Carissimi,
il Signore vi dia pace!
Vorrei stanotte dare voce a un sentimento profondo che credo proviamo tutti e che trova eco nel Vangelo appena proclamato: “perché non c’era posto per loro” (Lc 2,7). Come per Maria e Giuseppe, anche per noi, oggi qui, sembra che non ci sia posto per il Natale. Siamo tutti presi, da troppi giorni, dalla dolorosa, triste sensazione che non ci sia posto, quest’anno, per quella gioia e quella pace che in questa notte santa, proprio a pochi metri da qui, gli angeli annunciarono ai pastori di Betlemme.
In questo momento non possiamo non pensare a tutti quelli che in questa guerra sono rimasti senza nulla, sfollati, soli, colpiti nei loro affetti più cari, paralizzati dal loro dolore. Il mio pensiero va a tutti, senza distinzione, palestinesi e israeliani, a tutti quelli colpiti da questa guerra, a quanti sono nel lutto e nel pianto e attendono un segno di vicinanza e di calore. Il mio pensiero, in particolare, va a Gaza e ai suoi due milioni di abitanti. Davvero quel “non c’era posto per loro” esprime bene la loro situazione, oggi nota a tutti e la cui sofferenza non cessa di gridare al mondo intero. Nessuno più ha un posto sicuro, una casa, un tetto, privati dei beni essenziali di vita, affamati, e più ancora esposti ad una violenza incomprensibile. Non sembra esserci posto per loro non solo fisicamente, ma nemmeno nella mente di coloro che decidono le sorti dei popoli. È la situazione in cui da troppo tempo vive il popolo palestinese, che pur vivendo nella propria terra, si sente dire continuamente: “non c’è posto per loro”, e attende da decenni che la comunità internazionale trovi soluzioni per porre fine all’occupazione, sotto la quale è costretta a vivere, e alle sue conseguenze. Mi sembra che oggi ciascuno sia chiuso nel suo dolore. Odio, rancore e spirito di vendetta occupano tutto lo spazio del cuore, e non lasciano posto alla presenza dell’altro. Eppure, l’altro ci è necessario. Perché il Natale è proprio questo, è Dio che si fa umanamente presente, e che apre il nostro cuore ad un nuovo modo di guardare il mondo.
Non che il mondo sia sempre stato ospitale con Cristo: non è di oggi la costatazione che della fede cristiana, e del Natale cristiano in particolare, ci siano ormai poche tracce nella nostra cultura secolarizzata e consumista. Quest’anno però, soprattutto qui, ma anche nel resto del mondo, il fragore delle armi, il pianto dei bambini, le sofferenze dei profughi, il lamento dei poveri, le lacrime di tanti lutti in tante famiglie sembrano rendere stonati i nostri canti, difficile la nostra gioia, vuote e retoriche le nostre parole.
Sia chiaro: la venuta di Cristo nel nostro mondo ha aperto per noi e per tutti “la via dell’eterna salvezza”, che niente e nessuno potrà mai più chiudere. La fede, la speranza e l’amore della Chiesa di Dio sono indefettibili e riposano sulla Promessa fedele del Signore, e non dipendono dai tempi che mutano e dalle circostanze, più o meno avverse, che ci circondano.
È altrettanto evidente, però, che noi facciamo fatica, soprattutto oggi, soprattutto qui, a trovare un posto per il Natale nella nostra terra, nella nostra vita, nel nostro cuore. Quella via, aperta da Cristo, rischiamo di perderla tra le strade distrutte, tra le macerie della guerra, tra le case abbandonate. Il nostro cuore appesantito può non riuscire a sintonizzarsi con l’annuncio del Natale. Troppo dolore, troppa delusione, troppe promesse mancate affollano quello spazio interiore, in cui il Vangelo del Natale possa risuonare e ispirare azioni e comportamenti di pace e di vita.
Chiediamoci allora: dove è il Natale quest’anno? Dove cercare il Salvatore? Dove può nascere il Bambino, quando in questo nostro mondo sembra che non ci sia posto per Lui?
È stata la domanda di Maria e di Giuseppe, di fronte alla difficoltà di trovare alloggio quella notte, come abbiamo ascoltato. È stata la domanda dei Pastori, mentre cercavano il Bambino. È stata la domanda dei Magi, mentre inseguivano la stella. È stata la domanda della Chiesa tutte le volte che ha smarrito la strada. È la nostra domanda di stasera: quale è oggi il luogo del Natale?
E a risponderci sono gli Angeli. Quella notte, infatti, e in ogni notte, Dio trova sempre un posto per il Suo Natale, anche per noi, qui, oggi, nonostante tutto, anche in queste drammatiche circostanze, noi lo crediamo: Dio può fare posto anche nel più duro dei cuori.
Luogo del Natale è innanzitutto Dio. Il Natale di Cristo avviene in principio nel Cuore misericordioso del Padre. Il Suo amore infinito e inesauribile genera eternamente il Figlio e lo dona a noi nel tempo, anche in questo tempo. È nella Sua buona e santa volontà che è stata decisa la salvezza dell’uomo. “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” (Gv3, 16-17). Nelle attuali circostanze, noi, la Chiesa tutta, deve tornare a Dio, al Suo amore, se vuole ritrovare la gioia vera del Natale, se vuole incontrare il Salvatore. Prima e oltre ogni spiegazione sociale e politica, la violenza e la sopraffazione dell’altro trovano la loro ultima radice nell’aver dimenticato Dio, contraffatto il Suo Volto, usato in modo strumentale e falso il rapporto religioso con Lui, come in questa nostra Terra Santa avviene troppo spesso. Non può chiamare Dio “Padre” chi non sa chiamare “fratello” il suo simile. È ancora più vero però che non ci si può riconoscere fratelli se non si ritorna al vero Dio, riconoscendolo come un Padre che ama tutti. Se non ritroviamo Dio nella nostra vita inevitabilmente smarriremo la strada del Natale e ci ritroveremo soli a vagare nella notte senza méta, in preda ai nostri istinti violenti ed egoisti.
Anche il “sì” di Maria e di Giuseppe è però il luogo del Natale. La loro obbedienza e fedeltà è la casa in cui il Figlio è venuto ad abitare. La volontà di Dio non è un potere che sottomette e piega, ma un Amore che dispiega tutta la sua forza soltanto se accolto in fedele e generosa libertà, la libertà vera, che non è arbitrio ma responsabilità amorosa per la vita nostra e degli altri. Il Figlio di Dio, generato dal Padre, entra nel tempo attraverso la porta aperta dell’umana libertà. Dovunque un uomo e una donna dicono “sì” a Dio, lì è Natale! Dovunque qualcuno è disponibile a mettere la propria vita a servizio della Pace che viene dall’Alto e non soltanto a badare ai propri interessi, lì nasce e rinasce il Figlio. Se vogliamo dunque che sia Natale, anche in tempo di guerra, occorre che tutti moltiplichiamo i gesti di fraternità, di pace, di accoglienza, di perdono, di riconciliazione. Dirò di più: dobbiamo tutti impegnarci, a partire da me e da chi, come me, ha responsabilità di guida e di orientamento sociale, politico e religioso, a creare una “mentalità del sì” contro la “strategia del no”. Dire sì al bene, sì alla pace, sì al dialogo, sì all’altro non deve essere solo retorica ma impegno responsabile, disposto a fare spazio, non a occuparlo, a trovare un posto per l’altro e non a negarlo. Il Natale è stato reso possibile dallo spazio che Maria e Giuseppe hanno offerto a Dio e al Bambino che veniva da Lui. Non sarà diversamente per la Giustizia e la Pace: non ci sarà giustizia, non verrà la pace senza lo spazio aperto dal nostro “sì” disponibile e generoso.
Non sarebbe Natale senza i Pastori. Pure il loro vegliare nella notte appartiene al Vangelo. E sono essi i primi a trovare il Bambino. L’evangelista Luca non indugia tanto sulla loro condizione sociale quanto sulla loro interiorità. Erano i pastori, quella notte, gente sveglia, abituati all’essenziale, capaci di azione, disponibili al nuovo, senza troppi calcoli o ragionamenti e perciò pronti al Natale. In un tempo inevitabilmente segnato da rassegnazione, odio, rabbia, depressione, abbiamo bisogno di cristiani così perché ci sia ancora posto per il Natale! A questa mia amata Diocesi, ai suoi presbiteri, ai seminaristi, ai religiosi e alle religiose, ai laici e alle laiche impegnate, a tutte le comunità parrocchiali con i loro gruppi e le loro associazioni, sento di dover ricordare che noi siamo eredi di quei pastori. So bene quanto è difficile restare svegli, disponibili all’accoglienza e al perdono, pronti a ricominciare sempre di nuovo, a rimettersi in cammino anche se è ancora notte. Solo così però noi troveremo il Bambino. Ma solo questa è la testimonianza che assicura al Natale ancora uno spazio in questo tempo e in questa terra, che da qui si irradia nel mondo intero. Noi siamo qui e intendiamo continuare a essere i pastori del Natale. Coloro, cioè, che pur in condizioni povere e fragili, hanno trovato il Bambino, ne hanno sperimentato la grazia e la consolazione, e vogliono annunciare a tutti che il Natale è, oggi come ieri, vero e reale.
Carissimi, ho nel cuore un desiderio che si fa preghiera: Che la nostra volontà di bene, resa concreta dal nostro “sì” responsabile e generoso, dal nostro impegno ad amare e a servire, sia lo spazio nel quale Cristo possa nascere sempre di nuovo!
Lo chiedo per me stesso e per la mia Chiesa di Terra Santa e per ogni Chiesa: che essa sia per tutti casa, spazio di riconciliazione e perdono per quanti cercano gioia e pace! Chiedo a tutte le Chiese nel mondo, che in questo momento guardano a noi non solo per contemplare il mistero di Betlemme, ma anche per sostenerci in questa tragica guerra: fatevi latori presso i vostri popoli e i loro governanti del “si” a Dio, del desiderio di bene per questi nostri popoli, per la cessazione delle ostilità, perché tutti possano ritrovare davvero casa e pace.
Prego che Cristo rinasca nel cuore dei governanti e dei responsabili delle nazioni, e suggerisca loro il Suo stesso “Sì” che Lo ha portato a farsi amico e fratello nostro e di tutti, perché si adoperino sul serio per fermare questa guerra, ma soprattutto perché riprendano le fila di un dialogo che porti finalmente a trovare soluzioni giuste, dignitose e definitive per i nostri popoli. La tragedia di questo momento, infatti, ci dice che non è più tempo per tattiche di corto respiro, di rimandi ad un futuro teorico, ma che è tempo di dire, qui e ora, una parola di verità, chiara, definitiva, che risolva alla radice il conflitto in corso, ne rimuova le cause profonde e apra nuovi orizzonti di serenità e di giustizia per tutti, per la Terra Santa ma anche per tutta la nostra regione, segnata anch’essa da questo conflitto. Le parole come occupazione e sicurezza e le tante altre parole simili che da troppo tempo dominano i nostri rispettivi discorsi, devono essere sostituite da fiducia e rispetto, perché questo è ciò che vogliamo che sia il futuro per questa terra e solo questo garantirà stabilità e pace vere.
Rinasca allora Cristo in questa terra, Sua e nostra, e riparta da qui il cammino del Vangelo della pace per tutto il mondo! Rinasca nel cuore di chi crede in Lui, muovendolo alla testimonianza e alla missione, senza la paura della notte e della morte! E rinasca anche nel cuore di chi ancora non crede, come desiderio di pace e di bene, di verità e di giustizia!
Nasca Cristo anche nella nostra piccola comunità di Gaza. Ero solito passare qualche giorno con voi, carissimi, prima di Natale. Quest’anno non è stato possibile, ma non vi abbandoniamo. Siete nel nostro cuore e tutta la comunità cristiana di Terra Santa e nel mondo si stringe intorno a voi, che sentiate per quanto possibile il calore della nostra vicinanza e del nostro affetto.
Rinasca infine Cristo nel cuore di tutti, perché per tutti sia ancora Natale! Buon Natale!
Betlemme, 24 dicembre 2023
+Pierbattista Card. Pizzaballa
Patriarca di Gerusalemme dei Latini
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