Giorno del ricordo, ricordando Lucio Toth

“Noi dobbiamo guardare a questa esperienza, perché da questa esperienza dolorosa e sofferta nasce l'umanità di domani”. Da un popolo di esuli una lezione di civiltà.

In occasione del Giorno del ricordo, si fa giustamente memoria delle numerosissime vittime delle foibe, vittime dell’odio ideologico e razziale. Si fa memoria di tante vite soppresse con inaudita ferocia ma anche dell’esodo di una moltitudine di uomini e di donne di origine italiana che, in quella tragica circostanza, furono costretti a lasciare frettolosamente i territori dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, abbandonando ogni cosa.

Ma non è di questo che ci vogliamo occupare qui, lasciando ad altri il compito non facile di ricostruire la verità storica e di accertare la responsabilità delle violenze perpetrate. Qui vogliamo piuttosto cercare di cogliere lo spirito di questa celebrazione. Vogliamo farlo ricordando la figura di uno dei grandi esuli istriani, Lucio Toth, che tanto si è battuto in favore del suo popolo e che è stato uno dei principali promotori del Giorno del ricordo, col desiderio di fare di questa ricorrenza un momento di memoria condivisa. Bisogna dire che questa condivisione, fino a oggi, purtroppo non ha visto una piena realizzazione. Forse perché è mancata l’opportunità di riflettere sull’opera di alcuni luminosi esempi che hanno saputo guardare oltre gli steccati e i pregiudizi.

Uno di questi è stato sicuramente Lucio Toth. Nato a Zara nel 1934, fu magistrato cassazionista. Cattolico liberale ed europeista, fu eletto al Senato della Repubblica italiana nelle liste della Democrazia cristiana per la X legislatura, dal 1987 al 1992. Oltre a pubblicare testi di carattere giuridico, fu autore di pubblicazioni di argomento storico ma anche di un toccante romanzo La casa di calle San Zorzi, uscito per Sovera Edizioni, in cui narra l’odissea delle genti dalmate attraverso le tempeste del Novecento: dal crollo dell’impero austro-ungarico alla dissoluzione della ex-Jugoslavia. Epopea di gente di frontiera, di un popolo sconvolto dalle guerre, da conflitti di razze, di ideologie, di nazionalità, di religioni.

Toth, “patriota dalmata”, come è stato definito, fu un importante punto di riferimento per il mondo degli esuli istriani e dalmati. Fu presidente dell’Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia e presidente della Federazione delle Associazioni degli Esuli.

La sua idea, fortemente radicata nella fede cristiana, era quella di guardare alla realtà storica ma soprattutto di andare al fondo di questa realtà. Di conseguenza, egli sapeva vedere come lungo la linea delle frontiere, se pure qui vanno periodicamente ad accumularsi tensioni che possono generare conflitti, quelle stesse frontiere sono il luogo privilegiato dove popoli diversi possono incontrarsi e stringere rapporti di amicizia. Si tratta, come si vede, di una profezia. Ma è una profezia capace di suscitare una speranza e di spingere concretamente verso un cambiamento.

Un palpabile cambiamento di clima fu evidente in quello straordinario evento che è ricordato come il Concerto dei tre Presidenti. Il 13 luglio 2010 segnò una tappa importante nel difficile cammino verso la pacificazione delle memorie, quando fu eseguito a Trieste il concerto Vie dell’amicizia diretto da Riccardo Muti, un evento che fu capace di riunire una grande folla, soprattutto di giovani, e per la prima volta insieme tre presidenti, Giorgio Napolitano, Danilo Türk e Ivo Josipović, presidenti di paesi un tempo nemici.

Molti ricordano il determinante contributo dato da Lucio Toth per raggiungere questo importante risultato. Quello che animava Toth era la convinzione che ciò che caratterizza i rapporti tra gli uomini e tra i popoli sia una “nostalgia della comunione”, come aveva avuto modo di dire nel Meeting di Rimini del 1983. In quella circostanza ebbe modo di affermare anche l’importanza della memoria; non per riaccendere vecchi rancori, come purtroppo capita di registrare ancora oggi, ma per «guardare a questa esperienza dolorosa, perché da questa esperienza dolorosa e sofferta nasce l’umanità di domani».

Alla morte di Lucio Toth, nel 2017, l’allora presidente del Friuli-Venezia Giulia, Debora Serracchiani, disse di lui: «ha saputo nel corso della sua vita costruire, dalle macerie della diaspora, un percorso che ha poi portato al riconoscimento storico, morale e istituzionale di quanto accadde agli esuli istriani, fiumani e dalmati al termine della seconda guerra mondiale. L’insegnamento che ci lascia è quello di aver saputo declinare l’ingiustizia non nel rancore e nell’odio, ma nel dialogo e nella capacità di ricercare la verità per condividerla con l’intero paese. Penso al suo ruolo esercitato con caparbietà e saggezza nell’iter dell’istituzione del Giorno del ricordo così come nella diffusione della storia dalmata attraverso la letteratura, scrivendo romanzi e saggi. A tal riguardo ritengo doveroso che le istituzioni, non solo locali, valorizzino in futuro adeguatamente il ricordo di una figura come Lucio Toth, il quale ha avuto il grande merito di essere stato un protagonista della storia che, partendo da una stagione di grandi sofferenze, ha rivendicato la propria identità scegliendo sempre la strada del confronto e mai quella della divisione».

È stato uno di quegli uomini che hanno lasciato una significativa traccia nella società italiana. Nonostante fosse figlio di un popolo che ha conosciuto l’aspetto più violento della storia, ha saputo tenere la testa alta, senza lasciarsi trascinare nel pantano delle polemiche. Egli amava ricordare quello che gli gridava il nonno Toni quando, lui ragazzino, doveva spingere faticosamente la sua bicicletta sui sentieri sconnessi dei boschi: «Varda in alto! No vardar la roda». Il piccolo Lucio non badava alla bicicletta che arrancava tra rami di pino. Così, con la magnanimità dei grandi uomini, non ha badato alle resistenze ideologiche, alle polemiche, alle faziosità, nemmeno a quei risentimenti che talvolta potevano anche sembrare legittimi.

Lucio Toth ha guardato in alto. Dove guarda chi è mosso dalla speranza di trasmettere al suo popolo la serena fiducia di ritrovare la pace perduta.

Il popolo degli esuli istriani, dopo quei tristi eventi, ha saputo distribuirsi su tutto il territorio della penisola con discrezione e nel rispetto dei residenti, evitando eccessive concentrazioni che avrebbero potuto generare squilibri e disordine. Pur nel loro dolore, gli esuli hanno saputo dare dunque una lezione di civiltà di cui la storia dovrà tenere conto. Hanno saputo anche dare un notevole contributo – gli esempi sarebbero tanti – al benessere e alla crescita della nazione.

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.

Paolo Tritto

Latest videos