Osservando il cero pasquale ardere davanti al feretro di Papa Francesco, nessuno poteva aspettarsi, nemmeno il suo autore, che finisse lì. Lo aveva fatto fra’ Carlo Basile, frate francescano; lo aveva modellato con le sue mani. Poi era giunta un’ordinazione dalla Basilica di San Pietro.
Sul Corriere del Mezzogiorno ha scritto Ersilia Gillio, della redazione salernitana: «Il cero era stato chiesto dal Vaticano per le celebrazioni della Pasqua, affinché fosse posizionato sull’altare principale di San Pietro». Nessuno poteva immaginare quello che poi sarebbe successo. Che il Papa sarebbe morto, dopo che lo avevamo visto affacciato alla basilica di San Pietro, dopo aver ricevuto la sua benedizione e, soprattutto, dopo averlo visto sfilare a bordo della papamobile tra la folla dei fedeli assiepati nella gremitissima piazza.
Si sapeva che non stava affatto bene, che aveva trascorso più di un mese in ospedale, ma che in quella mattina di Pasquetta potesse andarsene così ha sorpreso un po’ tutti. Forse perfino i medici, ai quali il Papa aveva assicurato di sentirsi meglio e di poter tornare al lavoro.
Il Papa era morto dunque, ma quel cero del nostro fra’ Carlo ardeva alla sua destra. Per dire che non era stato sconfitto dalla morte ma che, come Cristo risorto, ardeva di una vita nuova in attesa di quella resurrezione dei corpi che è stata promessa.
Scriviamo del “nostro fra’ Carlo” perché lo vediamo ancora tra noi, qui a Matera, intento alla realizzazione di quei ceri pasquali cui si dedicava nei locali della parrocchia di Cristo Re. Chi poteva dire che uno dei suoi ceri avrebbe illuminato il corpo senza vita del caro Papa, a testimonianza della sua fede nella resurrezione?
Del resto, lo stesso fra’ Carlo aveva cominciato a lavorare sui ceri pasquali per puro caso. Non era, come si dice, uno del mestiere. Non sapeva nemmeno come si facessero quei grandi oggetti liturgici, in pura cera d’api. Lo aveva appreso seguendo i tutorial dei video di YouTube, un po’ come si seguono i video delle ricette di cucina.
Aveva cominciato così, semplicemente, come riferisce egli stesso alla giornalista del Corriere, perché imprevedibilmente era scoppiata la pandemia e c’era il rischio di non riuscire a procurarsi il cero pasquale che, ovviamente, nelle celebrazioni liturgiche del tempo pasquale non può mancare. «In quel periodo» racconta, «non c’era nessuno che potesse rifornirci di ceri e candele».
La pandemia lo aveva sorpreso proprio nella nostra città e qui, come abbiamo detto, apprendendo l’arte su Youtube, fra’ Carlo ha iniziato a lavorare ai ceri pasquali. Nello scorso mese di agosto, per il frate francescano si è reso necessario un ricovero ospedaliero per un intervento chirurgico. È stato ricoverato nello stesso Policlinico Gemelli dove, in tempi diversi, sarebbe stato ricoverato Papa Francesco. Non si sono incontrati, dunque. Sebbene poi fra’ Carlo incontrerà il Papa al Giubileo degli ammalati.
«Avevo delle ernie cervicali» racconta a Ersilia Gillio «e quindi rischiavo di restare immobile. Il primo cero che a gennaio ho realizzato dopo un periodo di convalescenza è stato quello che oggi veglia il santo padre».
Il cero, che è lavorato artisticamente, può essere considerato una vera scultura, impreziosito da ornamenti che richiamano l’Albero della vita. Fra’ Carlo è oggi cappellano in un ospedale del salernitano. Concludendo l’intervista al Corriere, dice: «Ieri ero in ospedale, passando davanti alla stanza della caposala ho visto la tv accesa. Quando ho capito che il cero posizionato di fianco alla salma del Papa era quello che avevo realizzato io ho dato un urlo. È stato istintivo».
L’urlo, certamente, è stato per la sorpresa; ma anche perché questo poteva essere il compimento di tutto ciò in cui egli, da uomo di fede, ha creduto: «Il Papa ci ha insegnato che la morte non è la fine. L’Albero della vita mette le sue profonde radici in noi e ci accompagna oltre la vita stessa».
Tutto, in questa storia, è stato frutto dei casi imprevisti della vita. O forse si deve pensare a un disegno misterioso. Per la verità, qui a Matera ci si era accorti della nascosta vena artistica del frate francescano quando era alla parrocchia di Cristo Re e presso il santuario della Palomba, prima che fosse trasferito a Baronissi, in provincia di Salerno, e quindi presso il convento di Polla. E, anche nel caso di Matera, tutto era finito per onorare Papa Francesco.
Pure questa è una bella storia, documentata per questo nostro giornale, da Cristina Garzone. Matera era nel pieno della celebrazione del Congresso Eucaristico Nazionale e fra’ Carlo, insieme ai fedeli che frequentano la chiesa di Cristo Re ma soprattutto con la collaborazione degli infaticabili gruppi dell’Agesci, aveva ideato una grande infiorata. Un gigantesco puzzle di oltre ventimila petali di diversi colori, contornati da duemila foglie di alloro e composti a formare immagini attinenti al tema della Santa Eucaristia. Un effetto scenografico grandioso per quel Congresso Eucaristico che si sarebbe concluso con la visita del Santo Padre.
Da un evento così lieto come il Congresso Eucaristico, la mano d’artista di fra’ Carlo Basile, inconsapevolmente, doveva poi posarsi sulla dolorosa circostanza della morte del caro Papa Francesco. Ma tutto e sempre con la stessa consolante certezza.
Ha scritto Giovanna Abbagnara su puntofamiglia.net a proposito del cero di fra’ Carlo: «Oggi ci fermiamo davanti a una fiamma viva: quella del cero pasquale che veglia la bara di Papa Francesco. Un cero fatto con le sue mani, decorato con cura e fede da Fra Carlo Basile, frate minore della comunità del Santuario antoniano di Polla, in provincia di Salerno. Un segno silenzioso e pieno di senso. La luce accesa non è solo un ornamento liturgico, è un annuncio: la fiamma della Risurrezione che non si spegne, nemmeno davanti alla morte. Ma è anche qualcosa di più: un invito alla preghiera, alla veglia, alla custodia della Chiesa. C’è una preghiera che arde anche quando le parole mancano. E la Chiesa ha bisogno di questa fiamma accesa: di occhi che vegliano, di cuori che intercedono, di mani che non si stancano di pregare».
Le mani “che non si stancano” di fra’ Carlo faranno riecheggiare la richiesta che ci rivolgeva incessantemente Papa Francesco: «ricordatevi di pregare per me».
Senza mai stancarci, ce ne ricorderemo.

Immagine dal video di Giacomo Laschi
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