Con la festa del Battesimo del Signore termina il tempo di Natale e, stasera, inizia il tempo ordinario. Sì, non è l’Epifania – del 6 gennaio – che “tutte le feste porta via”. Oppure S. Antonio Abate, quando, secondo una tradizione, si “rompe” il presepe. Oppure, ancora, la Candelora, per cui per un’altra tradizione il presepe si lascia sino al 2 febbraio. Liturgicamente è oggi, la domenica dopo l’Epifania, lo spartiacque tra il tempo natalizio, in cui abbiamo contemplato Gesù bambino, e il tempo cosiddetto “ordinario” in cui vediamo Gesù adulto, nell’ordinario della sua attività di “portare il lieto messaggio ai poveri, proclamare la liberazione dei prigionieri, donare la vista ai ciechi e la libertà gli oppressi” (cf Lc 4,18; Is 61,1-3).
Oggi, in particolare, a 18 giorni dal Natale, vediamo Gesù trentenne, sulle rive del Giordano, in attesa di essere battezzato da Giovanni. Alla vigilia della sua attività pubblica, dopo il tirocinio domestico spirituale durato 30 anni. Un tempo di preparazione per giungere alla piena maturità umana, trascorso nell’obbedienza ai genitori, nell’operosità nella professione che il padre gli ha trasmesso, nell’assiduità della meditazione della Torah. Sì, 30 anni di vita di Gesù sono sintetizzati in due settimane e mezzo, come l’intera storia della salvezza è sintetizzata in un anno liturgico.
È un’epifania anche la festa di oggi
E lo sarà anche domenica prossima! Quest’anno stiamo vivendo tre celebrazioni, l’una di seguito all’altra, in cui Gesù si manifesta. E cos’è l’Epifania se non la manifestazione del Signore?
Da bambino, Gesù si manifesta ai popoli tutti della terra, raffigurati dai lontani magi, il 6 gennaio; poi, nella festa di oggi, da adulto, a coloro che andavano a farsi battezzare; infine, ancora da adulto, tra i suoi amici e parenti, alle nozze di Cana, domenica prossima.
Lasciamo allora che Gesù si manifesti anche a noi, vivendo in modo pieno le celebrazioni di queste domeniche, e che, attraverso la trasfigurazione che opera la stessa liturgia in noi, anche noi diventiamo manifestazione di lui. Di questo ha bisogno il mondo d’oggi.
E un metodo per rendere ciò possibile è, come tra poco – anche quest’anno – ci ricorderà il Santo Padre, è far memoria della data del nostro Battesimo, istante “zero” della nostra vita di fede, e assieme ad essa del nostro percorso di fede.
Un tuffo che ci unisce alla morte e risurrezione di Cristo
Qualcuno forse non lo sa, ma “battesimo” vuol dire “tuffo, immersione”, sebbene l’attuale modalità con cui il Battesimo viene amministrato, per infusione (o addirittura per aspersione), invece che nella forma più simbolica dell’immersione, ci fa perdere parte del significato del segno che esso rappresenta. E il tuffo è oltre che richiamo forte al lavacro di purificazione che il battesimo rappresenta e alle acque del diluvio universale da cui emerse la vita nuova, ancor più alla discesa di Cristo sotto terra, negli inferi, e alla sua riemersione che fu la resurrezione.
L’ottavo giorno, quel giorno che supera i sette della settimana “terrena”, sensibili all’uomo della carne: ecco la forma ottagonale di tanti battisteri in cui il battesimo era amministrato.
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