I baci non dati – Amicizia d’amore

Polifonia dell’esistenza e degli affetti che dice della gioia degli incontri, dell’attesa, della nostalgia per la lontananza, l’amicizia è descritta, nel libro I baci non dati di padre Ermes Ronchi, come pietra angolare dei rapporti umani.

È ancora attualissimo, al punto da sembrare scritto in tempo di pandemia, il saggio di Ermes Ronchi: I baci non dati, pubblicato nel 2007 dalle Paoline in una raffinata veste editoriale. Come uno scrigno, questo testo contiene uno stupendo messaggio di poesia ispirata da quella riserva di vita sana e gioiosa che è l’amicizia, quando custodisce la pienezza esistenziale di chi comprende che la totalità del cuore non significa esclusività. Il libro ricerca nella storia piste inesplorate, rimaste sotto traccia – ma ben note a chi ama l’incanto della vita e della libertà interiore – e perciò stesso praticabili quando si fa della filosofia un’opportunità per dialogare ed amare di più.

È sorprendente oggi scoprire come nella vita monastica medioevale e al tempo dei trovadori provenzali che poetavano in occitano fosse possibile duettare tra amici in una polifonia affettiva, ricavando senso dalla familiarità dei rapporti e dallo scambio dialogico. Del resto, l’amicizia, nella sua piena accezione esistenziale, appartiene a pieno titolo anche a quel modello di vita apparentemente lontano. Non a caso, profondi rapporti amicali hanno caratterizzato l’esistenza di persone come Francesco d’Assisi, Teresa d’Avila, Bernardo di Chiaravalle, dei quali Ronchi riferisce delicatissime storie di frequentazioni, per lo più ignote ai profani, esemplarmente riassunte in una frase di Bernardo, che suona come il leit motiv del testo: Lo scoppio della tua allegria dona salute all’anima. Secoli dopo, da una matrice prettamente filosofica, farà eco Søren Kierkegaard scrivendo: “Tu sei per me vivace melodia. Io sono per te cantus firmus.” L’amicizia d’amore è vera e vitale, umanissima, strutturata come variante fondamentale dell’amore universale. Essa segue le regole del contrappunto musicale, i cui temi sono del tutto autonomi e tuttavia correlati al cantus firmus.

Polifonia dell’esistenza e degli affetti che dice della gioia degli incontri, dell’attesa, della nostalgia per la lontananza, l’amicizia è qui descritta come pietra angolare dei rapporti umani, perché l’amore e l’amicizia compongono la parte decisiva di una scienza pratica del vivere, in un’atmosfera di spiritualità che non è sottrazione ma addizione di umanità. L’autore dimostra come essere toccati dall’amicizia sia uno degli accadimenti più importanti ed emozionanti della vita: “Colui che ti ha toccato nell’intimo, anche una sola volta, resterà tra i tuoi profeti… L’amico è tale perché ti tocca, disarmato e disarmante.” L’amicizia – come l’amore – è un paradosso spirituale che ti rivela a te stesso: solo specchiandoti nel volto di un compagno puoi permetterti la totale libertà che matura con la pienezza del vivere. Un cuore plurale e ospitale si esprime nella novità, nel riconoscimento, nell’annuncio di una relazione che arricchisce, facendo proliferare gli affetti nella gratuità del dono.

Finalmente libero dalla tirannia degli scopi da raggiungere, Bernardo oppone ai perché senza fine di una vita d’azione una protesta di bellezza, un’insurrezione di tenerezza, quando scrive alla sua amica Ermengarda: “Non puoi dubitare che io senta per te lo stesso affetto che tu provi per me, a meno che tu non pensi di amarmi più di quanto io ti ami e che tu, nel campo dell’affetto, reputi il tuo cuore più grande del mio.”

L’amicizia d’amore è dunque una rivelazione di innocenza paga di sé, del proprio dono. Del miracolo di esistere insieme, sia pure solo per un tratto di strada. Un’insolita citazione da Epicuro chiosa queste intense pagine: “L’amicizia percorre danzando la terra, recando a tutti l’appello a destarci e a dire l’uno all’altro: sii felice!” Ma Ronchi ci sorprende ancora citando – questa volta – S. Francesco e ci rivela che la vera amica del Poverello non era Chiara ma una nobildonna romana: Iacopa dei Settesoli, che spesso lo aveva accolto in casa facendogli gustare la sua cucina prelibata.

Nelle sue ultime ore di vita, nell’infermeria di S. Maria degli Angeli, Francesco dettò ai fraticelli l’ultima lettera per l’amica: “Sappi, carissima, che se tu mi vuoi trovare vivo, veduta questa lettera, ti muovi e vieni a S. Maria degli Agnoli e arreca teco di quelle cose da mangiare, delle quali tu mi solevi dare quand’io ero infermo a Roma”. Ma, mentre viene trascritta la lettera, Iacopa è già al convento di Assisi e sta dirigendosi all’infermeria, richiamata dal sentimento dolce e umanissimo dell’amicizia al capezzale della persona che ha dato più senso e gioia al suo esistere: richiamo misterioso che trapela solo quando tutto è compiuto, quando il sole è al colmo.

E proprio oggi, da un video postato su Youtube, Ermes Ronchi è tornato con il suo consueto ottimismo per annunciare che sì, prima o poi ci daremo tutti i baci non dati e che questo durissimo esilio reciproco sarà intanto servito per accumulare scorte di sguardi, riserve di affetti, barili di sorrisi e abbracci da scambiarci appena possibile. Insomma ci consiglia di immagazzinare pensieri e parole, emozioni ed affetti per inondarne la gente quando ci sarà consentito di uscire dalla caverna platonica di un onnipresente schermo digitale spacciato per realtà.

Questa pandemia è divisiva: separa i figli dai genitori, i nonni dai nipoti, i fratelli e gli amici tra loro. Amaro destino anche per gli innamorati isolati dalla distanza, ai quali però fa riscoprire quello che i trovatori chiamavano l’amour de loin: i tormenti della lontananza appena attenuati dalla dolce nostalgia del ricordo. L’impossibilità di avere tutto e subito, tipica di un consumismo dilagante anche in campo affettivo, disponga dunque ciascuno all’attesa e all’ascolto reciproco. Chi ha detto che le palestre sono soltanto quelle del fitness sudaticcio, ossessivo e maniacale?

Per gentile concessione di Franco Genzale, dall’omonimo sito web

Mirella Napodano

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