Entrando nella sede della Fondazione che ha sostenuto l’entusiasmante avventura di Matera2019, di una città Capitale europea della cultura, ci si aspetterebbe di vedere aria di smobilitazione; il 2019 è ormai passato da tempo. Invece si ha davanti una realtà che, con lo stesso entusiasmo, sembra proiettata nel futuro. O forse si dovrebbe dire “proiettata nel presente”. Perché Matera è una città che potrebbe vivere del passato, della sua storia millenaria, invece si ostina a voler stare sulla scena del presente.
Il 30 ottobre Matera sarà presente nel Padiglione Italia dell’Esposizione Universale di Dubai 2020-21, come capofila delle città europee che sono state Capitali della cultura nel passato. Lo scopo di questa giornata è quello di proporre questa esperienza come leva per il rafforzamento del dialogo e della cooperazione tra l’Europa e la vasta area dei Paesi arabi.
Giovanni Oliva, Direttore generale della Fondazione Matera-Basilicata 2019, dice: «per la prima volta Matera prova a essere punto di riferimento di un gruppo di Capitali europee della cultura che fino a questo momento non avevano mai fatto un lavoro sinergico e non avevano mai avuto un punto di riferimento vero; questo è un elemento di grande novità».
Forse non è un caso che l’esperienza di Matera 2019 abbia finito per rappresentare qualcosa di significativo nell’ambito dell’Expo di Dubai. Caterina Venece, addetto stampa della Fondazione, ricorda a questo proposito che «Matera 2019, con la sua Open Design School, laboratorio multidisciplinare e sperimentale, ha avuto un riconoscimento di grandissimo rilievo, diventando partner del NEB, New European Bauhaus, iniziativa voluta dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. A Dubai si parlerà proprio dei temi della sostenibilità, sollevati dal NEB, e di come le Capitali europee della cultura hanno lavorato e lavoreranno in futuro su una nuova relazione tra spazi urbani troppo pieni, spazi periferici, aree abbandonate con spazi vuoti, aree metropolitane. E come tutto questo spazio può essere riutilizzato in maniera creativa. Matera non disponeva di un teatro da utilizzare nel corso del 2019; i rioni dei Sassi sono diventati teatro dove, per esempio, rappresentare la Cavalleria rusticana; Matera ha saputo recuperare tanti luoghi fino a quel momento inutilizzati».
Con questo si comprende come la Città dei Sassi, una realtà relativamente piccola e isolata, sia riuscita a rivitalizzare il proprio tessuto urbano. E ancora meglio si potrà comprendere tutto questo in un contesto come Dubai; anche questa città, che in passato poteva sembrare destinata a essere periferia di un mondo globalizzato, immersa nel “vuoto” del Deserto Arabico, ha saputo invece rigenerarsi e rappresentare quello che è oggi, per il mondo intero, l’immagine del proprio futuro.
Certamente la presenza di Matera a Dubai dimostra come la Città dei Sassi, sia pure nel suo ambito, ha saputo sintonizzarsi già oggi efficacemente con le dinamiche che investiranno il futuro dell’intero pianeta. Come è stato possibile tutto questo? Tutto ciò è avvenuto, dice Oliva, perché prima di noi c’è stato qualcuno che ha aperto questa strada. E a questo proposito non si può non riconoscere il prezioso lavoro iniziato da Rossella Tarantino, Manager Sviluppo e relazioni della Fondazione, già anni prima del 2019. La Fondazione ha sempre voluto mettere bene in evidenza il contributo individuale dei protagonisti di Matera 2019.
«Oggi» fa notare Oliva, «c’è una piccola città del meridione d’Italia che diventa capofila con le Capitali europee della cultura e che con un progetto come il NEB vuole provare a immaginare un nuovo modo di vivere». Perché, conclude Oliva, «noi vogliamo rendere il mondo una buona casa per vivere».
A Dubai, nella mattinata del 30 ottobre, si vedrà come la condivisione è la modalità che consente la creazione delle condizioni per aumentare, all’interno delle comunità, la velocità del cambiamento. Mentre nel pomeriggio si affronterà il rapporto tra zone rurali soggette a spopolamento e le aree metropolitane. Può esistere un nuovo modo che consente a queste aree a rischio spopolamento di ritrovare l’energia per mantenere e incrementare non soltanto la propria popolazione ma anche la qualità della popolazione? Domandandosi anche ovviamente se queste sono prospettive realistiche. Perché non si tratta di cedere a un semplice e illusorio romanticismo ma di rispondere efficacemente alle sfide del momento presente.
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