Domenica delle Palme

La domenica prima di Pasqua, di fatto la sesta domenica di Quaresima, si respira un'aria diversa: è festa, è quasi Pasqua. Cosa commemoriamo in questa domenica?

Inizia la “grande settimana” dell’anno liturgico

Giotto, Padova, Cappella degli Scrovegni, Ingresso di Gesù a Gerusalemme (1305)

“Osanna al Figlio di David! Benedetto colui che viene nel nome del Signore!” (cfr Gv 12,12), cantavano “sei giorni prima della Pasqua” le folle accorse a Gerusalemme, come la tradizione mosaica richiedeva per la “festa delle capanne”: ciascuno portava in mano il “lulav”, un piccolo mazzetto composto di rami di palma, simbolo della fede, mirto, simbolo della preghiera che s’innalza verso il cielo, e salice, la cui forma delle foglie rimandava alla bocca chiusa dei fedeli in silenzio di fronte a Dio, legati insieme con un filo d’erba (Lv. 23,40). In questo coro festante di acclamazioni le folle iniziavano a stendere tappeti e mantelli sulle strade e i fanciulli agitavano rametti di palma quando stava per arrivare  un uomo di 33 anni di nome Gesù, che per tre anni aveva percorso le strade della Palestina guarendo i malati, “beneficando e risanando tutti coloro che stavano sotto il potere del diavolo” (At 10,38). Come a quei tempi si accoglieva nella sua città l’imperatore che tornava per il trionfo. Gesù sa bene che il suo non è un Regno di questo mondo, eppure si lascia acclamare dalla folla che cinque giorni dopo griderà: “Crocifiggilo”.

Si avvera la scrittura che aveva detto: “Ecco il tuo re viene, seduto su un puledro d’asina” (Zc 9,9). E’ nella tradizione ebraica, ma nessuno se ne ricordava, era durante questa festa che si sarebbe manifestato il Messia.

È questo ingresso trionfale in Gerusalemme che la liturgia commemora ogni anno – tranne in questi ultimi due anni segnati dall’emergenza sanitaria – quando, prima della celebrazione eucaristica principale della Domenica delle Palme, in una chiesa succursale o in un luogo opportuno all’esterno della chiesa, dopo aver proclamato il passo di Vangelo che parla dell’ingresso di Gesù a Gerusalemme e dopo che il sacerdote ha benedetto i rami di ulivo (variante alle palme, nelle nostre regioni), il popolo di Dio entra festosamente in chiesa cantando “Osanna al figlio di David”.

Un clima di festa che anticipa quello della Pasqua e che ci riporta alla solennità di Cristo Re. Ma – lo sappiamo – la vera gloria di Dio è sulla croce, la sua corona è fatta di spine, il Regno che Lui per noi tutti conquista è quello dei Cieli.

Ecco che nel Vangelo di questa domenica ascoltiamo il racconto della passione, quest’anno (ciclo festivo “B”) secondo l’evangelista Marco.

E con il mistero della morte di Cristo, che si legge nella Domenica delle Palme, si apre la “grande settimana”, la più importante dell’anno liturgico, che ci prepara a celebrare il mistero più grande della nostra fede: la redenzione, operata dal sacrificio di Cristo.

Culmine della settimana santa, clou di tutto l’anno liturgico, è il sacro triduo di Cristo morto e risorto: tre giorni che vanno dal venerdì (in verità dal giovedì sera) alla domenica di Resurrezione; la Domenica delle Palme rappresenta un preludio e l’ingresso spirituale.

“Auguri di pace”, spesso ci si dice in questa domenica: è vero Gesù mite ed umile che cavalca un puledro, è questo il messaggio che vuole darci.

E anche ci vuol dire la transitorietà della gloria: le strade dove la folla osannava Gesù sono le stesse dove il Figlio di Davide porterà la croce diretto sul Golgota.

Con la Domenica delle Palme si apre nell’anno liturgico una settimana “uno ad uno”: mentre in pochi mesi, da Natale a Pasqua, sono sintetizzati oltre 30 anni di storia e in un anno si racchiude tutto il tempo della salvezza, nella settimana santa riviviamo esattamente una settimana di vita di Gesù: la più importante, per noi oltre che per Lui.

Allora, caro lettore, auguri di vivere di vivere appieno in questa domenica la regalità di Cristo e la pace che ci trasmette per entrare con il piede giusto nella “grande settimana” dell’anno liturgico.

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Giuseppe Longo

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