Toccare il cuore

Unica vera agenzia nel mondo occidentale che ha la possibilità di interloquire con i suoi milioni di “aderenti” almeno una volta alla settimana (in alcuni periodi di più), con i suoi riti plurisecolari, è di sicuro la Chiesa cattolica. Eppure, di ritorno dalle messe domenicali, dopo aver ascoltato le omelie, talvolta si rimane perplessi. Di cosa ha parlato? Qual è stato il senso delle parole del celebrante? Cosa mi ha lasciato? E spesso (non sempre, per fortuna) si scuote la testa delusi con un senso di vaghezza, a volte, peggio, di stupore, che conferma quello che ormai da anni molti pensano: un’occasione persa. Ma la comunicazione della Chiesa passa, in primo luogo (e da qui cominciamo questo appuntamento periodico per mettere occhio, naso e dito nella Comunicazione più generale della Chiesa) proprio da un appuntamento fisso e alto, preordinato da tempo e non disturbato (rari squilli di cellulari distratti non inficiano la sostanza…), guidati da un Maestro per eccellenza e ricchissimo di potenzialità.

Perché allora si rimane straniti e interdetti quando risultano poco significativi? È presto detto: perché in realtà non comunicano niente, per molti, nei fatti se non nelle intenzioni, non hanno questo fine. Perché non seguono le tre coordinate fondamentali che ogni saggia comunicazione si propone, che ogni manuale insegna: chiarezza di esposizione e linguaggio; chiarezza sui destinatari e sugli obiettivi; chiarezza nei tempi e nelle modalità dei concetti. A una scuola con queste basi si attrezzano nel tempo migliaia di comunicatori (nel mondo e in diverse aree), affinché lo sforzo del proprio lavoro raggiunga i risultati sperati. Ci si prepara. Su questi punti si può imparare e – perché no – penso che anche noi laici potremmo insegnare qualcosa ai sacerdoti.

Su un ultimo punto, però, – aggiuntivo ai precedenti, ma determinante – ognuno deve fare da sé, nessuno ha da insegnare a nessuno. Per comunicare bene e raggiungere il segno, bisogna toccare il cuore. La Parola commentata deve poter toccare le corde dall’anima: quella di partenza, di chi parla, e quella di arrivo, di chi ascolta. Senza il cuore, il vero protagonista della comunicazione centrale nei sacramenti, ogni parola, anche la più colta e intelligente, rischia di scivolare via. Ma su questo, per diventare davvero esperti, dobbiamo rifarci all’unico vero grande Maestro.

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Redazione

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