In occidente “candelora”, in oriente “hipapante”
Già tra i banchi della chiesa, o avanzando dall’esterno in processione prima dell’inizio della celebrazione, con l’accompagnamento di un canto sulla luce o del “cantico di Simeone” (Lc 2, 29-32), i fedeli hanno in mano una candela accesa. È la “Candelora”, dal latino ‘festum candelarum’ (festa delle candele), ridenominazione popolare, non solo in Italia, della festa della “Presentazione di Gesù al tempio”, risalente al VI-VII secolo, nata in oriente e poi passata in occidente. Una processione con le candele si svolgeva per l’occasione già a Roma nell’alto medioevo come contraltare alle sfilate carnevalesche che dello stesso periodo di febbraio.
Il rito del “lucernario” ci ricorda che Cristo è “luce per illuminare le genti” e che anche noi cristiani siamo chiamati a portare la luce nel mondo. Ne è fondamento biblico proprio il cantico di gioia in cui il vecchio Simeone prorompe alla vista del piccolo Gesù che a 40 giorni viene presentato al tempio:
“Ora lascia, o Signore,
che il tuo servo vada in pace
secondo la tua parola;
perché i miei occhi han visto la tua salvezza
preparata da te davanti a tutti i popoli;
luce per illuminare le genti
e gloria del tuo popolo Israele”.
Era la legge mosaica che al quarantesimo giorno di vita del bambino prevedeva il pellegrinaggio della famiglia a Gerusalemme (cfr Lev 12, 2-8) per offrire il neonato al Signore e recare al tempio un’offerta che, per le famiglie più povere, come quella di Maria e Giuseppe, consisteva in una coppia di tortore o di giovani colombe. E la “Candelora” cade infatti il 2 febbraio, 40 giorni dopo il Natale.
Un cantico di lode speciale quello di Simeone – il “Nunc dimittis”, diventato patrimonio della preghiera liturgica della Chiesa, parte della compieta – che è segno dell’incontro eccezionale – di quelli che solo lo Spirito Santo combina! – tra il vecchio sacerdote alla sera della vitae il Salvatore: in oriente, la “Presentazione al tempio di Gesù” è detta “festa dell’incontro”, “Hipapante”.
Attraverso i secoli, sino prima della riforma liturgica voluta dal Concilio Vaticano II, l’attenzione della festa si è progressivamente spostata da Gesù a Maria che nello stesso quarantesimo giorno dalla nascita del Bambino, sempre per la legge ebraica, doveva anch’ella recarsi al tempio per purificarsi: qualcuno forse ancora oggi ricorda la “Candelora” come festa della “Purificazione di Maria”.
L’episodio evangelico dell’offerta del Bambino al Signore, la figura del vecchio Simeone (che aspettava la consolazione di Israele ed era pieno di Spirito Santo) e quella della vedova Anna, che abitava nel tempio e serviva fedelmente Dio con digiuni e preghiere, anch’ella tra i protagonisti dell’episodio della presentazione di Gesù al tempio, hanno fatto sì che la festa di oggi sia stata scelta da S. Giovanni Paolo II, nel 1997, come giornata “per la vita consacrata”.
La “Presentazione al tempio” è – come quella ai Magi– un’epifania di Gesù Bambino e segna, seppur non liturgicamente, nel sentire comune, l’ultimo giorno del periodo natalizio – c’è chi tiene il presepe sino al 2 febbraio – o il punto di cesura tra il tempo natalizio e quello, richiamato peraltro dal rito del lucernario, quaresimale-pasquale.
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