I Vescovi delle due Commissioni, per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace, e dell’Ecumenismo e il dialogo, hanno elaborato un Messaggio per la celebrazione della 16ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato (1° settembre). L’iniziativa si inserisce tra quelle promosse, anche a livello europeo, nel periodo che va dall’1 settembre al 4 ottobre, festa di San Francesco e denominato “Tempo del creato” proprio in ricordo del Poverello di Assisi. Sabato 4 settembre, alle ore 19,00 presso il Santuario di Picciano, si terrà un’azione simbolica delle chiese cristiane per la biodiversità dell’ecosistema e la cura del creato.
Si terrà una cerimonia di benedizione e piantumazione di una preziosa pianta di ulivo a drupe bianche – Olea europea, var. leucocarpa – specie a rischio di estinzione, a memoria di antiche tradizioni di fede e cultura dell’Italia meridionale.
Il Comunicato stampa dell’Ufficio Comunicazioni sociali dell’Arcidiocesi di Matera-Irsina
Tempo del creato, 1 settembre – 4 ottobre 2021
Camminare in una vita nuova. La transizione ecologica per la cura della vita.
La 16° Giornata nazionale per la custodia del creato 2021 si celebra nel contesto della preparazione della 49° Settimana sociale dei cattolici italiani (Taranto, 21-24 ottobre) che ha come tema il lavoro in connessione all’ambiente e all’urgenza di contrastare il degrado socio-ambientale, aggravato dai recenti drammatici fenomeni pandemici. Il messaggio dei vescovi evidenzia le molteplici contraddizioni del cambiamento epocale che si sta verificando, ma intravvede anche l’opportunità di nuovi percorsi capaci di imprevedibile fecondità. La speranza cristiana, si legge, deve fare riferimento alla vita nuova ricevuta in Cristo mediante il lavacro battesimale, vita nuova che lo colloca in profonda comunione con Dio.
Nell’attuale contesto storico, pertanto, i cristiani devono acquisire la capacità di leggere i segni dei tempi e realizzare, a diversi livelli, quella “conversione ecologica” sollecitata da papa Francesco nella Laudato si’. Trattasi di un processo complesso di transizione che necessita dei suoi tempi, ma è indispensabile per la sopravvivenza di nostra madre terra e la vita delle future generazioni.
L’idea cui fare riferimento si rapporta analogicamente al paradigma biblico dell’esodo, cioè dell’uscita da se stessi e il coraggio di abbandonare le pratiche e abitudini errate, ovvero le logiche sbagliate, e affrontare la crisi del deserto nel cammino verso la terra promessa. In tutto occorre esercitare il giusto discernimento per intraprendere la via giusta e fare le scelte opportune, al fine di abbandonare il modello di sviluppo consumistico, causa di ingiustizie e disuguaglianze, per uno incentrato sulla pace e la fraternità tra i popoli.
Una giusta transizione ecologica – come chiaramente indicato nell’Instrumentis laboris della Settimana sociale – deve necessariamente essere integrale, cioè «insieme sociale ed economica, culturale e istituzionale, individuale e collettiva» (IL, n. 27), ma anche ecumenica e interreligiosa. I livelli sono tra loro interdipendenti e coinvolgono tutti in un progetto comune.
Al contempo, essa si realizza simultaneamente su più piani e coinvolge i soggetti impegnati in una grande sfida educativa, a iniziare dal ripensamento del modello antropologico finora dominante. Urge una revisione dell’antropocentrismo esclusivo e autoreferenziale per favorire, invece, un’armonizzazione dell’ecologia umana con quella ambientale, un accordo con quella natura di cui l’uomo fa parte integrante.
L’aspetto sociale, poi, deve necessariamente fare riferimento a una società resiliente e sostenibile, in cui creazione di valore economico e creazione di lavoro non compromettano la qualità dell’ambiente e della salute e, soprattutto, non danneggino le categorie più a rischio.
In sintesi, deve essere un cambiamento da costruire insieme nella speranza, attraverso un patto tra le generazioni per un bene comune che non resti astratto, ma si concretizzi nei fatti. Un bene comune globale, che comprenda anche la cura del creato, casa comune, e sia aperto al futuro. In questo cammino, non si può ignorare la dimensione ecumenica – l’ecumenismo storicamente ha avviato questo processo ecologico – che vede l’impegno di chiese e comunità cristiane a testimonianza della concreta fraternità degli abitanti della “casa” comune.
Giordano Donato osb
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