Il Papa alla Cerimonia di accoglienza – Agenzia Romano Siciliani
In alto le bandiere e gli striscioni. In alto le voci e le canzoni. E naturalmente in alto i cuori. Perché il Papa è qui e, come egli stesso confida, è «felice di vedere tanti giovani» (500mila secondo le autorità), di «ascoltare il simpatico chiasso» che fanno, di farsi «contagiare» dalla loro gioia. Ma quella che si stende davanti agli occhi pieni di gioia di Francesco non è una folla anonima. Anche nel Parque Eduardo VII, che digrada dolcemente verso il fiume Tago e le colline della città, dove i più lontani sembrano formiche, «Dio chiama per nome ognuno». E il Pontefice lo mette subito in chiaro nel suo primo discorso ai ragazzi della Gmg venuti da 200 nazioni di tutto il mondo. «Amico, amica, se Dio ti chiama per nome significa che per Lui non sei un numero, ma un volto». E questo amplifica la gioia e spinge a «restare connessi con il Signore, a fargli le domande che vengono dal cuore e ad ascoltare la sua voce. Avendo ben chiaro che «nella Chiesa c’è spazio per tutti». «Per tutti, per tutti», fa ripetere più volte all’oceano di ragazzi in coro. E sempre più forte, fingendo di non sentire.
Papa Bergoglio arriva in un pomeriggio assolato ma neanche molto caldo, a bordo della papamobile. In piedi, reggendosi con un mano e salutando e benedicendo con l’altra, solca le strade che portano al Parco, mentre frotte di giovani corrono ai lati dell’auto, tanto che persino la polizia fatica a contenerne l’entusiasmo. Scene consuete per una Gmg. E Lisbona non fa eccezione. In questa cerimonia di accoglienza, però, c’è un surplus di energia e di gioia, quasi che i partecipanti vogliano finalmente gettarsi alle spalle le ferite del Covid, della guerra e dei tanti problemi del mondo, per progettare una ripartenza. La musica che accompagna l’arrivo del Pontefice moltiplica le emozioni, cucendo in una suite per coro e orchestra gli inni delle Gmg. Mentre sul grande palco di un azzurro che ricorda al contempo cielo e oceano, giovani ballerini eseguono coreografie ispirate alla fratellanza.
Ma al di là degli entusiasmi momentanei, come fare? Il Papa indica la strada. «Siamo la comunità dei chiamati perché amati, non dei migliori, assolutamente no, ma dei convocati. Siamo la comunità dei fratelli e delle sorelle di Gesù, figli e figlie dello stesso Padre». E allora, esorta il Pontefice, la prima cosa da fare è ricordarsi di chiamare per nome anche gli altri. «Oggi – nota Francesco – tanti sanno il tuo nome, ma non ti chiamano per nome. Il tuo nome infatti appare sui social, viene elaborato da algoritmi che gli associano gusti e preferenze. Tutto questo però non interpella la tua unicità, ma la tua utilità per le indagini di mercato». «Quanti lupi – ricorda papa Bergoglio si nascondono dietro sorrisi di falsa bontà, dicendo di conoscere chi sei ma non volendoti bene, insinuando di credere in te e promettendoti che diventerai qualcuno, per poi lasciarti solo quando non interessi più. Sono le illusioni del virtuale e dobbiamo stare attenti a non lasciarci ingannare, perché tante realtà che ci attirano e promettono felicità si mostrano poi per quello che sono : cose vane, superflue, surrogati che lasciano il vuoto dentro. Gesù no: Lui ha fiducia in te, per lui conti».
Agli occhi di Dio, infatti, «siamo figli preziosi – dice il Papa – che Egli ogni giorno chiama per abbracciare e incoraggiare; per fare di ciascuno di noi un capolavoro unico e originale, la cui bellezza riusciamo solo a intravedere». E allora anche noi dobbiamo assumere lo stesso stile. Nel corso della cerimonia risuonano brani di lettere scritte dai giovani al Papa e in cui si sente l’eco della paura di non essere accolti. Francesco coglie l’occasione e dice: «Nella Chiesa c’è spazio per tutti e, quando non c’è, per favore, facciamo in modo che ci sia, anche per chi sbaglia, per chi cade, per chi fa fatica». In questi giorni, esorta dunque, «inoltriamo il suo messaggio di amore». «Dio non punta il dito, ma allarga le braccia: ce lo mostra Gesù in croce».
Così, dopo tanti canti, coreografie, dopo l’esecuzione di uno struggente Fado, dopo le parole di saluto del patriarca di Lisbona, il cardinale Manuel Clemente, dopo il grande sventolio di bandiere che parlano di un mondo unito, dopo la chiara indicazione dell’esempio di Maria e le litanie dei santi della Gmg, si arriva alla conclusione.
«Siano questi giorni echi vibranti della chiamata d’amore di Dio – augura il Pontefice -. Siano giorni in cui fissare nel cuore che siamo amati così come siamo. Questo è il punto di partenza della Gmg, ma soprattutto della vita». Parole che suscitano nei 500mila presenti un deciso aumento di decibel. «Simpatico chiasso» che durerà fino a domenica.
Di Mimmo Muolo, inviato di Avvenire a Lisbona giovedì 3 agosto 2023
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