Benedetto XIII, ultimo pontefice meridionale, e la Chiesa di Cesena

Un vescovo di origini pugliesi in una diocesi che, tra varie difficoltà, ha saputo donare alla Chiesa quattro Papi, tanto da essere chiamata “madre di Papi”.

Nei commenti di questi giorni, riguardo alla nuova destinazione di mons. Antonio Giuseppe Caiazzo, è stata fatta osservare qualche criticità che sarebbe presente nella diocesi di Cesena-Sarsina che gli è stata affidata. Le maggiori preoccupazioni sono rivolte da alcuni alla situazione del clero che si è dimezzato di numero nel giro di non molti anni e che non ci sarebbero seminaristi nei quali riporre la speranza di un ricambio generazionale, un problema che per la verità è comune a non poche diocesi.

Non bisogna però farsi ingannare dalle statistiche. La vita di fede del popolo cristiano va misurata in altro modo o forse sfugge a ogni misura. Non possiamo dimenticare per esempio che negli ultimi anni, nella diocesi di Cesena, sono state trattate ben dieci cause di beatificazione e canonizzazione. Qui si tratta evidentemente di santità e non tanto di numeri, che pure in questo caso sono tutt’altro che trascurabili.

A queste cause di beatificazione istruite dal tribunale ecclesiastico di Cesena, sicuramente se ne aggiungerà un’altra, avendo la conferenza episcopale pugliese già dato il nulla osta per la causa di madre Valeria Succi, una religiosa nata a Cesenatico nel 1864 e morta in fama di santità a Mesagne, in provincia di Brindisi, nel 1922.

Da questa stessa regione, precisamente dalla vicina Gravina in Puglia, facendo un percorso inverso, proveniva Pietro Francesco Orsini, eletto vescovo di Cesena nel 1680 e futuro Papa Benedetto XIII. Anche per Orsini, nel 2017, e sempre presso la diocesi di Cesena, si è concluso l’iter per la sua beatificazione.

Spetterà alla Chiesa stabilire se sia santo questo Papa che sarà l’ultimo dei Papi a provenire dall’Italia meridionale. Qui vogliamo comunque riprendere l’itinerario spirituale di questo pontefice che, come vescovo, è stato certamente una delle figure più significative della Chiesa cesenate.

Come si diceva, la sua storia comincia a Gravina in Puglia. Pietro Francesco nasceva in una delle più importanti famiglie della nobiltà del tempo. Una famiglia che aveva notevolmente incrementato le proprie ricchezze ai tempi del nonno di Pietro Francesco, omonimo, uomo “con la passione delle armi”, attività che evidentemente già a quei tempi doveva essere ben remunerativa. Il padre Ferrante, invece, pensò di impiegare le consistenti risorse familiari per il bene dei fratelli più bisognosi. Impegno cui, morto Ferrante, rimase fedele la moglie Giovanna, donna devotissima.

Quando venne a mancare il padre, Pietro Francesco aveva appena otto anni e spettò alla madre la reggenza del feudo. Raggiunta la maggiore età però, sorprendentemente, egli rinunciò a ogni privilegio dinastico, abbracciando la vita religiosa, col nome di fra’ Vincenzo Maria.

Successivamente, non senza una certa resistenza accettò l’elezione a vescovo, abbandonando la vita monastica. Fu alla guida delle diocesi di Siponto, all’epoca molto importante, poi di quella di Cesena e infine di Benevento, lasciando in ognuna di queste diocesi una duratura impronta della sua azione pastorale. Se mons. Orsini sia stato un santo vescovo si vedrà. Si può comunque dire che Orsini è stato un vescovo, e così sarà anche per il suo pontificato, che sapeva bene quello che doveva essere un buon vescovo. Come fu per Cristo stesso, “omnia fecit bene” – ha fatto bene ogni cosa.

Le impronte più significative del ministero di Orsini rimangono proprio a Cesena dove mise mano con decisione alla riforma del clero e alla fondazione di opere sociali. Ma, soprattutto, qui tenne accesa la fiamma della fede; fiamma che, alimentata dall’intensa spiritualità del vescovo, divampò letteralmente. Tanto che poco dopo da Cesena verrà Giovanni Angelo Braschi che sarà Papa col nome di Pio VI. Come da Cesena sarebbe arrivato Pio VII che a Pio VI successe nell’anno 1800. Anche Papa Pio VIII che regnerà dal 1829 veniva dalla sede episcopale di Cesena. Quattro Papi provenienti dalla stessa diocesi. Per questo la Chiesa di Cesena, ancora oggi, viene chiamata “madre di Papi”, come ha ricordato lo stesso mons. Caiazzo nell’omelia della messa di congedo dalla diocesi di Matera-Irsina, il primo marzo scorso.

Benedetto XIII fu, indubbiamente, un uomo di profonda spiritualità ma anche di grande preparazione culturale, combattendo in maniera energica la piaga dell’ignoranza del clero e richiamando altrettanto energicamente il rispetto delle disposizioni emanate al riguardo dal Concilio di Trento. Fu per questo chiamato il “Borromeo del Mezzogiorno”.

Seppe bene come disciplinare la vita della Chiesa – ancora troppi vescovi, disattendendo alle norme tridentine, non osservavano l’obbligo di residenza – avviò la consuetudine, che ancora oggi viene osservata, delle Visite “ad limina” dell’episcopato presso la sede di Pietro.

Non fu certo molto popolare tra il clero dell’epoca. E se ne può comprendere bene la ragione; Benedetto abbandonò definitivamente i fasti dei papi del rinascimento, rifiutandosi di vivere negli appartamenti papali. Volle per sé soltanto una piccola stanza arredata con un semplice letto, un inginocchiatoio, una sedia e un tavolino. Conservò il titolo – caso rarissimo – di vescovo di Benevento, ultima sua sede episcopale che continuò a governare, per rimarcare l’idea che il Papa non è altro che un semplice vescovo.

Non raramente Benedetto XIII dismetteva temporaneamente la veste papale per indossare il saio domenicano dell’ordine mendicante. Così andava incontro ai bisognosi, facendosi accompagnare sempre da un assistente pronto a prendere nota di tutte le eventuali lagnanze rappresentate dal popolo che avvicinava. Per questo, come ricorda VaticanNews, Benedetto XIII si è meritato il titolo di “compagno dei poveri”.

Non fu certo popolare, come si è detto, tra quella parte del clero che voleva evidentemente conservare quei privilegi che soprattutto la riforma agraria voluta dal Papa metteva a repentaglio. Secondo alcuni, questa è stata la vera ragione dell’ostilità manifestata in passato verso il felice esito della sua causa di beatificazione. Un ostracismo che la Chiesa di Cesena, con la definitiva conclusione di una causa di beatificazione durata tre secoli, ha voluto rompere. Così che, paradossalmente, anche il tenere impegnati i tribunali ecclesiastici per così tanto tempo è stato visto come un segno del perdurare nel tempo della fama di santità di Benedetto XIII.

Si è detto anche che questo Papa è stato un Papa che sapeva bene cosa debba fare un buon Papa. Tante cose si potrebbero dire a questo proposito. Ci limitiamo soltanto a ricordare che canonizzò alcuni tra i più grandi santi della Chiesa, tra i quali san Giovanni della Croce, san Luigi Gonzaga, san Giovanni Nepomuceno, san Vincenzo de’ Paoli.

Di Benedetto XIII, il cardinale Angelo Amato che fu Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, disse: «Le sue passioni erano il Vangelo, il bene delle anime e lo splendore spirituale della Chiesa».

Benedetto XIII e il suo stemma
Sulla sinistra, ritratto eseguito da Pier Leone Ghezzi

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Paolo Tritto

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