Il Circolo culturale La Scaletta di Matera, con una nota, interviene su una norma che sarebbe stata inserita dal Governo nel prossimo DEF, Documento di economia e finanza, e che recita “Disposizioni per l’attuazione della autonomia differenziata”. Si tratta di una norma, proposta dalle regioni italiane più ricche, che consentirebbe un minore concorso alla spesa nazionale da parte delle regioni a statuto ordinario su determinate voci di spesa.
La teoria sostenuta da queste regioni, particolarmente Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, è che le risorse economiche trattenute nel proprio territorio potrebbero essere meglio spese e quindi generare maggiore ricchezza, a vantaggio dell’intera nazione. I settori maggiormente interessati a questo genere di negoziato Stato-regioni sono quelle legate al business nella sanità e, in parte, all’istruzione.
Capita talvolta che, alla prova dei fatti, le teorie si dimostrino non pienamente corrispondenti alla realtà. E si è visto infatti cosa è successo con la pandemia, dove le regioni che si sono mostrate in maggiore affanno sono state proprio Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna e proprio nella capacità di fronteggiare un’emergenza come quella del Covid19. Talvolta, un’eccessiva autoreferenzialità non fa comprendere bene i propri limiti nell’impatto con la realtà.
Nonostante ciò, ritenuta superata l’emergenza sanitaria – e anche questo denota una certa mancanza di realismo – le regioni ricche sono tornate sulle loro rivendicazioni. La Scaletta di Matera interviene a questo proposito per sottolineare il carattere egoistico delle pretese delle regioni in questione e un sotteso tentativo di secessione, progetto accarezzato in passato ed evidentemente duro a morire.
Nel corso degli ultimi anni si era giunti a un certo compromesso che, pur consentendo questa discutibile pretesa accampata dalle regioni forti, lo vincolava al conseguimento dei LED, livelli essenziali delle prestazioni da garantire a tutti i cittadini, da parte degli enti pubblici, a prescindere dalla regione di appartenenza. Purtroppo ancora oggi non si registra il conseguimento dei livelli essenziali garantiti indistintamente per tutti i cittadini, pertanto nello stabilire le quote di risorse da trattenere nelle regioni si dovrà tenere presente quella che è la spesa storica, cioè quanto già in passato veniva investito sui territori dallo Stato centrale.
Questa sarebbe una vera beffa perché, secondo quanto sostenuto dal Circolo La Scaletta, «ad una popolazione del Sud, pari al 34,3%, gli investimenti ordinari delle amministrazioni pubbliche sono stati pari al 28%, mentre al 65,7% di popolazione del Nord è andato il 71,7% di investimenti. Questa differenza di circa il 6% corrisponde ad una perdita per il Mezzogiorno di 61 miliardi di euro l’anno».
Ci sarebbe da osservare a questo proposito che le regioni del Nord già sono beneficiarie di un trattamento privilegiato per quella che è stata negli anni la spesa storica, perché dunque concedere oggi un ulteriore vantaggio nei riguardi delle regioni più povere?
Ma questo genere di osservazioni, in un dialogo tra sordi, serve purtroppo a poco. Come sono serviti a poco i lavori della stessa commissione Caravita nominata dalla ministra Gelmini che, come prosegue il comunicato della Scaletta, «ribadendo che l’impianto generale scelto dalla Costituzione per il riconoscimento della autonomia differenziata dovrà essere uguale per tutti, ha giudicato le pretese in atto inaccettabili ed impraticabili». Per non parlare di quanto tutto ciò sia in aperta contraddizione con il programma del Governo Draghi che esplicitamente punta a destinare al Mezzogiorno il 40 per cento delle risorse disponibili con il PNRR per il sostegno allo sviluppo.
«Questo federalismo regionalizzato» protesta il Circolo materano, «è una soluzione scellerata perché riproporrebbe con cinismo il sistema squilibrato tra Nord e Sud». E, oltre questo, sarebbe «uno spregiudicato furto di democrazia. Infatti, tale “sottile” scelta impedisce, a norma dell’art. 75, comma 2, della Costituzione, l’eventuale ricorso dei cittadini allo strumento del referendum abrogativo».
Se si andrà fino in fondo a questo grave atto di ingiustizia sociale, si legge nel comunicato, si affermerebbe «un principio estremamente corrosivo in quanto i diritti di cittadinanza, a cominciare dalla istruzione e dalla salute, possono essere diversi tra i cittadini italiani, maggiori laddove il reddito pro-capite è più alto».
Il Circolo La Scaletta conclude con un appello «alle coscienze libere della Nazione, donne e uomini d’Italia, ai rappresentanti delle istituzioni repubblicane e delle comunità nazionali presenti in Parlamento, nelle Regioni e negli enti locali, alle espressioni del mondo delle imprese e del lavoro, perché aderiscano al presente documento, diventino apostoli della fondata denuncia e protagonisti di un movimento di aggregazione e di lotta talmente numeroso da divenire autorevole contraddittore di una scelta politica così perniciosa per il futuro del Mezzogiorno e della stessa Italia».
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