondo migliore di come l’abbiamo trovato. Le forme di assistenzialismo possono andare bene nei momenti di emergenza ma non dobbiamo vivere sempre l’emergenza. La vera sfida è aiutare ogni uomo a ritrovare la sua libertà, la sua dignità in un processo virtuoso nell’acquisizione della propria autonomia. In questa direzione come Chiesa ci stiamo orientando attraverso la creazione di centri e case di accoglienza per venire incontro alle tante necessità vecchie e nuove».


Infine, riportiamo il messaggio personale del prof. Francesco Lisanti, presidente della sezione di Matera dell’Associazione Nazionale Mutilati e Invalidi di Guerra, già sindaco di Ferrandina e presidente della provincia di Matera:
«Carissimo Don Pino, è forse la prima volta che, rivolgendomi al mio Vescovo, non introduco l’espressione “Eccellenza Reverendissima”. Il motivo scaturisce dalla constatazione che, quando ci si separa da una persona cara, i titoli non hanno più significato e prevale l’appellativo più naturale che, nel tuo caso, è quello di Don Pino, come hai amato farti chiamare, alla stregua di Don Tonino Bello, uno dei punti di riferimento del tuo apostolato. Ci piacerà continuare a pensarti, come il Manzoni delinea la figura del Borromeo: “con la virtù libera dalle opinioni dominanti, indipendente dalla tendenza generale, col viso gioviale, la cortesia affettuosa, la soavità dei modi, la pacatezza imperturbabile; con una vita piena di attività di governo, di funzioni, d’insegnamento, di udienze, di visite diocesane, di viaggi, di contrasti; con l’abitudine dei pensieri solenni e benevoli, l’amore degli uomini, la gioia continua di una speranza ineffabile”. Sii certo che ti accompagnerà, nella nuova missione che ti è stata affidata, il calore della nostra gente, la discrezione, l’umiltà e la laboriosità dei nostri cittadini che hanno conosciuto la sofferenza e il riscatto e che, in un caso e nell’altro, hanno saputo essere dignitosi. Ti accompagnerà il fascino delle nostre tradizioni, soprattutto religiose, di cui hai saputo interpretare lo spirito e l’autenticità. Un abbraccio affettuoso e riconoscente».

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