Un momento ormai tradizionale in Diocesi, che risponde a quanto espresse S. Paolo VI quando istituì tale giornata di preghiera il 23 gennaio 1964: “Il compito di pregare e meritare vocazioni appartiene alla Chiesa intera ed è dovere grave e responsabile”.
Una giornata “la cui raccolta è eminentemente di preghiere per ‘forzare’ il cuore eucaristico di Gesù a donare apostoli santi alla sua Chiesa”: queste le parole con cui padre Angelo Sardone, sacerdote rogazionista, collaboratore del Centro Diocesano Vocazioni (CDV), richiama il pensiero di S. Annibale M. di Francia, fondatore dei rogazionisti.
Proprio a S. Annibale si deve, a fine ‘800, la preparazione del terreno per l’istituzione di questa giornata con la (ri)scoperta della “pericope del «rogate»” – un passo comune al Vangelo di Luca (Lc 10,2) e Matteo (Mt 9,38) che inizia con l’accorato appello di Gesù: “Pregate («rogate», n.d.r.) dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!” -, con l’espressione contagiosa del desiderio di avere una chiesa viva di operai dediti – come il Buon Pastore – ad offrire la loro vita per la causa del Regno e la convinzione che tale dono non può che essere che frutto di preghiera.
È stato padre Angelo che ha supportato il CDV nella preparazione della veglia di preghiera e l’ha guidata. Preghiere corali, segni portati sul presbiterio da rappresentanti delle diverse espressioni vocazionali, i canti e la testimonianza su don Gino Galante, già parroco di S. Pio X, hanno reso – grazie ai sussidi distribuiti in formato cartaceo ad alcuni e digitale ad altri – il numeroso popolo di Dio “comprotagonista” del momento di preghiera.
La prima parte della Veglia
Nella prima parte, dopo l’introduzione a cura della voce-guida e l’invocazione – nel canto e attraverso una preghiera di padre Annibale – allo Spirito Santo, l’esposizione eucaristica e la lettura del passo evangelico della casa sulla roccia, in linea con il tema “Creare casa” che la CEI ha previsto per la giornata di preghiera per le vocazioni di quest’anno:
Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia.
Dal Vangelo di Matteo (Mt 7,21-29)
Poi, la risposta dell’assemblea con altri passi biblici, prevalentemente salmici, attinenti il tema della casa.
La seconda parte della Veglia: “Dalla casa dell’uomo e della donna alla casa di Dio”
Quindi, la seconda parte della veglia, ovvero la presentazione di alcuni simboli rappresentativi delle molteplici espressioni delle vocazioni presenti nella nostra Chiesa locale, accompagnata da una monizione e dal canto: “Manda, Signore, apostoli santi nella tua Chiesa”:
- due fedi nuziali che, in rappresentanza degli sposi, hanno portato all’altare Michele L’Episcopia e Maria Matera Marcosano;
- il pane e il vino, che in rappresentanza dei sacerdoti ha presentato don Domenico Monaciello;
- tre lampade accese, simbolo dei tre voti di povertà, castità e obbedienza, che hanno portato tre religiosi: sr. Maria Stephany Alberca delle Sorelle Missionarie di Gesù Eterno Sacerdote, padre Antonio Paciello dei Rogazionisti, sr. Milena Acquafredda delle Suore Ausiliatrici delle Anime del Purgatorio;
- un piatto con lievito e sale, che in rappresentanza dei “consacrati laici” ha portato in presbiterio Tina Cardinale;
- uno zaino, in rappresentanza della vocazione missionaria, portato da Franco Carlucci, missionario laico del cammino neocatecumenale;
- l’acqua e il grembiule, segni del servizio alla mensa, che ha portato all’altare il diacono permanete Giuseppe Centonze.
La terza parte della veglia: “Don Gino Galante, una testimonianza di «casa»”
Infine il terzo momento della veglia, con la testimonianza sul sacerdozio scritta da don Gino e letta dal fratello Franco Galante.
Poi. la testimonianza di una coppia, Francesco e Antonella, circa il passaggio di don Gino nella propria vita: la difficoltà di avere figli e l’incoraggiamento alla tenacia di don Gino. E poi il dono della vita di due figli, Danilo ed Elisabetta, con il battesimo di Danilo appena in tempo prima della morte di don Gino. Un racconto che sa di prodigioso e che potete ascoltare dalla ripresa integrale della veglia al link in calce all’articolo.
E, infine, la riflessione del Vescovo: “Preghiamo il padrone della messe per i sacerdoti che già ci ha dato, perché siano essi apostoli santi. E perché i seminaristi siano giovani innamorati che sappiano stare con l’innamorato. È così che si diventa generativi”.
Di seguito il video integrale del momento di preghiera.
L’auspicio è che queste giornate di preghiera accrescano in tutta la Chiesa la cultura della vocazione, cioè la coscienza che la felicità e la piena realizzazione siano legittimo desiderio di ogni uomo e di ogni donna e corrispondano esattamente al “sogno” che ha Dio per ognuno dei suoi figli. E che ogni battezzato ha il diritto e il dovere di realizzare – inevitabilmente per mezzo dell’offerta della propria vita, come il buon Pastore – per attuare le propria e le altrui felicità, “pace e speranza”, come sottolinea il messaggio del Santo Padre per la giornata di preghiera di quest’anno.
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interessante ciò che scrive, utile oer il nostro cammino
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