Autonomia differenziata ed Egoismo dei ricchi

Nei giorni scorsi la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge d'iniziativa governativa sull'Autonomia differenziata ed ora con i suoi tempi di attuazione attenderemo le conseguenze negative soprattutto nei territori fragili, in particolare quelli meridionali. La paura è quella di un progressivo dissolversi dell'Unità nazionale.

Ieri è stata approvata definitivamente la legge sulla Autonomia differenziata. Proviamo a spiegarla con parole semplici.

L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA altro non è che l’attribuzione alle regioni ordinarie – che ne faranno richiesta – di una podestà legislativa su  materie oggi  a legislazione concorrente (cioè  di competenza sia dello Stato che delle Regioni) e il trasferimento delle relative risorse finanziarie.

Essa trae origine dalla riforma degli anni ’90  del Titolo V della  Costituzione fatta da un governo di Centro Sinistra che con l’art. 116 stabilisce che possono essere attribuite alle Regioni 23 materie quali ad esempio Scuole, Ambiente e Tutela del Territorio, Servizio Idrico, Sanità, Politiche del lavoro, Attività produttive, Agricoltura che di conseguenza porterebbe ad un Paese smembrato della sua unità nazionale con venti sistemi scolastici diversi, 20 differenti cure sanitarie ed incentivi alle imprese…, insomma per dirla con le parole del prof. Gianfranco Viesti – noto economista – un PAESE ARLECCHINO!

E’ un cavallo di battaglia della Lega di Salvini che di fatto sostituisce la “secessione padana” di Bossi  con la secessione finanziaria, non a caso le due regioni che per prima hanno chiesto l’autonomia su tutte le 23 materie sono la Lombardia e il Veneto cui si è accodata successivamente l’EMILIA ROMAGNA (forse per arginare la deriva secessionista della Lega) con sole 16 materie. Lo stesso termine è espressione di un concetto egoistico: sono autonomo, non dipendo da nessuno, mi tengo tutti i soldi e il mio territorio è differente da un altro. Questo pensiero esprime In sostanza un senso di insofferenza del Lombardo Veneto e in parte dell’Emilia Romagna verso qualsiasi politica di riequilibrio dei territori nella cosiddetta PEREQUAZIONE!  E’ stato calcolato che su un totale annuo di 750 miliardi di gettito fiscale incassato dallo Stato verrebbero a mancarne 190 trattenuti dalle tre Regioni.  (S.E. & O.)

Tradotto in termini semplici cosa vuol dire: le tre regioni, che poi sono le più ricche, mirano ad ottenere la quota massima del residuo fiscale e cioè la differenza fra il loro gettito fiscale (allo Stato) e quanto trasferito loro  dallo Stato.  (Es. pagano 100 di tasse e ricevono 70 dallo Stato che destina il restante 30 a sostenere le Regioni piu’ povere. Loro, invece, chiedono che almeno il 90% del restante 30 rimanga nelle loro casse.  Quindi, le risorse devono rimanere  dove sono generate, salta il principio costituzionale che tutti i cittadini hanno gli stessi diritti e viene sancito il principio che i cittadini più ricchi hanno diritto a più risorse e a migliori servizi. L’Egoismo dei ricchi contro quello che il Prof. Viesti chiama il Teorema meridionale, secondo cui i soldi trasferiti al Sud sono spesi male ed in modo clientelare. E’ la solita mistificazione dei ricchi secondo cui i poveri sono colpevoli della loro povertà, dimenticando che se il Nord è ricco lo deve anche alle braccia e alle intelligenze di tanti uomini e giovani laureati meridionali. In questo modo  avremo al Sud serissimi problemi sulla Sanità e la Scuola, tanto per citarne i più importanti.

I difensori della Riforma (ci si chiede come mai un partito centralista come FdI voglia spaccare l’Italia) invece fanno presente che prima dell’attuazione della stessa, devono essere individuati in modo chiaro e soprattutto finanziati (non si capisce con quali risorse) i famosi LEP (livelli essenziali di prestazioni) che sono gli indicatori dei diritti civili e sociali che per legge devono essere garantiti a tutti i cittadini. A questo proposito molti sono i dubbi e soprattutto più che di livelli essenziali (quindi minimi) si dovrebbe parlare di livelli EQUIVALENTI per i cittadini del Nord e del Sud.

La Santa Sede per il tramite della CEI ha espresso fermissima condanna su questa riforma. Il Card. Matteo Zuppi qualche mese fa così si esprimeva: “L’Autonomia differenziata è un meccanismo di ulteriore impoverimento del Sud, si indebolirà ancora di più la solidarietà e il tessuto sociale del Mezzogiorno”. Mons. Domnico Battaglia (Arcivescovo di Napoli) in una sua intervista affermava: “come Vescovo e Prete non posso tacere che stanno soffiando venti del peggior egoismo, con le regioni del Nord che vogliono spaccare il Paese”.

Mons. Francesco Savino (Vice Presidente della Conferenza Episcopale Italiana) definisce l’Autonomia differenziata “come la madre di tutte le ingiustizie che vuole disegnare un’Italia spaccata dalla disparità sociale”. Infine Mons. Filippo Santoro (Vescovo emerito di Taranto) parla addirittura di “BOCCONE AVVELENATO”.

Lo scorso 29 aprile a Ferrandina si  tenuto un importante e partecipato  convegno, organizzato da UNITRE, sul tema “Autonomie Regionali e Unità Nazionale” avente come relatore il prof. Viesti, autore del libro “Contro la secessione dei ricchi” e con l’intervento conclusivo di Mons. Antonio Giuseppe Caiazzo (Arcivescoco di Matera-Irsina e Vescovo di Tricarico) il quale testualmente affermava “Chi è a favore dell’autonomia differenziata è contro il Vangelo”. Contro cioè il principio della fratellanza umana e cristiana.

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Mario Di Biase

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