Duc in altum !

Ri-cordi del cammino del RnS nel primo decennio del terzo millennio

In questo Giubileo d’oro – speciale tempo di grazia – ed in occasione della nostra venticinquesima convocazione regionale è per me motivo di gioia profonda poter non semplicemente ri-membrare e cioè riportare alla memoria (re-memor) ma proprio  ri-cordare (re – cor cordis «cuore»), ovvero riportare al cuore, la Grazia che ha caratterizzato il nostro cammino di fede tra il 2004 e il 2011, anni in cui sono stato onorato di poter servire il Signore nel ministero di coordinatore regionale, dopo averlo servito come membro del comitato regionale di servizio dal 1997 al 2004. 

Che emozione: Ri-cordare ovvero realizzare che tutta la storia sacra è storia del cuore !

Del resto, è auspicabile che una comunità nel corso del proprio cammino senta il bisogno di fermarsi a ricordare, tanto per celebrare un momento importante (come il nostro venticinquesimo) quanto, appunto, per rivedere ciò che si è vissuto e tutto quello che si è ricevuto negli anni. Ricordare, allora, non per provare nostalgie sentimentalistiche di un passato che non c’è più, ma per vivere il presente – che c’è – come luogo della realizzazione di alcuni desideri che ci precedono – magari oggi sono realtà – e così riconoscere come Dio stesso conduca anche i fili più invisibili della storia.

Non è facile sintetizzare in poche battute la bellezza e la profondità di un percorso carismatico che ogni giorno ci ha regalato stupore e meraviglia. Erano gli anni in cui, come Chiesa, eravamo invitati a prendere il largo, ad accogliere – con rinnovato slancio missionario – il nuovo millennio che stava appena iniziando. Lo storico passaggio dal secondo al terzo millennio fu caratterizzato, non a caso, da quel profetico: “Duc in Altum” –  risuona ancora oggi con la stessa forza vibrante nel mio cuore – con cui Giovanni Paolo II ci invitava a fare memoria grata del passato, a vivere con passione il presente e ad aprirci al futuro, un futuro in cui era “urgente”: Comunicare il Vangelo in un mondo che stava cambiando, erano queste – tra l’altro – le indicazioni dell’episcopato italiano per il decennio 2000-2010.

Anni intensi: di preghiera, di azione di Grazia, di vita associativa, di eventi ed avvenimenti ecclesiali. Come non ricordare, ad esempio, la storica data del 29 maggio 2004, quando celebrammo per la prima volta i primi Vespri di Pentecoste in una Piazza San Pietro, gremita di fazzoletti rossi – colore della pentecoste -, in cui il Santo Padre ci incoraggiò a portare avanti l’iniziativa – allora emergente – del Rovete Ardente “Auguro che questa iniziativa conduca molti a riscoprire i doni dello Spirito, che hanno nella Pentecoste la loro fonte sorgiva”. Per quell’occasione partirono dalla Basilicata, alla volta di Roma, oltre 13 Pullman !

Sostenuti dall’abbraccio del pontefice, ponemmo il ritorno al cenacolo quale fondamento di tutte le nostre attività. Era un ritorno al cenacolo “dinamico”: ritornare al cenacolo per presentare il mondo a Dio sentendo il bisogno, però, di uscire dal cenacolo per raccontare la bellezza di Dio al mondo; un mondo che vedeva – e purtroppo vede ancora – aprirsi sempre più inesorabilmente la forbice del divario tra Vangelo e vita, fede e storia, Creatore e creatura.

Partimmo senza indugio, proprio come i discepoli di Emmaus, profondamente convinti che avendo fatto esperienza del Risorto non avremmo potuto tenere per noi la gioia provata.

Se da un lato si iniziava a diffondere il progetto del roveto ardente nelle diverse realtà di Basilicata, anche per alimentare la diffusione della spiritualità carismatica, dall’altro portavamo a definizione il progetto editoriale Maranathà (sul quale oggi, dopo 13 anni, mi onoro di scrivere) quale strumento di nuova evangelizzazione. Il numero zero di Maranathà, infatti, fu proprio presentato in occasione della XII Convocazione Regionale che si tenne in Metaponto (MT) il 21 novembre del 2004, giorno in cui la Chiesa celebrava la solennità di Cristo Re dell’universo. Rendemmo, da quell’anno, la solennità di Cristo Re “particolarmente nostra”, in quanto le convocazioni regionali del settennio 2004-2011 furono tutte celebrate intorno a questa festa, a motivo del nostro desiderio di testimoniare che Gesù era, è e sarà, l’unico Re e Signore della nostra vita e che tutto il nostro lavoro aveva come fine, unico ed ultimo, la proclamazione della Sua regalità nella storia.

La Chiesa auspicava personalità cristiane mature e comunità vive, per questa ragione sentimmo forte il bisogno di far incrociare il nostro cammino con quello delle altre realtà ecclesiali lucane. Nacque, anche con il contributo del RnS di Basilicata, l’Osservatorio Regionale sui temi del Bene Comune, un luogo di confronto animato da associazioni e movimenti (erano i prodromi di un cammino di sincera amicizia ecclesiale) che si poneva come obiettivo di dare un contributo comune per l’animazione cristiana della nostra società. Insieme ai fratelli di Azione Cattolica ci impegnammo, in tal senso, nella redazione di una Agenda di Speranza per la Basilicata. Erano per noi, del resto, gli anni in cui si sviluppava l’iniziativa nascente della “Cultura di Pentecoste”; il Santo Padre ( Giovanni Paolo II ndr) invitava il Rinnovamento nello Spirito in Italia ad essere testimone delle “ragioni dello Spirito” ed in una lettera autografa esplicitamente ci chiedeva: «Nel nostro tempo, avido di speranza, fate conoscere e amare lo Spirito Santo. Aiuterete allora a far sì che prenda forma quella Cultura della Pentecoste, che sola può fecondare la civiltà dell’amore e della convivenza tra i popoli». Ci attivammo, umilmente, per la realizzazione di quelli che i nostri pastori lucani definirono: “laboratori di cultura di pentecoste”. Ricordo, con viva emozione, le parole di Mons. Agostino Superbo – allora Arcivescovo Metropolita per la Basilicata – che richiamando il mandato che i Vescovi lucani avevano affidato al laicato cattolico in quegli anni, ci esortava a creare “laboratori della cultura di Pentecoste” per divenire “fermento e lievito in tutte le realtà del nostro territorio”, combattendo così “i tre peccati sociali della regione: subalternità, sudditanza e collateralismo”. “Siate lieti, coraggiosi e costanti nella fede e portate il vostro ardore per riscaldare e trasformare il mondo”.  Nella letizia e con coraggio ci impegnammo nell’allestire roveti ardenti di preghiera e intercessione per le necessità e le tante povertà della nostra terra (solitudine, lavoro, silenzi sociali), giornate intere di preghiera precedevano le nostre convocazioni regionali – luoghi di evangelizzazione privilegiati del nostro movimento ecclesiale – e al contempo lavorammo per dar vita ad un percorso di formazione permanente che trovava nel progetto della cultura della pentecoste il suo ambito di definizione. Profeticamente comprendemmo ciò che dall’inizio della nostra esperienza sapevamo: che non ci sarebbe potuto essere alcun rinnovamento sociale (da tanti atteso ed auspicato ancora oggi) senza che vi fosse stato prima un rinnovamento spirituale. Alle giornate di adorazione ed intercessione, che precedevano le convocazioni regionali e che caratterizzavano il nostro cammino, iniziarono ad affiancarsi momenti di formazione ecclesiale sull’impegno dei cristiani nel cuore della città dell’uomo.

Si andava delineando l’itinerario di un cammino di fede caratterizzato dall’adorazione e dalla formazione permanente ma anche segnato da intimi momenti di vita comunitaria come i week-end di formazione per animatori, le settimane di vita carismatica, le settimane per famiglie (erano gli anni dell’ Apogeo), le settimane per i giovani, gli straordinari momenti di crescita umana e spirituale delle Giornate Mondiali della Gioventù: come non ricordare l’indimenticabile esperienza fatta su quel  “treno carismatico” che partendo da Reggio Calabria e attraversando l’intera penisola ci portò a Colonia per dire insieme a Benedetto XVI “Siamo Venuti per Adorarlo” (Mt 2,2). Era la prima GMG senza Giovanni Paolo II – che l’aveva fortemente voluta intuendone la portata kerigmatica – sulla cattedra di Pietro, infatti, dopo oltre 25 anni di pontificato di Papa Woytila, salì Benedetto XVI che col suo magistero, fermo e paterno, ci confermò nel  nostro cammino di fede indicandoci la via con le tre direttrici tracciate dalle sue Encicliche: Deus Caritas est 2005, Spe salvi 2007, Caritas in Veritate 2009.

In Comunione con i nostri Pastori ed illuminati dal magistero del Santo Padre, ci siamo sentiti investiti nel compito di offrire, anche a motivo della nostra vita associativa, la testimonianza concreta di Gesù Cristo amico e redentore dell’uomo, riaffermando con i nostri progetti missionari che l’essenziale della nostra vita era nel cuore della fede dove sempre risiede il primato di Dio e del Suo amore. Sentivamo necessario, come cristiani, testimoniare carismaticamente che era vitale stare nella storia con il dono della carità, che l’amore poteva crescere solo attraverso l’amore (Deus Caritas est n.18), e ne facemmo volutamente anche il titolo di un convegno di formazione: Carità sociale, Speranza del laicato per la costruzione del futuro!

Cristiani e Costruttori di futuro (proprio come sognava Giorgio la Pira), ecco il cuore – riconoscibile forse solo oggi – della Grazia che ha animato il nostro cammino nel primo decennio del terzo millennio; Costruttori di futuro, consapevoli che l’ autentico sviluppo – umano, sociale, economico, spirituale – ha bisogno di uomini di fede con le braccia alzate nel gesto della preghiera (Caritas in Veritate n. 79); Costruttori di futuro – in cui, se pur in parte, oggi viviamo – che sapessero vivere avvertendo il privilegio di camminare secondo lo Spirito e di lasciarsi, umilmente e docilmente, guidare da Lui. Costruttori di futuro, un futuro nel quale continuare a proclamare e con forza sempre maggiore: Gesù è il Signore! Alleluia !

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Lindo Monaco

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