Il grido che domanda la vita

“Ritengo che le sofferenze del tempo presente non siano paragonabili alla gloria futura
che sarà rivelata in noi. “ (dalla Lettera ai Romani)

Nonno, nonna … Gesù l’hanno messo in croce ed ora è morto!
E’ serena ma al tempo stesso concitata la voce della nipotina di tre anni che racconta
questa sua scoperta la mattina del Venerdì Santo.
Mi stupisco non poco nel sentirla pronunciare per la prima volta
queste parole: “morto in croce“.

Non ricordo quante volte le avremo additato, durante le messe domenicali, quel grande
crocifisso ligneo che sovrasta l’altare della Parrocchia Immacolata a Matera.
Quando era più piccola e la portavamo a passeggio, ci sorprendeva la sua ostinazione nel voler entrare in tutte le chiese ed insieme il suo disappunto nel trovare la porta chiusa.
Che sentimento si celava dietro una tale attrattiva?

Non ho trovato ancora una risposta ma so che i bambini, specie i più piccoli, vivono della
concretezza di rapporti con oggetti familiari e di relazioni con presenze amiche tanto che
il buio non li spaventa se qualcuno li prende per mano.

Percepire l’assenza di un bene desiderato fino all’angoscia del sentirsi abbandonato
non appartiene all’ esperienza di chi è convinto di potersela cavare da solo in
qualsiasi circostanza, basta che ci sia la salute e un pò di denaro da parte.

Quando si affaccia il timore che tutto possa andare perduto e la vita stessa
è in pericolo, come in questo tempo di Passione, c’è solo un grido che potrà salvarci:
Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Continuerà a scendere il buio su tutta la terra ma non avremo paura
perché sentiremo, come dopo il nostro primo vagito,
le braccia di un Padre che ci accoglie per ridonarci la Vita.

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Erasmo Bitetti

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