Affreschi presenti nell’ex Convento francescano di Pomarico

Gli affreschi, restaurati grazie al contributo economico di una famiglia americana di origini pomaricane, sono ben custoditi e resi fruibili grazie anche all’intervento dell’amministrazione comunale che permette ogni giorno al visitatore di addentrarsi tra le più interessanti bellezze del patrimonio storico-artistico di Pomarico.

Per introdurre l’argomento è necessario fare un riferimento archivistico che possa spiegare e dare senso alla descrizione delle opere di cui si parlerà nel seguito.

Notaio Cesare Petrarca 1604 f.84:
[…]Convenzione tra Notaio Geronimo Minore, Sindaco e tra Gio. Martino di S. Nicola e m.stro Luzio di S. Nicola su la fabrica del Monistero de PP. Riformati in c.a. la Piana, o sia S. Sebastiano, secondo il modello del Monistero de Cappuccini di Grottole […].

Uno stralcio della convenzione tra parti per la realizzazione dell’ex convento e della chiesa di sant’ Antonio da Padova a Pomarico edifici che rappresentano alcune delle principali attrattive del paese. Fortunatamente le modifiche apportate nel corso degli anni, comprese quelle che si ebbero con il passaggio della Riforma o con la soppressione degli Ordini monastici nel XIX secolo, non hanno alterato la struttura del complesso conventuale e nonostante gli usi diversi a cui il convento si è prestato, oggi sede municipale, si manifesta ancora leggibile nelle sue originali parti architettoniche.

L’orientamento dei corpi di fabbrica era stato progettato per meglio sfruttare la luce solare: la chiesa posta nella zona più fredda in modo da proteggere il convento dai venti e gli ambienti comuni del pianoterra come refettori, cucine, foresterie che si affacciavano sui due clastrum dovevano essere più esposti alla luce. Al piano superiore, invece, trovavano alloggio le celle del frati. Tutto è rimasto intatto. Malgrado lo storico, monaco e abate Ferdinando Ughelli asserisce che il monastero pomaricano sia sorto sui ruderi di un vecchio cenobio fatto edificare da san. Francesco in persona quando transitò per queste strade diretto in Palestina, non ci sono notizie certe né su tale avvenimento né sulla preesistente struttura muraria del primordiale ritiro.

Perché un Convento francescano a Pomarico?
Era certa, già nel Seicento, la notizia di un miracolo in terra pomarici, in quanto scritto in una delle opere redatte dal primo biografo di san Francesco, Tommaso da Celano (1190-1260) dove si racconta di una mamma la quale riebbe viva l’unica figlia, morta in tenera età, grazie all’intercessione del santo. Tale miracolo è riportato graficamente nella chiesa di san Francesco a Pietrapertosa negli affreschi realizzati nella prima metà del Cinquecento da Ioannis Luce de Ebulo in cui si nota chiaramente il santo leggermente chinato raffigurato nell’atto di benedire la donna e la figlia ormai resuscitata. In basso in una didascalia si legge: On. S.F. Resvscitao vna figlola ad Pomarico.

Interessanti sono gli affreschi scoperti di recente tra le pareti del vestibolo di accesso al convento pomaricano sotto uno spesso strato di scialbatura che paradossalmente ha conservato quasi interamente i dipinti serbando per secoli questo meraviglioso patrimonio artistico.

Un repertorio iconografico curioso che grazie all’iscrizione posta sotto una delle scene raffigurate ne riconosciamo il committente: A devozione di Lorenzo D’Amieno, un rinomato notaio pomaricano attivo sul territorio tra il 1724 e il 1763. Gli affreschi rappresentano scene tratte dalle storie di Santa Chiara descritte da Tommaso da Celano e una delle storie della Vita della Vergine. Le quattro lunette sono intervallate da tondi con raffigurazioni di santi dell’Ordine dei Minori, martiri del Marocco. Ben visibili sono le iscrizioni: S. Leone Martire e Sant’Angelo Martire, riconducibili appunto al nucleo dei 7 frati calabresi che nel 1227 partirono come missionari del Vangelo tra i maomettani, condannati quasi tutti alla decapitazione per non aver abiurato alla fede cristiana.

Nelle lunette della parete destra vengono raffigurati due episodi: La nascita della Vergine e una scena ancora poco chiara. Per quanto riguarda La nascita della Vergine la prima fonte che racconta l’evento è il cosiddetto Protovangelo di Giacomo secondo il quale Maria nacque a Gerusalemme nella casa nobile di Gioacchino ed Anna. La scena è stata arricchita da elementi folclorici che denotano una classica scena di “genere” a danno del senso teologico della scena “sacra”, ma importanti per rendere la rappresentazione quanto mai terrena. Con grandissima compostezza, nella sua silenziosa gioia, su una sedia è seduta Anna. La Vergine si trova tra le braccia di una ancella che la prepara per il primo bagnetto, pronto è anche un asciugamano bianco per avvolgerla subito dopo. La bimba è nuda con il nimbo a sottolineare colei che dal primo istante della sua vita è stata eletta per essere la Madre del Figlio di Dio. Altre ancelle sono intente a portare cibi e bevande per ristorare la puerpera dopo la nascita. Nella scena che segue è evidente un uomo a cavallo e un paggio in abiti settecenteschi.

Nelle lunette di sinistra leggibili sono due episodi della vita di santa Chiara: santa Chiara Morente e il Miracolo di santa Chiara che scacciò i Saraceni.

In Santa Chiara Morente l’artista e il committente degli affreschi conoscevano la Leggenda di santa Chiara redatta per incarico di papa Alessandro IV da un frate minore dopo la canonizzazione della santa e datata 1256. Dal numero 39 al 46 viene descritta la sua malattia e il prolungato sfinimento fino alla morte. Appena appresa la notizia dell’imminente morte si affretta papa Innocenzo IV a visitare l’ancella di Cristo insieme ai cardinali e non esita a onorarne la morte con la sua presenza. Entrato nel monastero si dirige al piccolo giaciglio per impartirne il dono della piena assoluzione. Le due dita in posizione benedicente del papa sono ben visibili. Interessante sono le posizioni delle mani della santa, la sinistra sul petto e la destra con il palmo rivolto verso l’alto. Si potrebbe ipotizzare che tale atteggiamento sia riferito al verso 41, quando chiede al papa di baciargli il piede. Infatti il pontefice sembra raffigurato proprio nell’atto di porgergli il piede intuendo, dal panneggio, la gamba destra sollevata.

Nel Miracolo di santa Chiara che scacciò i Saraceni si legge del prodigio avvenuto nel 1240 quando i saraceni al soldo dell’imperatore Federico II di Svevia irrompono nel Monastero fin dentro il chiostro. Chiara sofferente si fa condurre di fronte ai nemici pregando con la cassettina contenente il Santissimo Sacramento, prostrandosi in adorazione e supplicando il Signore di proteggere le monache indifese. Una voce di bambino proveniente dalla teca eucaristica risuona: “Io vi custodirò e difenderò sempre” e la schiera dei saraceni retrocede senza causare alcun danno.

Gli affreschi, restaurati con dovizia dalla ditta “Ocra” di Matera e grazie al contributo economico di una famiglia americana di origini pomaricane, sono ben custoditi e resi fruibili grazie anche all’intervento dell’amministrazione comunale che permette ogni giorno al visitatore di addentrarsi tra le più interessanti bellezze del patrimonio storico-artistico del piccolo borgo.

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Milena Ferrandina e Gabriele Scarcia, Storici dell’arte

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