Recentemente è stato reso noto il Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede ad un dubium formulato circa la benedizione delle unioni di persone dello stesso sesso. Il pronunciamento è del 22 febbraio ma ha cominciato a circolare soltanto qualche settimana dopo.
Secondo la procedura che si osserva in questi casi, il dubium era stato posto in maniera sintetica, nel caso concreto con il seguente quesito: “La Chiesa dispone del potere di impartire la benedizione a unioni di persone dello stesso sesso?” A questo, la Chiesa ha risposto negativamente e con una nota esplicativa firmata dal cardinale Ladaria, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede. Sia la risposta sia la nota sono state portate poi a conoscenza di Papa Francesco il quale le ha approvate.
Nonostante il carattere dirompente del pronunciamento vaticano, che rispetto alla mentalità comune va – a dir poco – controcorrente e pur registrando molteplici contestazioni, non c’è stata quell’animosità che caratterizza solitamente i dibattiti su questi argomenti. Soprattutto per due ragioni. La prima è che probabilmente nessuno si aspetta né esige che la Chiesa faccia propri stili di vita che non le appartengono, come appunto le unioni omosessuali, unioni che tra l’altro godono oggi di forme di ampia legittimazione nei più vari ambiti della vita sociale.
La seconda ragione è che il Responsum è rivolto principalmente all’interno della Chiesa stessa e alla funzione che devono avere i cosiddetti sacramentali, tra i quali rientra appunto la benedizione ecclesiale. E questo carattere interno del provvedimento lo si rileva già dalle prime parole della nota esplicativa: «In alcuni ambiti ecclesiali si stanno diffondendo progetti e proposte di benedizioni per unioni di persone dello stesso sesso».
La Congregazione per la Dottrina della Fede, a questo proposito, mette in stretta relazione i sacramentali ai sacramenti stessi, essendo forme «istituite in certo qual modo a imitazione dei sacramenti». Si osserva a questo proposito che tra il modello di unione matrimoniale, come è definito dal sacramento, e l’unione omosessuale non può esservi alcun tipo di oggettiva assimilazione, nemmeno remota.
Ciò non esclude che un omosessuale debba sentirsi pienamente accolto nella comunità cristiana e nemmeno si esclude che possa ricevere benedizioni, ma che tali benedizioni non possono essere estensibili alle relazioni affettive di carattere omosessuale che egli dovesse eventualmente intrattenere.
Gli omosessuali sono pertanto figli della Chiesa a tutti gli effetti, né sono discriminati in alcun modo. E che non vi sia discriminazione si evince anche dal fatto che il Responsum non assume nei confronti delle unioni omosessuali una posizione diversa da ogni altro tipo di «relazioni, o a partenariati anche stabili, che implicano una prassi sessuale fuori dal matrimonio (vale a dire, fuori dell’unione indissolubile di un uomo e una donna aperta di per sé alla trasmissione della vita)».
Il Responsum, nel ribadire che «la Chiesa non dispone, né può disporre, del potere di benedire unioni di persone dello stesso sesso» afferma però con altrettanta forza che Dio non smette di benedire ciascuno dei suoi figli perché, come dice Papa Francesco «siamo più importanti di tutti i peccati che noi possiamo fare». Egli «ci prende come siamo, ma non ci lascia mai come siamo». Volendo principalmente liberare l’uomo dalla sua imperfezione.
Il testo integrale del Responsum della Congregazione per la Dottrina della Fede.
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