Francesco chiede un minuto di silenzio per le persone che “in tempo di pandemia sono arrivati al punto di togliersi la vita” a causa della perdita di lavoro.
Il Papa ha cominciato la catechesi dell’udienza, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata alla figura di san Giuseppe il falegname, rivolgendosi “a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro – abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono parecchi; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare”.
Francesco ha poi ripetuto un’altra volta questo appello, soffermandosi su ogni categoria dei “lavoratori nascosti”: “I lavoratori che fanno lavori usuranti e il lavoro in nero”, ha proseguito a braccio: “E oggi c’è il lavoro in nero, e tanto; alle vittime del lavoro, che soffrono incidenti del lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare con persone adulte, questo è terribile! E tutti questi sono fratelli e sorelle nostre, che si guadagnano la vita così: non gli danno la dignità. Pensiamo a questo, e questo succede oggi nel mondo”.
“Ma penso anche a chi è senza lavoro, a quanti si sentono giustamente feriti nella loro dignità perché non trovano un lavoro”, ha proseguito il Papa, che poi ha aggiunto a braccio: “Quanta gente va a bussare alla porta delle fabbriche, delle imprese, e non trova niente. Feriti nella dignità, perché non trovano questo lavoro”. “Quello che ti dà dignità – ha spiegato Francesco ancora a braccio – non è portare il pane a casa, puoi prenderlo dalla Caritas. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane, e se noi non diamo alla nostra gente, agli uomini e alle donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale, in quella nazione, in quel continente. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno ti dà la dignità”.
Il Papa: un minuto di silenzio per le persone che «in tempo di pandemia sono arrivati al punto di togliersi la vita» a causa della perdita di lavoro
“Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. Vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita”.
A denunciarlo è stato il Papa, nella catechesi dell’udienza, pronunciata in Aula Paolo VI e dedicata alla figura di San Giuseppe il falegname. “In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita”, ha detto Francesco ricordando le persone che durante la pandemia si sono suicidate a causa della perdita del lavoro. “Facciamo un minuto di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne, disperate perché non trovano lavoro”, l’invito a braccio ai presenti.
“Non si tiene abbastanza conto del fatto che il lavoro è una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione”, il monito di Francesco, secondo il quale “lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo”. “Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale”, la denuncia del Papa.
(Ansa)
“Dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità”. Ne è convinto il Papa, che nella parte finale dell’udienza, ha esortato a chiedersi: “con che spirito noi facciamo il nostro lavoro quotidiano? Come affrontiamo la fatica? Vediamo la nostra attività legata solo al nostro destino oppure anche al destino degli altri?”.
Il lavoro, ha spiegato infatti Francesco, “è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale”. “Il lavoro è anche un modo per esprimere nostra creatività”, ha proseguito a braccio: “ognuno fa il suo lavoro a suo modo, con il proprio stile, lo stesso lavoro ma con stile diverso”.
“È bello pensare che Gesù stesso abbia lavorato e che abbia appreso quest’arte proprio da San Giuseppe”, ha esclamato il Papa, che ha concluso la catechesi recitando la preghiera che san Paolo VI elevò a San Giuseppe il 1° maggio del 1969:
“O San Giuseppe, Patrono della Chiesa, tu che, accanto al Verbo incarnato, lavorasti ogni giorno per guadagnare il pane, traendo da Lui la forza di vivere e di faticare;
tu che hai provato l’ansia del domani, l’amarezza della povertà, la precarietà del lavoro:
tu che irradii oggi, l’esempio della tua figura, umile davanti agli uomini ma grandissima davanti a Dio, proteggi i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana,
difendendoli dallo scoraggiamento, dalla rivolta negatrice, come dalle tentazioni dell’edonismo; e custodisci la pace nel mondo, quella pace che sola può garantire lo sviluppo dei popoli. Amen”.
Dalla Redazione Internet di Avvenire di mercoledì 12 gennaio 2022
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