Cade un pilastro della nostra Diocesi
Un viavai di giovani e anziani, alunni e colleghi, parrocchiani e parenti…
Questo è stata la parrocchia di S. Paolo di Matera (Villa Longo) tra il 29 e il 30 dicembre, dove è stata posta per la veglia la salma di Maria Locantore per gli ultimi saluti.
Chi non la conosceva in Diocesi? Innanzitutto tra le fila dell’Azione Cattolica Italiana; poi come docente di religione prima alle scuole medie e per oltre 30 anni al Liceo Classico “Duni Levi” di Matera dove, con buon successo, si sforzava di coinvolgere i suoi alunni adolescenti che ancora la ricordano; inoltre, come responsabile dell’Ufficio Catechistico Diocesano per due mandati… sempre presente nelle pieghe – e nelle piaghe – della nostra storia.
Non era sposata, la sua famiglia era la Parrocchia – dov’era “un pilastro, il braccio destro di Don Nicola Colagrande” – e la Diocesi, dove era madre e sorella per i tanti che la incontravano
Proprio come una seconda madre la ricorda Mons. Rocco Pennacchio, ora Arcivescovo Metropolita di Fermo, già suo comparrocchiano nella Parrocchia di Villa Longo a Matera, nell’omelia delle esequie da lui presiedute. Donna di servizio, schiva, silenziosa ma fattiva, coraggiosa di dire la sua, con parresia – ancora le parole di don Rocco – senza timore di dispiacere, se fosse stato necessario, finanche il parroco, don Nicola Colagrande, che in lei riponeva sconfinata fiducia. “Ma allo stesso tempo, Maria era capace di farsi da parte, dopo aver indicato Cristo…”. E queste sue peculiarità, senza eccessi di retorica, potrebbero farci associare Maria Locantore a Maria di Nazaret: “Fate quello che egli vi dirà”. Ecco il brano evangelico delle nozze di Cana scelto per la messa di esequie.
“Donna seria nei suoi impegni”, una “figura materna” capace di “portare l’entusiasmo nei gruppi dell’Azione Cattolica”, catechista di intere generazioni, che come tale la ricordano sui social commentando la foto che accompagna la notizia della sua dipartita.
Maria era moderata e sapiente: così ancor più degne di credito erano le sue parole quando incoraggiavano, ammonivano, indirizzavano e, se necessario, esprimevano disappunto – ricordano oggi alcuni amici dell’Azione Cattolica.
È come se con la sua dipartita, a 79 anni, nel silenzio, per una grave insufficienza respiratoria con cui combatteva da tre anni con alti e bassi, negli ultimi mesi in forma grave, lentamente soffrendo per la fame di aria, si fosse spenta una candela, che ha tanto illuminato, per mancanza d’ossigeno. E negli ultimi giorni di quest’anno si è chiuso un capitolo di storia della nostra Chiesa locale, come anche nella Chiesa universale che ha perso Benedetto XVI. L’eredità che Maria ci lascia è l’esempio di un impegno senza risparmio di dedizione alla Chiesa e di coraggio della verità.
“Riposa in pace nelle braccia del Padre. Il signore ti accolga fra le Sue braccia, carissima Maria”.
“Grazie per la tua testimonianza limpida, profonda e fedele! Che il Signore ti accolga nella sua Pace e Gioia eterna. Ti vogliamo bene!”
“Grazie, Maria,, per la tua generosa testimonianza di fede e di amore per la Chiesa”.
“Maria, bravissima persona, dolce e comprensiva. Grazie per le tue lezioni del corso di Bibbia”
Nei link sottostanti sono riportate – dopo i saluti dell’Arcivescovo mons. Caiazzo che essendo al suo paese in Calabria non ha potuto presiedere le esequie – le testimonianze di una moltitudine di persone che hanno vissuto Maria da vicino:
- Mons. Rocco Pennacchio, che ha frequentato Maria in più contesti: parrocchia, Azione Cattolica, scuola, nonché in eventi importanti della vita diocesana e personale;
- Vincenzo Castelnuovo, in vittorioso tandem con Maria in parrocchia e nell’Azione Cattolica;
- Franco Vespe, comparrocchiano nonché allievo di Maria “a casa”, in circostanze particolari;
- Donatella Emma, cara amica di Maria dai tempi della conoscenza remota in Azione Cattolica sino alla fine;
- Nino e Marinella Ferrara, amici e parrocchiani, su cui è indelebile il segno del dono di questa laica umile e fiera senza etichette;
- Pia Manicone, collega di Maria al Liceo Classico;
- Valentina Manicone, alunna di Maria al Liceo Classico;
- Mons. Biagio Colaianni, ora Vicario Generale della nostra Diocesi, un tempo allievo di catechesi di Maria, in una video intervista che riporta anche i ricordi di mons. Filippo Lombardi, la cui conoscenza di Maria risale a 50 anni fa ad un campo-scuola dell’Azione Cattolica.
Carissimi,
scrivo questo breve pensiero dal mio paese, in Calabria, per partecipare la mia preghiera e vicinanza a tutti i familiari di Maria nel giorno della sua nascita alla vita eterna.
Il suo giorno natalizio, nella settimana dell’ottava del Natale di Gesù e nel giorno della festa della S. Famiglia, ci fa contemplare come tutto ciò che viene da Dio ha il gusto dell’eternità: niente finisce ma si ha sempre di più.
A Natale tocchiamo con mano la solidarietà di Dio con gli uomini, proprio attraverso l’agire di uomini illuminati da Lui. Solidarietà che, in questi tempi magri, diventa un bisogno primario da parte di tanta umanità che sa dilatare il cuore verso i meno fortunati della nostra città e dei nostri paesi.
Maria, per come l’ho conosciuta io, è stata, in tutta la sua vita, donna illuminata da Dio agendo nella nostra Chiesa locale, in quella regionale e Nazionale nei suoi diversi compiti e ministeri.
L’Angelo ai pastori spaventati dice: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». La solidarietà di Dio verso gli uomini è contemplata proprio da quei pastori che, recatisi presso la grotta di Betlemme, possono bearsi di quella luce che traspare dal Bambino, Parola che si è fatta carne. È luce divina che avvolge la vita umana, divenendo compagna di viaggio per le strade che quotidianamente siamo chiamati a percorrere, nei luoghi che frequentiamo e nei quali dimoriamo. E Maria, servendo la Chiesa con gioia, amore e determinazione, ma sapendo anche soffrire per essa ed offrire le sue sofferenze per il bene della stessa, ha fatto sempre trasparire fino alla fine questa luce.
L’uomo nelle sue miserie e fragilità viene rivestito da Dio ricevendo ricchezza che viene dall’alto. Veniamo assorbiti nella relazione d’amore di Dio che è Padre, Figlio e Spirito. E in questa relazione parliamo, ci muoviamo, agiamo esattamente come Dio: siamo divinizzati.
Il Natale è esattamente questo: partecipare alla vita divina.
Ora che per Maria sono passate le cose di questo mondo partecipa per sempre alla vita divina. La Madonna, Madre che ha sempre amato e nella quale ha confidato, le sorride accogliendola nel Paradiso.
A lei, insieme a voi dico: Maria, riposa in pace e splenda a te la luce perpetua. Amen.
+ Don Pino
E’ don Rocco Pennacchio, già comparrocchiano di Maria Locantore nella comunità di S. Paolo Apostolo in Matera, oggi arcivescovo metropolita di Fermo, che ha celebrato le esequie di Maria. Ci è piaciuto il profilo che ha tracciato di lei nell’omelia e ci siamo permessi di chiedergli qualche altra informazione su Maria, di cui oggi, in Diocesi, non ci resta che raccogliere l’eredità.
Logos – Buonasera don Rocco, presiedendo il funerale di Maria, è riuscito a tracciare molto bene la figura composita di questa donna che ha servito la nostra Chiesa nei decenni passati: donna fattiva ma capace anche di farsi da parte, dotata di ‘parresia’, addirittura per lei come una “seconda madre”. Quale l’eredità che le lascia?
Mons. Rocco Pennacchio – Un’eredità soprattutto educativa. Maria Locantore è stata catechista in prima persona di intere generazioni di bambini e ragazzi; ma anche formatrice di catechisti, animatori e responsabili di Azione Cattolica, nonché catechista nell’apostolato biblico soprattutto per le casalinghe. Esercitava il suo ministero ispirata dalla sensibilità ecclesiale ereditata dal Concilio Vaticano II, in cui ciò che conta è la vocazione battesimale alla santità. Posso dire con certezza che Maria era tra i pochi rimasti in diocesi a conoscere a fondo il rinnovamento della catechesi postconciliare così come era andato sviluppandosi attraverso i catechismi della Chiesa Italiana. La scelta religiosa maturata in Azione Cattolica e quindi la laicità vissuta le consentivano di misurarsi con le problematiche “secolari” senza timori reverenziali, anzi con profonda simpatia verso le problematiche più di frontiera verso le quali talvolta la Chiesa istituzionale pareva ancora poco attrezzata. Insieme ai miei genitori, Maria è stata una vera e propria madre spirituale, cioè colei che più di ogni altro ha contribuito a trasmettere ed accrescere in me la fede cristiana e l’amore per la Chiesa, nonché – indirettamente – la vocazione al presbiterato.
Logos – Nell’omelia ha parlato anche di Maria come collega. Ci permettiamo di aggiungere “più anziana”. C’è un episodio che vuole raccontarci degli anni trascorsi assieme al Liceo Classico “Duni Levi”?
Mons. Rocco Pennacchio – Ho condiviso con lei l’insegnamento della Religione Cattolica al Liceo Classico dal 2001 al 2011, dove lei lavorava già da alcuni decenni. Gli alunni erano molto affezionati a Maria non solo per la competenza ma anche per la tenacia e l’affetto con i quali proponeva i contenuti di un insegnamento che, come sappiamo, conquista sul campo la sua autorevolezza. Non ricordo episodi particolari perché Maria non tendeva a mettersi in mostra; era una figura molto apprezzata, specie dai docenti e dai dirigenti, per le sue doti di equilibrio. Quando venivano a crearsi alcune situazioni di tensione, divisive, o emergevano casi delicati, spesso Maria aveva la parola che metteva d’accordo tutti o che aiutava a dipanare la matassa.
Logos – Come parrocchiana, Maria era punto di riferimento anche per il parroco. C’è un episodio particolare per cui la comunità potrebbe ricordarla?
Mons. Rocco Pennacchio – Tra Maria e don Nicola Colagrande (parroco a S. Paolo per 55 anni) c’era un rapporto profondo di stima reciproca, alimentato dalla corresponsabilità per la vita pastorale e favorito dalla propensione del parroco a far crescere il protagonismo dei laici nella vita della comunità e ancor più nella loro vita secolare. Episodi da ricordare ce ne sarebbero tanti; voglio far riferimento a un periodo che non è ancora stato esplorato fino in fondo: la cosiddetta “contestazione” che, sotto l’episcopato di Mons. Giordano, negli anni ’70 scosse anche la nostra diocesi e portò all’abbandono del ministero da parte di sei sacerdoti, tra cui l’allora vice parroco di San Paolo. Penso che nonostante tutto, sia stato un periodo fecondo e di maturazione per la parrocchia, anche se doloroso. In quegli anni Maria, spesso sotto traccia, ha continuato a fare Azione Cattolica anche in un ambiente ecclesiale che allora non era incline all’associazionismo e in generale a tutto ciò che era legato all’istituzione ecclesiastica. Anche quando le idee si polarizzavano e creavano tensioni, Maria ha saputo tenere attive le relazioni con tutti ed è stata un elemento di stabilità e continuità per la vita della parrocchia.
Logos – Cosa ci racconta dell’esperienza con Maria Locantore in Azione Cattolica?
Mons. Rocco Pennacchio – Con Maria ho condiviso anche tanti anni di impegno diocesano e regionale in A.C. (siamo negli anni ’80 e inizio ’90). Oltre ad incarichi di altro tipo, nei sei anni della sua presidenza diocesana è stata infaticabile nel sostenere le associazioni parrocchiali e, siccome non aveva la patente, ero io ad accompagnarla in giro per la diocesi come ai convegni nazionali. Col senno di poi, questa collaborazione mi ha aiutato in modo formidabile a conoscere la Chiesa nella quale, dopo pochi anni, sarei stato ordinato presbitero. Voglio ricordare un episodio poco conosciuto: in qualità di incaricato regionale dell’azione Cattolica rivolsi il saluto a Giovanni Paolo II a nome dei giovani lucani. Due giorni dopo, il 30 aprile 1991, fui chiamato da Mons. Appignanesi che voleva sapere da me qualche informazione in più; è noto, infatti, che alcuni passaggi di quel discorso, furono mal digeriti da alcuni politici regionali dell’epoca. Immaginando che l’incontro col mio vescovo sarebbe stato un momento delicato, chiesi a Maria di accompagnarmi e il suo contributo fu decisivo in quel momento “chiarificatore”.
Logos – C’è una frase, un messaggio, un modo di fare, un ricordo significativo attinto dalla vita di Maria valido per noi, Chiesa del 2023?
Mons. Rocco Pennacchio – Sceglierei un modo di fare: pro-muovere, nel senso di muovere le persone e le loro energie per orientarle a Cristo e al bene degli uomini.
50 anni di immagini vivide e indelebili
Testimonianza di Vincenzo Castelnuovo
Ricordare Maria è per me come aprire un album di foto di cinquant’anni. Ce ne sono tante, piene di volti che palpitano, vivono, crescono. Anni belli non solo perché eravamo giovani, ma perché molto impegnati in uno scopo grande e condiviso, uno scopo che ci assorbiva totalmente, me come gregario, Maria come apripista, e ancora tanti altri in cordata. In Azione Cattolica, il grande amore di Maria. L’Azione Cattolica è stato il suo lavoro quotidiano, la sua agenda. Già giovanissima impegnata in diocesi e poi come Consigliere Nazionale del settore giovani, si è prodigata tantissimo per l’associazione. Si sbaglierebbe però a pensare Maria come agit-prop dell’A.C.I. Lei sapeva ben parametrare le cose: intelligente, lucida, sapeva distinguere i fini dagli strumenti. E se amava lo strumento associativo dell’ACI è solo perché c’era l’amore più grande per Cristo, il suo Signore, l’Unico degno d’amore vero. A questo punto è scontato dire che amava la Chiesa, Corpo Mistico di Cristo, sua Sposa. Ecco allora come le cose si fondono e confondono: amare Cristo nella sua Chiesa, realtà umana/divina, e servire la Chiesa tramite l’Azione Cattolica, associazione laicale, fatta da uomini e donne, giovani e ragazzi, genitori e anziani. E Maria si perdeva, anzi si “spendeva” per questi settori (detti così nell’organigramma associativo) e li seguiva, curava, soprattutto li formava e promuoveva. Sì, è così: è stata una grande educatrice, zelante, instancabile e appassionata. Era lei a tenere il filo diretto fra il centro nazionale-romano e il territorio diocesano, senza trascurare la parrocchia di San Paolo Apostolo in Matera dove era di casa, anzi era la padrona di casa. Se don Nicola Colagrande era il Parroco, Maria era stata promossa sul campo, a furor di popolo, ‘viceparroco’. Noialtri operatori parrocchiali avevamo, magari, un solo gruppo settimanale da guidare e animare; Maria ne aveva almeno tre fra ACR (azione cattolica ragazzi) e gruppo adulti. Per amore dell’ACI? NO! Per l’annuncio di fede, per il cammino di iniziazione cristiana e di crescita nella fede, per l’esperienza di vita di fede e di rinnovo delle promesse battesimali; per amore a Cristo. Ed insegnava a scoprire Lui nelle strade della nostra città, a riconoscerLo nelle nostre situazioni di vita, nelle nostre piccole ed opache storie di ragazzi, giovani, mamme e papà, perché esse potessero divenire grandi “storie di pace”, come ci racconta la foto di diversi anni fa, ripescata per ricordarla nel giorno delle esequie.
È superfluo ricordare che nei tanti anni di impegno sul campo ha ricoperto tutti gli incarichi ai diversi livelli: parrocchiale e diocesano, regionale e nazionale. Anni densi di vita ecclesiale: lettere circolari, visite nei paesi per incontrare i diversi gruppi, corsi e scuole di formazione, campi-scuola estivi, assemblee parrocchiali e diocesane, ‘festa del ciao’ a ottobre, marcia della pace a gennaio. Il calendario era sempre fitto di appuntamenti e l’entusiasmo era al massimo. Non è possibile ricordare qui i tanti e tanti amici che a diverso titolo collaboravano perché l’associazione avesse sempre più un caldo respiro familiare e di questa famiglia indubbiamente Maria era la mamma. Come tutte le mamme era ansiosa, iperattiva, apprensiva, a volte severa, ma sempre ottimista, di quell’ottimismo evangelico che spinge a seminare instancabilmente lasciando al Padrone del campo il giudizio sul raccolto.
Ed infine arrivò la malattia in un crescendo continuo che la obbligò a stare a casa negli ultimi tempi e di questo soffriva molto. Una doppia sofferenza: fisica e socio-ecclesiale. Non ho mai parlato di ciò con Maria, ma lei sapeva meglio di me che il soffrire non è mai senza senso se, nella dinamica di fede pasquale, rientra nel mistero grande di salvezza. Offrire il proprio dolore per la Chiesa significa unirlo al dolore salvifico redentivo di Cristo suo Sposo. E ci conforta poter pensare che il dolore di Maria non sia stato inutile, ma darà i suoi frutti e questi avranno il sapore del pane buono e i colori della pace.
A Dio, Maria! Sei nata al cielo quando il Figlio di Dio nasceva fra gli uomini! Potrai presentarti davanti al trono del Re con i doni dei magi: l’oro della tua profonda fede, l’incenso della tua preghiera e la mirra della tua sofferenza.
Testimonianza di Franco Vespe
Maria è tornata alla casa del Padre. Una donna che ha lasciato la sua impronta nella mia vita come in quella di tanti altri che hanno avuto la fortuna di incontrarla. È stata da sempre presente nella mia vita ma ho avuto modo di “incontrarla nel profondo” nella mia adolescenza: murato vivo su di un letto per mesi, si prestò a darmi lezioni di Italiano e Latino perché non perdessi l’anno scolastico.
Si rivelò un’insegnante severa, al limite del brutale, feroce nell’usare la matita blu per segnalare i tanti miei errori di ortografia. Faceva benissimo per carità!
Con Lei era difficile spuntare la sufficienza e solo un’unica volta toccai un 7.
Tuttavia, dopo ogni sua lezione giornaliera, accadeva una cosa straordinaria. Si fermava a chiacchierare con mia madre che aveva appena terminato le faccende di casa.
Proprio in quel momento si riaprivano le “lezioni” di santità che poi hanno scandito la mia crescita. Gli argomenti erano i più vari. Si parlava di amore, di famiglia, di fede, di contenuti evangelici, di rapporto uomo – donna, di giovani, ma tutti dialoghi illuminati dalla loro straordinaria sapienza e saggezza ispirata dalla fede in Cristo. Io rimanevo ad ascoltarle per ore nel più assoluto silenzio, affascinato dalla loro straordinaria e misericordiosa austerità morale, capace di fare emergere le corde più intime, profonde, belle e gioiose della vita e dell’uomo. Insomma mi hanno fatto conoscere quell’antropologia evangelica che avrebbe poi segnato la mia vita.
Vivere quei momenti lo ritenevo un vero privilegio. Forse a me Cristo in quel momento mi concesse quello che negò a Pietro nella Trasfigurazione: fare tre capanne: una per Cristo, una per Mosè ed una per Elia per ammirare e fissare per sempre nella memoria questo sfolgorante incontro. Maria, segretamente compiaciuta, capì che il mio silenzio non era apatico ma curioso. Mai la sua indole burbera, molto simile per certi versi a quella di San Pio, ha concesso alcun cedimento a sentimentalismi! “Franco sa ascoltare!”, commentava laconica con mia madre. Nella tristezza del mio stato quelle conversazioni, come per i discepoli di Emmaus, mi facevano “ardere il cuore nel petto”.
Non dimenticherò mai la lezione che mi diede su “Il quinto evangelio” di Pomilio. Alla fine la ricerca del quinto vangelo del protagonista Bergin arrivò alla conclusione che esso è quello scritto dallo Spirito Santo che ci spinge a cercare incessantemente il volto di Cristo nella storia degli uomini. Da lì iniziò la mia ricerca ed il mio cammino “pentecostale”.
Maria poi non ha mai fatto mancare la sua presenza discreta, ma sempre significativa e di grande sostegno nei momenti più drammatici della mia vita familiare precedente come dell’attuale.
Lo so, Maria, che da lassù mi stai rimproverando (non può essere altrimenti!) per queste poche righe scritte che rievocano quanto significativa è stata la tua impronta nella mia, come nella nostra, storia. Le ho scritte perché la santità deve essere segnalata per creare sequela e sappia farsi largo nella storia.
Arrivederci, Maria, sperando di poterti raggiungere un giorno lassù e godere ancora di quelle splendide “tende parlanti” che mi hanno tanto consolato e fatto ardere il cuore.
P.S. Se oggi i miei scritti sono leggibili è anche grazie alla sua matita blu!
Testimonianza di Donatella Emma
Ci sono persone che segnano profondamente la tua vita senza imporsi, ma condividendo e accompagnando il tuo percorso esistenziale. Maria Locantore è stata per me una preziosa compagna di viaggio, presenza discreta, sempre pronta ad ascoltare e orientare il mio vissuto. Dotata di un notevole spessore spirituale e culturale, non ha mai ostentato le sue competenze e certezze di fede, ma è vissuta nella costante ricerca di cogliere la complessità della storia e potenziare la sua fede per renderla sempre più matura e incarnata. Mi stupiva, durante i convegni ecclesiali o gli incontri formativi di Azione Cattolica, vederla intenta ad annotare con cura quanto dicevano i relatori perché convinta di dover sempre imparare e scoprire qualcosa di inedito che le mancava. Un grande esempio di umiltà per me e uno sprone ad accrescere la mia formazione. La libertà da qualsiasi pregiudizio le consentiva di dialogare con tutti, anche con i cosiddetti lontani dalla fede o di diverso credo religioso, culturale, politico, in tutti scorgeva semi di bene da portare alla luce e valorizzare. Esigente con se stessa, era misericordiosa con gli altri ed esercitava una paziente opera di mediazione in qualsiasi situazione problematica. Non ci si accorgeva della sua presenza nelle diverse iniziative perché non era autoreferenziale, ma il suo contributo non mancava mai. Maria si è spesa senza riserve a livello ecclesiale, da laica obbediente ma non clericale, intenta a promuovere la comunione e a costruire una Chiesa senza steccati, aperta al mondo. L’Azione Cattolica ha avuto il privilegio di averla come riferimento a diversi livelli e di avvalersi delle sue competenze nell’ambito della catechesi. Tante generazioni sono state accompagnate nella loro crescita umana e spirituale dalla sua incessante e autorevole azione educativa, tanti hanno fatto esperienza della sua capacità di tessere relazioni significative, attente alla storia personale di ognuno.
Gli ultimi anni della sua vita, segnati dalla sofferenza, non l’hanno mai portata a chiudersi in se stessa: ha continuato a coltivare il desiderio di essere informata su tutto e di partecipare alla vita delle persone. Quando la malattia le concedeva una breve tregua e riusciva a parlare, mi telefonava per chiedermi come stavo o incoraggiarmi in qualche circostanza difficile della mia vita.
Cosa dire di più di questa cara amica e della sua santità espressa senza clamore nella vita ordinaria? Un semplice grazie perché sono sicura che mi direbbe di aver esagerato parlando di lei. Grazie, Maria, ora riposa in pace contemplando il volto di Dio che hai tanto amato e continua a pregare per la Chiesa tutta e per il mondo.
Testimonianza di Nino Ferrara e Marinella Battifarano
Maria Locantore è stata un dono per chi l’ha conosciuta.
Per la sua famiglia, che ha amato teneramente ed esigentemente, ma senza considerarla un bene esclusivo. La sua casa era aperta a parenti e ad amici nei momenti di festa, ma anche nel tempo delle visite ai suoi anziani genitori. Padre e madre erano lieti di aprirsi a nuove amicizie e comunicavano sapienza antica, accogliente gioia, segno di una civiltà quotidiana spesa nell’assoluta gratuità.
Per la Chiesa, spendendo la vita al servizio della realtà diocesana, dell’Azione cattolica e del quartiere, incarnando quella spiritualità dell’hic et nunc e quello stile di vita appreso in famiglia e nell’associazione sin da bambina. Quando camminava sempre a piedi per le vie della città, molti la salutavano e avevano il piacere di fermarla. Ha svolto con sapiente puntualità ogni incarico ecclesiale e civile, sapendo leggere il cammino della Chiesa e i cambiamenti della società alla luce della sua cultura biblica, conciliare e pedagogica.
Nella scuola, in parrocchia, per la strada, nella concretezza delle situazioni e dei ruoli in cui con passione ha attuato il suo compito educativo, curando quel rapporto inter-personale che fa sentire ogni interlocutore unico e irripetibile. Sapeva con naturalezza dar ragione della sua fede, mai ideologica, ma incarnata, quasi politica, dando a questo termine un valore di impegno per ciascuno e per tutti, nella concreta speranza di una fraternità cristiana e universale.
Per gli amici, che sapeva coinvolgere nelle diverse attività, promuovendo così una crescita umana ed ecclesiale notevole. Chiunque lavorava con lei assimilava automaticamente competenza, amore per la ricerca ed entusiasmo. È rimasta memorabile una novena di Natale preparata per i bambini e i ragazzi della parrocchia. Tutto il quartiere con le rispettive famiglie, artigiani e contadini fu coinvolto: chi stimolò la creazione, chi preparò la fornace ardente di Mosè, chi interpretò Giovanni Battista e i tanti personaggi del presepe, sempre in chiave biblica, tanto che risultò una originale ed efficace preparazione all’Evento Salvifico dell’Umanità.
Donna elegante, fiera e umile ha amato il ruolo della laica cristiana senza etichette, alla ricerca costante di un dialogo costruttivo con la modernità.
Grazie, Maria.
Ricordo di Pia Manicone, collega per tutti gli anni di insegnamento di Maria presso il Liceo Classico ‘E.Duni’
Ho ripensato a Maria Locantore proprio qualche giorno prima che morisse, quando le cronache giornalistiche hanno riportato la notizia dell’evasione, nel pomeriggio di Natale, dei sette giovani del ‘Beccaria’ a Milano. Una sera di non so più quanti anni fa, di ritorno da scuola dopo un consiglio, durante una delle nostre conversazioni nel breve tragitto in macchina verso casa, non ricordo per qual motivo si parlava della detenzione nelle carceri ed io ebbi a dire, spontaneamente, che occorreva costruire nuove carceri. Prontamente, con garbo ma decisione, Maria ribatté che, invece, le carceri bisognava svuotarle.
Ecco: Maria era così. Ferma, ma garbata. Rispettosa delle idee altrui, ma altrettanto decisa nell’affermare le proprie. Equilibrata e serena.
Sempre sorridente, affabile e gentile, ma autorevole. Discreta, ma attenta.
“Che fai ancora qui?” mi ammonì, con piglio affettuoso, alla vigilia del mio matrimonio, quando, di corsa, la incrociai tra le scale, tra un piano e l’altro, a scuola. Mai una parola sopra le righe. A suo agio in ogni situazione.
Interlocutrice acuta, sapeva cogliere con immediatezza il nocciolo delle questioni, con interventi sempre opportuni ed adeguati, dando prova di intelligenza e maturità di giudizio. Rispettosa dei ruoli e delle competenze. Schietta e lineare nel pensiero e nelle parole.
Il suo aspetto, sempre ordinato, rifletteva il suo stile di vita composto e riservato.
Una figura luminosa di donna, insegnante, collega. Una bella persona. ‘Indimenticata da colleghi e studenti’, come la nostra scuola l’ha ricordata.
Continuerò a ricordarla con piacere e il rimpianto, come spesso accade, di non esserle stata più vicino dopo la nostra esperienza di insegnamento insieme.
Testimonianza di Valentina Manicone, ex alunna di Maria Locantore, ora docente nelle scuole secondarie in Provincia di Matera
“Una terra promessa, un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri”. Mi viene in mente questa canzone arcinota di Eros Ramazzotti. Vi chiederete perché. Facciamo un passo indietro nel tempo (ventidue anni… e un paio di mesi). La scuola è iniziata da poche settimane: io mi trovo in quarto ginnasio, insieme a nuovi compagni e nuovi professori. Siamo a metà mattinata ed è l’ora di “Religione”: chissà, forse qualcuno, in questo momento, si trova per caso a passare per il corridoio, a un certo punto decide di fermarsi e posa l’orecchio sulla porta della nostra aula. Sì, stiamo ascoltando proprio “Una terra promessa”: è il modo originale della nostra Insegnante di Religione, Maria Locantore, di condurre la sua lezione. Il testo della canzone di Ramazzotti, infatti, è molto significativo e ricco di spunti; e poi, si sa, la musica è il linguaggio dell’anima e fa sempre breccia nel cuore dei giovani.
Ho voluto rievocare questo momento, tra i tanti che avrei potuto raccontare, sia perché è uno dei miei primi ricordi legati alla Professoressa Maria Locantore sia perché, a distanza di anni e diventata a mia volta insegnante, credo che rappresenti una sorta di “sintesi” del suo modo di fare scuola. Attenta ai problemi dei ragazzi – come si direbbe oggi, era sempre “sul pezzo” – e sensibile verso le loro esperienze di vita, Maria Locantore ha coniugato la sintonia col mondo dei giovani al rigore scientifico della sua professione. Si documentava tantissimo sull’attualità e non si tirava mai indietro nei dibattiti, nemmeno quando, crescendo, abbiamo avvertito l’esigenza di trattare temi delicati e talora molto discussi e controversi all’interno della Chiesa. Insieme a lei, nell’aprile del 2005, abbiamo anche vissuto il momento storico della fine del lungo pontificato di Papa Wojtyla e l’inizio di quello di Benedetto XVI. E, a pensare, riaffiorano tanti altri ricordi, troppi per essere scritti tutti qui.
Grazie per averci aiutati ad essere cittadini migliori per un mondo migliore, a costruire, proprio come dice la canzone di Ramazzotti, “un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri”. Tu di certo adesso hai raggiunto la “Terra Promessa”, tra le braccia del Padre. La nostra “promessa” è che, come ci hai insegnato tu tanti anni fa, “Noi non ci fermeremo, non ci stancheremo di cercare il nostro cammino.” Mai. end
Ultimi, non per importanza, i ricordi di don Biagio Colaianni: oggi vicario generale della nostra Diocesi, nei tempi che furono, allievo di Maria al catechismo, parla di lei come di una laica efficiente e sempre a disposizione delle esigenze della Diocesi. Non meno significativo il contributo di don Filippo Lombardi, vicario per la pastorale, fatto di 50 anni di conoscenza.
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