Nel conflitto in corso tra Russia e Ucraina, uno dei campi di battaglia più infuocati è, come sappiamo, quello della Crimea. Questa è una penisola nel bel mezzo del Mar Nero che per la sua posizione alcuni conquistatori nel corso della storia hanno provato a sottomettere. Vladimir Putin, evidentemente, si sente uno di questi conquistatori. Indubbiamente, può essere considerato tale a buon diritto, anche se non si capisce quale vantaggio il presidente della Russia abbia potuto mai ricavare dalle sue discutibili conquiste.
Per esempio, è stato annesso alla Russia l’oblast’ di Kaliningrad sul Mar Baltico, praticamente in territorio dell’Unione Europa, distante ben seicento chilometri dal confine russo. C’è chi dice che in questa maniera Putin può presidiare militarmente un’area dall’interno della stessa NATO. Infatti i paesi confinanti, la Polonia da un lato, la Lituania dall’altro, hanno aderito al Patto Atlantico. C’è anche chi ritiene che la Russia consideri l’oblast’ di Kaliningrad strategico economicamente; ma se è vero che oltre il novanta per cento delle riserve di ambra che si trovano sulla faccia della terra sono localizzate in questo territorio, ci vuole un po’ di fantasia per considerare una risorsa strategica l’ambra, una gemma che nell’antichità era pagata a peso d’oro perché si attribuivano poteri magici ma che oggi viene utilizzata soltanto in lavori di bigiotteria.
Altra “conquista” di Putin è la Transnistria, oltre il territorio dell’Ucraina e ai confini della Moldavia, a quasi mille chilometri dalla Russia. La Transnistria è una terra così povera che la sua economia può farsi consistere praticamente sull’attività di una singola azienda, la Scheriff, che gestisce una catena di supermercati, una distilleria e qualche pompa di benzina. Ma è quanto basta per far credere al signore del Cremlino, novello Carlo V, che sul suo impero non tramonta mai il sole. Una volta conquistate queste terre, succede che Vladimir Putin vi fa insediare cittadini russi per colonizzarle e successivamente indìce un referendum, dall’esito scontato, col quale si chiede alla popolazione se desidera far parte della Russia o meno.
Vladimir Putin, purtroppo, non ha mai incontrato nessuno che gli ha spiegato che le cose non funzionano esattamente così. E le conseguenze di questi errori si sono viste bene nel 2014 quando, dopo la colonizzazione della Crimea, puntuale è arrivato il referendum che, con oltre il 95 per cento dei voti a favore, decise l’annessione della penisola alla Russia e l’indipendenza dall’Ucraina.
Purtroppo non basta una dichiarazione di indipendenza perché un territorio possa essere realmente indipendente. La Crimea infatti dipendeva fortemente dall’Ucraina per molte delle necessità primarie e soprattutto perché totalmente priva di corsi d’acqua. Per esempio, fa notare Dario Quintavalle su Formiche, con i canali di irrigazione ormai a secco, «la terra arabile della Crimea si è ridotta, da 130.000 ettari nel 2013 (già una frazione dei livelli dell’era sovietica), a 14.000 nel 2017. Di conseguenza, non solo i campi della Crimea sono stati inariditi, ma le sue città sono state costrette a razionare l’acqua».
Per giunta, il continuo forzato insediamento di numerosi altri gruppi di colonizzatori russi sulla penisola ha reso sempre più drammatico il problema dell’approvvigionamento idrico, creando una situazione veramente esplosiva e provocando enormi tensioni sociali. Basti pensare che, per far fronte alle necessità della popolazione, l’acqua potabile deve essere trasportata dalla Russia.
E non soltanto l’acqua, evidentemente. Cosa non facile per una penisola rimasta completamente isolata dal resto del territorio continentale, tanto che si è dovuto costruire un ponte stradale e ferroviario per collegare la Crimea alla penisola di Taman’, che si allunga dall’opposto litorale del Mar Nero; un ponte che con i suoi diciotto chilometri è, in assoluto, il più lungo d’Europa. Al di là della retorica del Cremlino – Putin ha attraversato trionfalmente per primo il ponte alla guida di un pesante tir nel giorno dell’inaugurazione – la realizzazione dell’opera ha pesato considerevolmente sulle casse statali.
Si comprende bene come tutte queste cose rendano estremamente onerosa per la Russia l’amministrazione della Crimea. Oggi Vladimir Putin attribuisce la responsabilità di questi disagi, e dei problemi connessi, agli ucraini e al presunto odio ideologico di questi nei confronti dell’etnia russa presente in Crimea. E per questo ha mosso il suo esercito contro l’Ucraina.
In realtà, quella di Putin è una guerra che non ha altro obiettivo che porre urgente rimedio agli stessi madornali errori provocati dalla sua vuota ambizione.
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