Il ministero del diaconato
In quei giorni, aumentando il numero dei discepoli, quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica perché, nell’assistenza quotidiana, venivano trascurate le loro vedove. Allora i Dodici convocarono il gruppo dei discepoli e dissero: “Non è giusto che noi lasciamo da parte la parola di Dio per servire alle mense. Dunque, fratelli, cercate fra voi sette uomini di buona reputazione, pieni di Spirito e di sapienza, ai quali affideremo questo incarico. Noi, invece, ci dedicheremo alla preghiera e al servizio della Parola”. Piacque questa proposta a tutto il gruppo e scelsero Stefano, uomo pieno di fede e di Spirito Santo, Filippo, Pròcoro, Nicànore, Timone, Parmenàs e Nicola, un prosèlito di Antiòchia. Li presentarono agli apostoli e, dopo aver pregato, imposero loro le mani.
Dagli Atti degli Apostoli (Atti 6,1-7)
E la parola di Dio si diffondeva e il numero dei discepoli a Gerusalemme si moltiplicava grandemente; anche una grande moltitudine di sacerdoti aderiva alla fede.
E’ questo il passo degli Atti degli Apostoli a cui si fa risalire la nascita del diaconato: sette uomini di buona reputazione, scelti a servizio delle mense su cui viene infuso lo Spirito Santo attraverso il gesto dell’imposizione delle mani.
Diacono vuol dire servo: servo si fece Gesù quando nell’ultima cena ha lavato i piedi agli apostoli, servo obbediente si fece Gesù morendo su una croce quel venerdì santo di due millenni fa per salvare l’umanità, servo sofferente era Gesù nelle ore della passione… così il diacono è configurato a Cristo-servo, mentre il sacerdote a cristo-capo e maestro.
Ma il diacono è anche ministro della Parola, che può “spezzare” nell’omelia.
Segno distintivo del diacono è la stola diaconale, indossata in diagonale, come il guidatore indossa in auto la cintura di sicurezza.
E’ quanto ci spiega il giovane Davide Fusiello che abbiamo incontrato ieri presso la parrocchia dell’Addolorata, sua comunità di appartenenza, che oggi, alle 12, presso il Salone degli Stemmi dell’Episcopio, con la “declaratio” – atto pubblico alla presenza dell’Arcivescovo, di due testimoni e di quanti vogliano prenderne parte – dichiara di impegnarsi ad attendere agli impegni cui lo vincola il diaconato, in particolare il celibato.
Una storia iniziata 11 anni fa
«Sono Davide Fusiello, nato a Matera – primo di due figli – da genitori materani, il 1° marzo 1997. Abitavo di fronte alla chiesa di “S. Giacomo”: don Franco Taccardi era il parroco e don Michele La Rocca vi svolgeva il tirocinio pastorale previsto negli ultimi anni di seminario.
Ho frequentato da sempre la parrocchia: S. Messa, catechismo e musical. Ricordo che quando ero in prima elementare don Michele è diventato sacerdote.
Appena ricevuta la prima comunione – era quello il requisito che don Franco richiedeva – ho iniziato a servire messa.
All’inizio delle scuole medie, come accade per molti adolescenti, ho interrotto la partecipazione al catechismo, ma non la parrocchia: mai è mancata la Messa la domenica e la partecipazione al coro.
Alla fine delle scuole medie un momento di difficoltà: papà ha perso il lavoro. In quel momento ho sentito tanto la vicinanza di don Michele che mi ha fatto fare la Cresima.
Risalgono ai primi due anni delle superiori alcune esperienze bellissime: i pellegrinaggi a Međugorje – dove ho sperimentato la provvidenza perché, non fosse stato per l’aiuto ricevuto, non sarei potuto partire – e in Terra Santa. E anche l’impegno come animatore alla scuola estiva “Mary Poppins”, che don Michele organizzava a S. Giacomo.
Nel 2012 don Michele viene trasferito all’Addolorata: l’ho seguito. Una scelta che agli occhi di alcuni poteva parere sbagliata, ma per me non lo era perché avevo bisogno di qualcuno che mi accompagnasse. In questo don Michele è stato molto bravo.
All’Addolorata ho avuto la possibilità di fare una bella esperienza di Chiesa: avevo ricevuto sicuramente tanto a S. Giacomo nella mia infanzia e adolescenza, ma lì il tutto è stato completato. Il ricordo va ora in particolare a tante famiglie che mi hanno accolto.
Fu verso il secondo superiore che parlai a don Michele del desiderio di entrare in seminario, che lui ha accolto, sebbene mi invitasse ad andare con i piedi di piombo, a non essere già ‘troppo’ certo della scelta perché: erano le prime “farfalle nello stomaco”. E continuavo il Liceo delle Scienze Umane: facevo le mie esperienze come ogni ragazzo di 15 anni, ma mi facevo accompagnare da lui.
Verso il terzo superiore chiesi a don Michele di approfondire questa scelta che volevo compiere, magari partecipando ad alcuni incontri in seminario, se vi fossero stati. Gli incontri c’erano al seminario minore di Potenza, ancora attivo sino al 2016. Don Michele mi ha accompagnato una volta, le volte successive sono andato solo. A casa hanno subito accolto questa scelta.
In seminario, in un weekend vocazionale mi fu proposto di continuare le scuole superiori lì ma non mi sentivo pronto, sebbene avrei potuto risparmiare un anno, evitando il “propedeutico”, l’anno di discernimento che è previsto in seminario prima di iniziare il seennio.
Così, ho iniziato l’anno propedeutico subito dopo il diploma, nell’ottobre 2016, e l’ho concluso nel giugno 2017.
Entravo in seminario a settembre 2017: anni bellissimi in cui ho continuato a intrattenere rapporti con la mia comunità di appartenenza, l’Addolorata, con le loro storie belle e alle volte anche di sofferenza, che mi hanno sempre colpito mediante le quali ho imparato a scorgere l’agire di Dio attraverso la storie degli uomini. Attraverso di esse ho fatto anche discernimento sulla mia vocazione.
Anche in seminario ho conosciuto tante storie di vita: dai sacerdoti che ci accompagnavano ma soprattutto attraverso i dialoghi che ci sono tra noi seminaristi. In seminario non impariamo solo attraverso le catechesi e le mille lezioni, ma la storia diretta di ciascuno di noi attrae sempre molto di più.
Efficaci le esperienze di pastorale nel carcere di Potenza e in una Casa Famiglia di Potenza dove vi erano bambini accolti dalle suore. Non di meno le esperienze nella Comunità Emmanuel a Lecce (2019) e nella Caritas della Diocesi di Fermo (2020) e dei tirocini pastorali che ho svolto nelle parrocchie “S. Maria della Croce” in Ferrandina nel 2021-’22 (quinto anno di seminario), con l’accompagnamento di don Pierdomenico Di Candia, e “S. Michele Arcangelo” in Pomarico nel 2022-’23 (sesto anno di seminario), con l’accompagnamento di don Vito Burdo.
Anche in questo caso il primo ricordo è l’accoglienza squisita della gente, le cui storie sono una bella testimonianza per tutti noi. Sono contento perché la formazione di questi anni mi ha portato ad una libertà interiore maggiore e alla maturità attuale. E spero che questo cammino non si concluda ma sia il principio di una formazione permanente.
Concluso il seminario a giugno 2023 ho maturato la scelta di giungere al diaconato, non solo per mia volontà ma anche attenendomi al parere favorevole dei miei formatori».
Oggi, alle 12, presso il Salone degli Stemmi dell’Episcopio, si è svolta la “declaratio” – atto pubblico di dichiarazione del candidato al diaconato Davide Fusiello tenuto alla presenza dell’Arcivescovo e di due testimoni. Di seguito alcune foto della Declaratio:
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