Ci restano solo dieci anni per guarire la terra

Se cominciassimo a pensare alla salvaguardia dell’ambiente come fonte di guadagno forse il pianeta si salverebbe dalla catastrofe. Muovendo l’economia il mondo, cosa che non sembra riesca a fare la tensione verso il bene comune, né la paura delle catastrofi causate dai cambiamenti climatici, forse si riuscirebbe ad invertire la tendenza ricordando che conservare le risorse del pianeta può creare milioni di posti di lavoro, generare più di 7.000 miliardi di dollari di reddito ogni anno e sradicare la povertà e la fame entro il 2030.

Gli esperti sottolineano infatti che per ogni dollaro investito per “restaurare” l’ambiente, possiamo aspettarci un ritorno di almeno sette-trenta dollari per l’azienda che ha finanziato l’intervento. E qualcosa si sta muovendo se molti Paesi hanno previsto investimenti seri sull’ambiente come parte delle loro strategie per uscire dalla crisi causata dal covid-19.

Per troppo tempo abbiamo sfruttato e distrutto gli ecosistemi del nostro pianeta e l’emergere del covid-19 ha dimostrato quanto possano essere disastrose le conseguenze di questa perdita. Riducendo l’area dell’habitat animale naturale, abbiamo creato le condizioni ideali per la diffusione di agenti patogeni, compresi i coronavirus. Anche se sembriamo assuefatti ai tragici numeri del disastro ambientale che l’uomo continua a perpetrare conviene ricordarli. Secondo i dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ogni tre secondi, il mondo perde abbastanza foreste da coprire un campo di calcio, circa 4,7 milioni di ettari l’anno, una superficie più grande della Danimarca. Nel secolo scorso, abbiamo distrutto metà delle nostre zone umide. Fino al 50 per cento delle nostre barriere coralline sono già scomparse e fino al 90 per cento di esse potrebbe scomparire entro il 2050, anche se il riscaldamento globale si limitasse a un aumento di 1,5 °C.

La perdita di ecosistemi priva il mondo dei pozzi di assorbimento del carbonio, come le foreste e le torbiere, in un momento in cui l’umanità non potrebbe proprio permetterselo. Sebbene coprano solo il 3 per cento della superficie terrestre, gli ecosistemi di torba immagazzinano, infatti, quasi il 30 per cento del carbonio del suolo a livello globale. Infine, quasi l’80 per cento delle acque reflue mondiali viene scaricato senza trattamento e le emissioni globali di gas a effetto serra sono aumentate per tre anni consecutivi, portando il pianeta sull’orlo di un cambiamento climatico potenzialmente catastrofico. Come sottolinea il Segretario generale delle Nazioni Unte, António Guterres: «Stiamo andando rapidamente verso un punto di non ritorno per il nostro pianeta». Secondo il capo dell’Onu «le urgenze sul piano ambientale sono tre: la perdita della biodiversità, i cambiamenti climatici e l’inquinamento galoppante». «Per troppo tempo — aggiunge — l’umanità ha abbattuto foreste, inquinato fiumi e oceani e consumato pascoli esausti. Stiamo devastando gli ecosistemi che sono il fondamento stesso delle nostre società. Corriamo il rischio di privarci di acqua, cibo e risorse essenziali per la nostra sopravvivenza». «Il degrado del mondo naturale sta già compromettendo il benessere di 3,2 miliardi di persone, il 40 per cento dell’umanità», insiste Guterres secondo il quale, però, non tutto è perduto. «La Terra — dice — è fortunatamente resiliente, ma ha bisogno del nostro aiuto. Abbiamo ancora tempo per porre rimedio ai danni causati.

Ecco perché in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente, che si celebra il 5 giugno, le Nazioni Unite inaugurano il Decennio per il ripristino degli ecosistemi. «Governi, imprese, società civile e individui devono unire le forze in un tentativo globale senza precedenti di guarire la Terra — sollecita l’Onu — ripristinando gli ecosistemi, possiamo realizzare una trasformazione che contribuirà al raggiungimento di tutti gli obiettivi di sviluppo sostenibile. Il compito è monumentale. Dobbiamo ripiantare e proteggere le nostre foreste. Dobbiamo ripulire i fiumi e i mari. Dobbiamo rendere più verdi le nostre città». Per questo il messaggio lanciato in occasione della Giornata dell’ambiente è «Reimmaginare, ricreare, ripristinare. Siamo la generazione che può fare pace con la natura. Questo è il momento».

Il ripristino dell’ecosistema riguarda la prevenzione, l’arresto e l’inversione dei danni, per passare dallo sfruttamento della natura alla sua guarigione. La Giornata mondiale dell’ambiente 2021 dà dunque il via al Decennio delle Nazioni Unite per il ripristino degli ecosistemi, una missione globale su larga scala per far rivivere miliardi di ettari di terreno, un’area più grande di quella della Cina o degli Stati Uniti, dalle foreste ai terreni agricoli, dalle cime delle montagne alle profondità marine. Si tratta di salvare piante e animali dall’estinzione, ma anche fare in modo che le persone abbiano accesso al cibo, all’acqua potabile e all’occupazione. Infatti, solo con ecosistemi sani possiamo migliorare i mezzi di sussistenza delle popolazioni, combattere il cambiamento climatico e arrestare il collasso della biodiversità.

Un’impresa titanica quanto ineludibile che riguarda governi, imprese, organizzazioni civili, ma include anche le tante piccole azioni che tutti possono intraprendere, ogni giorno: coltivare alberi, rinverdire le nostre città, riqualificare i nostri giardini o ripulire i rifiuti lungo fiumi e coste. Uno slancio comune per arrestare, ridurre e invertire il degrado ambientale. E a questo scopo è nata “la guida pratica per guarire il pianeta”, pubblicata dalle Nazioni Unite in occasione della Giornata mondiale, che suggerisce le azioni che tutti noi possiamo mettere in pratica per “restaurare” il mondo.

«Tutti possono fare qualcosa per l’ambiente — è il messaggio del Segretario generale dell’Onu — La scienza ci dice che, i prossimi dieci anni sono la nostra ultima occasione per prevenire una catastrofe climatica, arginare il flusso di inquinamento e fermare l’estinzione delle specie. Inauguriamo oggi un nuovo decennio, che ci permetterà finalmente di fare pace con la natura e di garantire un futuro migliore per tutti»

Di Anna Lisa Antonucci dall’Osservatore Romano del 5 giugno 2021

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