I venti di guerra in Ucraina si fanno sempre più insistenti con gli eserciti di Russia e Stati Uniti già pronti a intervenire se la situazione dovesse ulteriormente aggravarsi. Gli Stati Uniti inoltre insistono perché anche l’Unione Europea aderisca a un piano di sanzioni economiche “ad impatto molto elevato”. Un piano che prevede per esempio, come riporta l’Ansa, «l’esclusione della Russia dal sistema Swift che regola le transazioni finanziarie tra oltre 1.100 banche di 200 Paesi, così come avvenuto con l’Iran».
Non è difficile immaginare quali conseguenze potrebbero provocare sulla popolazione russa questi disastrosi provvedimenti. Dovrebbe essere evidente a tutti ormai che le sanzioni economiche significano in realtà enormi sofferenze per la popolazione, particolarmente per le famiglie più povere che non trovano più cibo o per i malati per i quali viene meno la disponibilità di farmaci.
Perché si è scivolati in una situazione che ha determinato questa pericolosissima crisi ucraina? Dopo il crollo del Muro di Berlino ci si era illusi che quelle che allora erano le due superpotenze se ne sarebbero tornate tranquillamente a casa, lasciando finalmente in pace gli europei. In realtà si vide subito che USA e Russia, proprio perché il Muro era crollato, pensavano di poter estendere più facilmente la loro influenza in Europa.
Nel 1990, mentre si concludeva il processo di riunificazione della Germania, gli Stati Uniti avevano raggiunto un accordo verbale con l’allora leader sovietico Michail Gorbačëv con il quale si stabiliva che la Germania sarebbe entrata a far parte della NATO ma che questa non si sarebbe spinta più a Est. Purtroppo questi patti non sono stati rispettati e oggi alla NATO aderiscono paesi che vanno dalla Macedonia del Nord e altri paesi che si affacciano sul Mar Nero, fino ai paesi Baltici come Estonia, Lettonia e Lituania.
Dietro questa operazione c’era la mano degli americani che, secondo alcuni, avrebbero interpretato il crollo del Muro di Berlino come una sconfitta della Russia e che quindi aspettavano dovesse, per questo, ritirarsi dall’Europa. Ma nemmeno è esente da colpe la Russia che nel 1991 occupava Kaliningrad, una parte del territorio ai confini con l’Unione Europea, distante ben seicento chilometri dal territorio russo. Qualcosa di simile la Russia ha poi fatto nel 2014 con la Crimea. In entrambi i casi col pretesto che poiché su questi territori c’è una forte presenza di popolazione di etnia russa – popolazione in realtà deportata deliberatamente ai tempi dell’Unione Sovietica – tali territori sono da intendersi come parte della Federazione Russa.
Sappiamo quanto siano pericolose queste caratterizzazioni territoriali su base etnica e possiamo immaginare quanto possano diventare esplosive tali situazioni e quali gravi conseguenze potrebbe determinare la presenza di focolai di guerra sul continente europeo. Con la crisi ucraina questo grave rischio si sta facendo sempre più concreto.
Nella Chiesa, il 26 gennaio si è pregato per l’Ucraina, come papa Francesco aveva invitato a fare nel corso della recita dell’Angelus nella domenica precedente. In questa occasione il papa aveva espresso preoccupazione per «l’aumento delle tensioni che minacciano di infliggere un nuovo colpo alla pace in Ucraina e mettono in discussione la sicurezza nel continente europeo».
Nella stessa giornata si è svolta una videoconferenza degli imprenditori italiani con il presidente russo Putin, un segno della volontà italiana di lasciare la porta aperta al dialogo con la Russia. Ma questo potrebbe essere anche un segno dell’attenzione con cui dal Cremlino si guarda all’Italia. Come ha dichiarato l’ambasciatore italiano a Mosca, Russia e Italia hanno due “economie complementari”, dove la Russia rifornisce l’Italia di materie prime, soprattutto gas, mentre l’Italia offre alla Russia tecnologie e impianti.
Pare che Putin abbia stabilito un canale molto attivo con Draghi «in un’atmosfera amichevole e costruttiva su numerosi temi», sottolineando anche che conta molto su Roma per «aiutare a normalizzare i rapporti fra la Russia e l’Unione Europea e perfino fra la Russia e la Nato in occasione dei futuri colloqui». Speriamo che ciò possa avvenire.
«L’attuale soluzione fattibile per garantire una sicurezza duratura in Europa» scrive Giancarlo Elia Valori su Formiche, «è che l’Ucraina non aderisca alla Nato ma mantenga uno status permanente di neutralità, al pari di Austria, Finlandia, Svezia, Svizzera, ecc. Questa è la premessa fondamentale affinché l’Ucraina mantenga l’integrità territoriale e resti sovrana nella massima misura possibile, ed è anche l’unica ragionevole soluzione per risolvere il profondo conflitto tra Russia e Stati Uniti d’America».
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