Don Marco Pozza. Sabato 30 novembre a casa “S. Anna”. Un incontro indimenticabile

Il Cappellano del Carcere di massima sicurezza “Due Palazzi” di Padova ha parlato nel salone dell’Istituto “S. Anna” nel pomeriggio di sabato 30 novembre. Cento minuti di intenso e ininterrotto ascolto. A tema nell’incontro “L’arte di educare”. Di fatto un racconto travolgente della vita, della visione del mondo e della teologia del sacerdote vicentino. Perché per educare bisogna portare se stessi!

Con tante aspettative, tutte pienamente soddisfatte, sono convenuti gli spettatori di questo show di alto livello edificante ad alto livello di attenzione dai diversi centri della nostra Chiesa locale e dalle varie realtà diocesane.

Un brevissimo momento di preghiera, la breve introduzione della Presidente Diocesana di Azione Cattolica, Anna Maria Colucci. E subito l’ingresso a gamba tesa di don Marco: “Io ho un’autostima molto alta e sono un ragazzo fortunato”, non esita a definirsi. Ma dopo aggiunge: “Sono uno straccio di prete al quale Dio s’intestardisce ad accreditare simpatia, usando misericordia”.

E si è innescato immediatamente un rapporto di reciproca empatia con il numeroso e curioso uditorio.

La vita di don Marco raccontata in due ore: la prima scelta, di entrare in seminario, a 10 anni “perché voglio diventare come don Beppe”, il parroco del suo paesino, Calvene (VI). Poi tante esperienze: il ciclismo praticato a livello agonistico e non una sola relazione affettiva…

Non di meno, una famiglia da cui ha attinto tutte gli stimoli per forgiare l’uomo pieno di risorse che ora è.

“Ma due sono le persone che in questi 45 anni mai mi hanno abbandonato: Dio e Satana”, che lo tenta sull’orgoglio e sulla disperazione per l’inutilità della sua missione con i carcerati. Ogni giorno. Ormai il “celibato” sarebbe una tentazione scontata.

E nemmeno la letteratura, a dire il vero, lo ha mai abbandonato: merito del suo docente di italiano del liceo classico “che metteva i voti non sulle risposte ma sulle domande che gli porgevamo noi alunni”.

E in carcere è la poesia vibrante di vita – “che non si spiega altrimenti diventa prosa! Il commento sarebbe il mio punto di vista. E invece la poesia la si deve ‘incontrare’ coi suoi destinatari”, sempre i retaggi del liceo – che propone ai suoi “ragazzi” – chiama così anche settantenni, a dire il vero – del “Due Palazzi”. Perché la poesia è in grado di mettere in moto il cuore ed è più facile che così lo tocchi Dio che spesso ama presentarsi “in borghese”, come anche lui che nemmeno dal Papa va in colletto romano o almeno in clergy.

Retorica efficace e toni appassionati per parlarci dell’incontro di Dante con il suo maestro Brunetto Latini (Divina Commedia, Inf. XV): abbiamo un Dio strepitoso che “mette in cassaforte” il bene appena uno lo compie e lo fa vivere anche oltre il destino finale (anche disastroso) di chi, quel bene, l’ha compiuto. Sebbene dannato, Brunetto non perde la possibilità di ricevere consolazione dal suo devoto allievo perché bene aveva svolto questa sua missione educativa.

E a proposito di rapporto discente-docente – e di qualsiasi rapporto educativo e interpersonale – imperituro per lui l’insegnamento ricavato da una pesantissima lettura filosofica, anch’essa dei tempi del classico: l’“Emilio” di Rousseau, 800 pagine che avrebbe cestinato se in quello stesso momento non avesse sbirciato una frase evidenziata: “Per insegnare il latino a Giovannino non basta conoscere il latino, bisogna soprattutto conoscere Giovannino”. E poi, “ognuno fa il fuoco con la legna che ha”, come recita un proverbio veneto a lui molto caro che ha dato anche il titolo a un suo libro. Ma a noi è chiesto di mandare a quel paese i proverbi, per insegnare che… “Chi ultimo arriva meglio alloggia”!

Dio per noi fa anche la taglia “mezza misura oltre”, fuori standard, ma che si commisura perfettamente con ciascuno! Non così i sistemi educativi in generale.

E che dire dell’incontro dell’Innominato con il cardinale Borromeo – “ci sono anche i cardinali santi!”, scandisce bene due volte don Pozza – capace di fugare ogni imbarazzo dal cuore dell’Innominato e capace di far scaturire in lui la conversione?

Il cardinale: “E che? voi avete una buona nuova da darmi, e me la fate tanto sospirare?”
“Una buona nuova, io? Ho l’inferno nel cuore; e vi darò una buona nuova? Ditemi voi, se lo sapete, qual è questa buona nuova che aspettate da un par mio.”
“Che Dio v’ha toccato il cuore, e vuol farvi suo”.

I promessi sposi (cap. XXI)

E don Pozza ricorda che “i percorsi di fede non vanno spinti, vanno sollecitati”.

Tanti stimoli, tanta positività, tanta leggerezza che solo attingendo alla videoregistrazione integrale dell’intervento potrete afferrare. Buona visione, allora!

Un grazie riconoscente a don Marco per le storie che ci ha raccontato, le visioni interiori che ci ha dispiegato e le perle di saggezza che ci ha donato.

“Ogni santo ha un passato e ogni peccatore ha un futuro!” E “futuro e avvenire sono due cose diverse!”.

Chi voglia seguire don Marco Pozza sui social, il suo account Facebook è Sulla strada di Emmaus e Instagram sullastradadiemmaus.

Di seguito la testimonianza di Anna Maria Colucci, Presidente Diocesana di Azione Cattolica, che insieme alla Commissione per il Giubileo della Diocesi di Matera-Irsina in occasione dei 100 anni dell’AC Diocesana e in preparazione all’Anno Giubilare ha promosso l’incontro con don Marco Pozza.

Scrivi un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

For security, use of Google's reCAPTCHA service is required which is subject to the Google Privacy Policy and Terms of Use.

Giuseppe Longo

Latest videos