L’intervento armato della Russia in Ucraina del 24 febbraio 2022 rappresenta, di fatto, il primo conflitto di carattere globale cui assistiamo dalla caduta del Muro di Berlino e dalla fine della cosiddetta “guerra fredda”.
Una guerra globale (e non più solo mondiale) in quanto le conseguenze negative che si sono via via sprigionate non riguardano solo chi è direttamente coinvolto nel conflitto ma si estendono anche ai paesi non dichiaratamente belligeranti. Si pensi, ad esempio, alla carenza di cibo che si è venuta a creare nei paesi più poveri del mondo a seguito del blocco dei traffici marittimi e terrestri di cereali e fertilizzanti che hanno finito per trasformare la fame in una vera e propria arma indirettamente puntata verso chi viene considerato come “nemico” o, ancora, alle forniture di energia adoperate sin dall’inizio del conflitto come strumento di ricatto politico.
Ma questa guerra ha rappresentato e rappresenta tuttora la dimostrazione tragica di come la “promessa” fattaci da tanti studiosi, economisti ed opinionisti negli ultimi cinquant’anni secondo cui il processo di globalizzazione in realtà “servisse la causa della pace”, si è drammaticamente infranta dinanzi alla realtà dei fatti: la globalizzazione, come scrive Stefano Zamagni, non fa che “aumentare le disuguaglianze sociali sia tra paesi sia tra le classi sociali entro un medesimo paese…Di qui l’impulso all’insorgenza di conflitti armati” e la percezione che solamente l’uso della forza e della violenza possano modificare l’esistente a proprio esclusivo vantaggio.
Ma, per coloro i quali la subiscono, la guerra rappresenta la rottura di un equilibrio e di una normalità spesso faticosamente raggiunti. La quiete che si interrompe improvvisamente, le vite di qualunque età che si spezzano tragicamente, il fango e le macerie, gli interni delle abitazioni squassate dai bombardamenti, i ricordi sparsi e confusi.
A circa un anno e mezzo ormai dallo scoppio del conflitto tra Russia ed Ucraina abbiamo deciso come Studio Arti Visive Ets, in collaborazione con Stefano Cavalleri, che fosse giunto il momento di mantenere viva l’attenzione su quanto è accaduto e accade quotidianamente in luoghi non tanto distanti da noi provando a tessere un racconto fatto di immagini raccolte da chi la guerra l’ha vista e l’ha vissuta a diretto contatto con la popolazione ucraina.
Il panico, la paura, il vuoto e l’incertezza sono i sentimenti che Alfredo Bosco, fotoreporter freelance di origini pugliesi, ha raccolto e documentato viaggiando nel territorio ucraino, ascoltando e fotografando la popolazione civile da Lviv fino al Donbass.
Alfredo Bosco ci mostra, attraverso gli scatti selezionati ed esposti, la realtà degli eventi concentrandosi sulla rottura della quiete piuttosto che sulla brutalità della guerra “per poter permettere – scrive – a chi è lontano di sentire i rumori e le sensazioni che si provano in questo disastro che non sta vedendo una fine”.
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