Giuseppe Fiorentino, 63 anni, coniugato con Luisa Morelli, papà di Marianna e Valentina e, a breve, nonno, oggi alle 12 nel Salone degli Stemmi dell’Episcopio giura fedeltà alla Chiesa e a Dio con la mano sulle Scritture. Un passaggio necessario alla vigilia di qualsiasi ordinazione (il giuramento canonico è una cerimonia aperta a tutti).
Giuseppe appartiene la parrocchia “S. Giacomo” in Matera dove da diversi anni offre il suo servizio all’altare, dal mese di aprile 2023 come accolito istituito.
Da 4 anni, ha intrapreso insieme ad un altro gruppo di uomini della nostra Diocesi – Paolo Chieco, Sergio Di Pede, Dino Gioia ed Edoardo Veronesi – il cammino di formazione teologica e spirituale verso il diaconato.
Nella scorsa celebrazione del Corpus Domini, Giuseppe ha ricevuto l’ammissione all’ordine dopo che la moglie Luisa ha, come da prassi, espresso pubblicamente il suo consenso.
Autista in pensione, trasportava cisterne contenenti merce altamente pericolosa: già nel suo lavoro affidava la sua vita e i suoi rischi a Dio.
Il futuro diacono presta oggi il suo servizio in ospedale, accanto al cappellano fra Sergio Tagliente e al diacono Terenzio e, inoltre, presso il Centro Geriatrico “S. Raffaele” (Z.I. Matera La Martella) assieme alla moglie Luisa.
Ascoltiamo la testimonianza di Giuseppe Fiorentino che oggi, dopo tre giorni di ritiro in seminario a Potenza, fa il giuramento canonico in Curia.
Quella di oggi è l’ultima tappa verso il grande giorno della celebrazione dell’ordinazione che sarà presieduta dal nostro Arcivescovo S.E.R. Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo in Cattedrale l’8 dicembre ore 18. Un giorno iconico in cui ascolteremo inoltre di Maria-serva del Signore.
Ma chi è il diacono?
Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: «Non è giusto che noi trascuriamo la parola di Dio per il servizio delle mense. Cercate dunque, fratelli, tra di voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di saggezza, ai quali affideremo quest’incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al ministero della parola». Piacque questa proposta a tutto il gruppo ed elessero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timòne, Parmenàs e Nicola, un proselito di Antiochia. Li presentarono quindi agli apostoli i quali, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
Dagli Atti degli Apostoli (At 6,1-6)
È questo passo della Scrittura a cui si fa risalire l’istituzione del diaconato, sebbene i diaconi non siano esplicitamente nominati. Alla lettera “servi”, i diaconi erano coloro che avrebbero servito le mense e che con il primo grado del sacramento dell’ordine si configurano a Cristo “venuto per servire e non per essere servito” (cf Mc 10,45).
Nella Chiesa di oggi, i diaconi, quindi, con un’istituzione ufficiale e con un sacramento che imprime in loro un sigillo indelebile (‘carattere’), hanno il compito di
assistere il Vescovo e i presbiteri nella celebrazione dei divini misteri, soprattutto dell’Eucaristia, distribuirla, assistere e benedire il Matrimonio, proclamare il Vangelo e predicare, presiedere ai funerali e dedicarsi ai vari servizi della carità
Dal Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC, n. 1570).
Sì, accanto ai “servizi di carità”, con cui il diacono alle volte si sporca le mani e testimonia la spiritualità del lavoro che spesso manca ai laici, il diacono può predicare, cioè tenere l’omelia, battezzare, e presiedere i funerali e i matrimoni. Non può presiedere l’Eucaristia come un presbitero, è vero, ma certamente (compito, questo, già proprio dell’accolito) una Liturgia della Parola.
Un diacono, inoltre, non può assolvere dai peccati, ma può essere guida nella vita spirituale dei fratelli e delle sorelle che incontra sulla sua strada. Il diacono è un ministro ordinato, come i sacerdoti e i vescovi, ma il grado del “diaconato” è accessibile anche a chi è sposato (sebbene non sia possibile il contrario, cioè che un diacono si sposi).
Il diacono vive nel mondo, solitamente lavora, e così può raggiungere quegli ambienti a cui mai e poi mai un presbitero potrebbe accedere. Per essere lievito e mostrare quello spirito di servizio che è l’essenza stessa, presente anche nell’etimologia, della “diaconia”. Tutti siamo chiamati a servire questo nostro mondo ma i diaconi sono chiamati ad essere testimoni particolarmente chiari della bellezza del servizio.
Di più, un diacono, con la preparazione teologica che gli offre il percorso almeno triennale richiesto prima dell’ordinazione, è dotato di quel bagaglio culturale adeguato per saper rispondere in modo competente alle curiosità, ai dubbi e alle provocazioni che le persone che incontra gli porgono.
“Allo stesso modo i diaconi siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino né avidi di guadagno disonesto, e conservino il mistero della fede in una coscienza pura. Perciò siano prima sottoposti a una prova e poi, se trovati irreprensibili, siano ammessi al loro servizio”
Dalla Prima lettera di S. Paolo Apostolo a Timoteo (1 Tm 3, 8-10),
scriveva S. Paolo a Timoteo nel primo passo scritturistico che nomina la parola “diacono”.
Diaconi in Diocesi
Di diaconi in diocesi ne abbiamo cinque, uno “transeunte”, istituito cioè in vista del presbiterato (è Pietro Oliva e oggi è collaboratore del parroco di Maria Madre della Chiesa), e altri quattro “permanenti” (Giuseppe Centonze, Giuseppe Avena, Michelangelo Cifarelli, Terenzio Cucaro), tutti sposati, a servizio delle loro comunità, delle attività pastorali della Diocesi, dell’Ospedale, in particolare. A questi ultimi si aggiunge l’8 dicembre Giuseppe Fiorentino, sposo, papà, autista in pensione, a breve nonno, della Parrocchia S. Giacomo in Matera.
Il diacono “permanente” è una figura che nella storia della Chiesa cattolica è andata scomparendo per tornare in vita con il Concilio Ecumenico Vaticano II. Dopo 60 anni dal Concilio le nostre diocesi si ripopolano di questi ministri che sono parte del clero anche se ci sembrano così vicini – con famiglia e lavoro – ai laici. In tante diocesi d’Italia povere di presbiteri la loro figura è funzionale alla gestione delle parrocchie e allo svolgimento di tanti compiti pastorali che altrimenti rimarrebbero insoluti.
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