Patrono della Chiesa Universale e potente mediatore
Volge al termine quest’anno dedicato al patriarca di Nazareth a 150 anni dalla dichiarazione del padre del Redentore come patrono della Chiesa universale: “San Giuseppe non può non essere il Custode della Chiesa, perché la Chiesa è il prolungamento del Corpo di Cristo nella storia”, scrive papa Francesco nella lettera apostolica “Patris corde”, redatta per preparare il popolo cristiano universale a quest’anno “giuseppino”.
Ma cosa ci ha lasciato quest’anno?
Chissà se, accanto alla figura di Maria, tanto cara alla devozione popolare soprattutto in questo tempo di Avvento, qualcuno di noi ha pensato anche a Giuseppe: neanche senza il suo “fiat” Gesù sarebbe nato. La legge giudaica prevedeva che la donna, accusata di adulterio, doveva essere lapidata o strangolata. Sebbene non sia stato un atto di fede meno grande quello di Giuseppe che, avvertito in sogno non abbandonò Maria incinta ma la prese come sua sposa, è al sì di Maria che va sempre la nostra attenzione. San Giuseppe è come quei cristiani che la lettera a Diogneto definisce ‘anima del mondo’, che con la loro vita superano la legge: Giuseppe è uomo giusto davanti alla legge ma per carità supera questa legge e non ripudia Maria. Così, Giuseppe ci ricorda che nelle “tempeste della vita, non dobbiamo temere di lasciare a Dio il timone della nostra barca. A volte noi vorremmo controllare tutto, ma Lui ha sempre uno sguardo più grande”.
Se San Giuseppe era ricordato con un giorno di festa civile il 19 marzo durante il regime fascista e, poi, dal 1950 al 1977, ad oggi ci è voluta Lettera Apostolica ‘Patris Corde’ per “accrescere l’amore verso questo grande Santo, per essere spinti a implorare la sua intercessione e per imitare le sue virtù e il suo slancio”.
Di sicuro è giovato che in alcune parrocchie della Diocesi sia stata celebrata una novena a S. Giuseppe oppure ha efficacemente centrato l’attenzione su questo santo potente la peregrinatio della statua di S. Giuseppe dalla chiesa di S. Giuseppe Artigiano in Matera presso le parrocchie, le rettorie della città e finanche il campo santo.
Se già non lo abbiamo fatto, sarà utile riflettere – con la Patris corde – che, oltre ad essere una figura silenziosa nel Vangelo ma mai dimenticata dal Magistero o nell’intitolazione di chiese e confraternite, Giuseppe è anche figura dal “coraggio creativo”: parte per l’Egitto per mettere al riparo la famiglia e lì si sarà dovuto industriare, come anche tanti migranti di oggi, per provvedere al necessario per Gesù e Maria. Tornato dall’Egitto prontamente decide di stabilirsi a Nazareth e non a Betlemme quando viene a sapere che nella Giudea regnava Archelao al posto di suo padre Erode.
Inoltre, il “castissimo” Giuseppe ci ricorda le caratteristiche di ogni rapporto paterno ed educativo: “Essere padri significa introdurre il figlio all’esperienza della vita, alla realtà. Non trattenerlo, non imprigionarlo, non possederlo, ma renderlo capace di scelte, di libertà, di partenze” e soprattutto trasmettere fianco a fianco il proprio sapere, come di sicuro fece Giuseppe nella casa di Nazareth sia in quanto all’obbedienza al Padre celeste che alla professione di carpentiere.
Questa figura tanto dimenticata quanto potente – come dicono i santi e tanti cristiani che ancora oggi testimoniano la forza della sua intercessione – ci guidi col suo esempio discreto e ci accompagni non meno di Maria nella nostra vita.
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