“Non abbiamo più tempo” si sente ripetere sempre più spesso a proposito della crisi climatica. Ma a pensarci bene, se davvero non ci fosse più tempo, non ci sarebbe nemmeno ragione di parlarne. È finita – si direbbe – dunque, vada come vada. Invece no.
Non abbiamo più “molto” tempo, è vero, ma in quel poco tempo che abbiamo, ognuno potrebbe fare qualcosa. Francesco Vespe, fisico dell’Agenzia Spaziale Italiana, nonché direttore del Centro Studi Leone XIII di Matera, riguardo al dibattito sulla crisi climatica e sulle sue cause, principalmente sulle emissioni di CO2 di origine antropica, ha tanto da dire.
Tra le tante cose, Vespe contesta la demonizzazione della CO2, l’anidride carbonica, che non dovrebbe essere messa sullo stesso banco degli imputati delle sostanze inquinanti rilasciate nell’atmosfera. Per la semplice ragione che la CO2 è una delle componenti fondamentali della vita.
«Non dobbiamo mai dimenticare» dice Vespe, «che la nascita della vita e la produzione dell’ossigeno deriva proprio dall’anidride carbonica. Il carbonio è il mattone della chimica organica e della vita sul nostro pianeta. Grazie alle emissioni di CO2 prodotte dalla rottura della crosta terrestre è stato possibile innescare e nutrire la vita sul nostro pianeta. In secondo luogo la scienza ci dice che il CO2 è il più debole fra i gas serra».
È naturale che una presa di posizione del genere dovesse alimentare discussioni, particolarmente sui social media. C’è chi accusa Vespe di non considerare le risultanze scientifiche e, nel caso specifico, gli elevati valori di anidride carbonica attualmente presenti nell’atmosfera. Purtroppo, soprattutto sui social, non è facile affrontare i problemi nella loro complessità. E – non bisogna dimenticarlo – poche cose hanno un maggiore grado di complessità del clima.
Per queste ragioni, Francesco Vespe invita a non fermarsi al dato della concentrazione della CO2 nell’atmosfera. Bisogna anche verificare quale capacità di reazione ha la Terra di fronte a questa criticità. Perché non è detto che l’equilibrio ambientale ne debba uscire inevitabilmente compromesso.
In questa risposta del pianeta alle criticità che si presentano sta gran parte della complessità del problema. Rispondendo ad alcuni commenti sui social, Francesco Vespe richiama l’attenzione su una conferenza tenuta al Meeting di Rimini qualche anno fa da Richard Lindzen, autorità mondiale nel campo della climatologia. Secondo Lindzen – tesi che Francesco Vespe difende fortemente – è vero che si può assistere a una correlazione tra incremento della CO2 nell’atmosfera e aumento delle temperature, ma osservando bene i grafici si può notare che, nella storia della Terra, da sempre l’aumento della temperatura precede l’incremento dei valori di CO2. Dunque, cosa bisognerebbe concludere? È l’aumento della CO2 responsabile del riscaldamento globale o è invece questo a determinare l’incremento della CO2? Vespe invita a non trarre conclusioni affrettate.
Richard Lindzen faceva notare che nella scienza le correlazioni non sono prove e possono aiutare a formulare delle previsioni più o meno attendibili che bisogna certamente tenere ben presente, ma che non sempre si avverano. Per fortuna anche le previsioni catastrofiche possono rivelarsi infondate. E questo è avvento tante volte. Tutti ricorderanno, diceva Lindzen, il caso del Millennium Bug, il “baco del millennio” che allo scoccare dell’anno 2000 avrebbe dovuto resettare la memoria di tutti i computer, con la conseguente perdita di dati anche molto importanti, ma che poi non provocò alcun danno di rilevante entità.
Possiamo noi concludere che tutto ciò deve spingerci ad affrontare molto seriamente ma anche più serenamente la crisi climatica; non ci sono ragioni per cedere a visioni catastrofiche. Non abbiamo molto tempo, è vero. Ma quel poco tempo che hanno a disposizione, gli uomini potrebbero impiegarlo per fare ancora qualcosa di buono. E non è detto che, ancora una volta come tante volte è avvenuto nella storia, gli uomini non saranno capaci di sorprenderci. Soprattutto i giovani.
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