
“Fiamma viva della mia speranza” sono le parole dell’Inno del Giubileo che risuonano festose tra le navate della Cattedrale all’inizio della celebrazione in suffragio di papa Francesco che ha voluto la speranza come tema di questo anno santo. È il Coro della Cattedrale che lo sostiene ma tutti intervengono volentieri nel canto che da qualche mese è un po’ il simbolo identificativo delle nostre assemblee liturgiche più festose.
I seminaristi, gli accoliti, i diaconi e qualcuno dei sacerdoti fanno il loro ingresso solenne tra la folta rappresentanza di laici che intercettano i loro sguardi tra i banchi: in tanti hanno risposto all’invito dell’amministratore diocesano don Angelo Gioia di celebrare, tutta la Diocesi assieme, una Eucaristia in suffragio del Santo Padre. In una cattedrale vestita a festa, con il quadro di papa Francesco sull’altare del crocifisso e le decorazioni floreali della Pasqua, in particolare sul presbiterio.
“La celebrazione di questa nostra Eucaristia diventa il segno tangibile di una comunione tra tutte le Chiese e la nostra Chiesa locale”. Così don Angelo Gioia, Amministratore della Diocesi di Matera-Irsina nella sua omelia nella celebrazione in suffragio di Papa Francesco nella sera del 25 aprile.
Pienamente coerente con la circostanza, la liturgia della parola del giorno incentrata su Pietro, il primo papa.
In particolare, il brano del Vangelo, sulla pesca miracolosa (Gv 21,1-14): tutti ne conosciamo il significato. E don Angelo sottolinea che, come a tutti gli uomini di Dio, “sicuramente sarà capitato anche a Papa Francesco di vedere che la sua pesca era poco fruttuosa. Anche quando c’è il vuoto, anche quando c’è una perdita, anche quando c’è una sconfitta, c’è sempre il richiamo di Cristo a gettare nuovamente la rete: gettatela nel mio nome!”. Così, di sicuro, papa Francesco mai si è “stancato, di portare avanti questo messaggio”. E, sempre le parole di don Angelo:
Non quanti numeri abbiamo, quanti frequentano, quanti popolano le piazze, quanti esprimono il loro consenso e il loro vertice di gradimento, ma quanta umanità può conoscere ancora Cristo: quanti uomini e quante donne hanno bisogno di incontrare ancora questo annuncio forte.
E come i 153 pesci che Pietro ritrova nella rete sono metafora di tutte le nazioni, anche Papa Francesco ha cercato di accogliere tutti nelle maglie della Chiesa. Poi, l’altro bel passaggio su cui è si è soffermata l’omelia: l’invito di Gesù ai discepoli a banchettare portando un po’ del pesce pescato assieme a lui. Anche a noi viene chiesto di sentirci interpellati ad “associarci all’offerta di Cristo”. Così, mai Papa Francesco si è stancato di coinvolgere tutto il popolo di Dio per renderlo partecipe della salvezza e condurre tutti nel cuore di Dio.
Ora, l’augurio – ancora le parole dell’amministratore diocesano – che lo stesso invito al banchetto che Gesù rivolse al primo papa, sia giunto anche a Papa Francesco. A lui che ha avuto, come primo compito, la custodia della fede – non ha mancato di sottolineare don Angelo – ricordando, inoltre, che “Luce della Fede” è proprio il titolo della prima enciclica che il Santo Padre ha pubblicato, a doppio nome con il suo predecessore, Benedetto XVI.
Basilica Cattedrale di Matera, 25/04/2025
Una celebrazione semplice, ma espressiva, non solo grazie ai segni liturgici dell’incenso o dei candelieri, ma anche in virtù di un’assemblea attiva, che inizia a riconoscere la presenza dei diversi ministeri nella liturgia e nella vita della nostra Chiesa locale. Che mostra la sua maturità nel rispondere all’invito che il papa ci ha portato sempre in questi dodici anni di pontificato e ancora nel suo testamento: “Pregate per me”.
Il popolo di Dio torna nelle sue case, sulle strade bagnate dall’acquazzone che è ormai finito, con il pensiero orante a Francesco e al conclave che inizierà i suoi lavori il 5 maggio. E al nuovo papa che eleggerà il nostro nuovo vescovo. Ma anche alla Chiesa del nostro tempo e alle alleanze tra le grandi potenze del mondo. Riconoscendo che quel che non si riesce ad ottenere a tavolino è possibile giunga in dono in ginocchio. Anche per intercessione di Papa Francesco, di cui alcuni immaginano il primo miracolo sarà la pace.
Dicono di lui…
Di seguito, alcune testimonianze su questo momento di passaggio rappresentato per la Chiesa Universale dalla dipartita di Papa Francesco:
- quella dell’Amministratore Diocesano don Angelo Gioia;
- a seguire, quella di don Angelo Gallitelli, parroco della Cattedrale di Matera;
- infine, una rassegna di voci di alcuni dei fedeli presenti alla celebrazione sull’eredità che il papa lascia, sulle parole chiave del suo pontificato, sui messaggi trasmessi dal papa in questi 12 anni che più hanno inciso nella vita degli intervistati. Buona visione.
Amministratore della Diocesi di Matera-Irsina
nella Celebrazione Eucaristica in suffragio di Papa Francesco
Matera, Basilica Cattedrale “Maria SS. della Bruna”, 25 Aprile 2025, ore 19:00
Commuove ulteriormente il nostro cuore questa partecipazione così numerosa e sentita in questo momento di dolore in tutta la Chiesa che, come una grande famiglia, si stringe proprio nel dolore per la perdita di un padre.
La celebrazione di questa nostra Eucaristia in suffragio del Santo Padre Francesco diventa il segno tangibile di una comunione tra tutte le Chiese e la nostra Chiesa locale, nel ricordo del Santo Padre, rinsalda ulteriormente la propria comunione con tutta la Chiesa universale, che riconosce nel ministero petrino la funzione di unità nella carità.
Ognuno di noi, questa sera, rivolgendo il pensiero al Santo Padre Francesco rinsalda questo vincolo di unità nella carità.
Il suo ministero, la sua presenza, la sua testimonianza, ma soprattutto la sua fede, noi vogliamo riconoscere come frutto prezioso del suo essere stato scelto a capo della Chiesa. Perché resta sempre vero che il vicario di Cristo in terra viene scelto a partire dalla fede. È Cristo che sceglie il suo rappresentante sulla terra a partire dalla fede.
Nella prima lettura, l’apostolo Pietro, nel suo discorso di Pentecoste, definisce Cristo “pietra scartata” che diventa “pietra d’angolo”: le pietre scartate sono quelle che durante la fase di edificazione di un edificio vengono poste da parte perché ritenute inutili in quel momento, ma possono diventare preziose nel momento in cui bisogna rinsaldare una parete, un muro, e quindi quello scarto diventa prezioso. Tutto questo può essere riconosciuto intorno a Cristo Gesù. Nessuno può diventare una pietra di scarto, pietra d’angolo, nessuno, anzi tutti diventano pietre scartate, pietre d’angolo nel momento in cui ci si riconosce stretti intorno a Cristo e soprattutto lavorati da lui.
Il ministero di un Papa dovremmo sempre più riconoscerlo dalla luce di questa fede.
“La luce della fede”, la sua prima enciclica, scritta con Papa Benedetto XVI, lo sguardo umano, che non resta l’unico sguardo con il cui osservare le cose del mondo, ma lo sguardo umano illuminato dalla luce della fede, che arriva a dire nei momenti di estremo bisogno, nei momenti in cui ci si sente scarto, che si può diventare pietra d’angolo: in nessun altro c’è salvezza. Nel nome di Cristo Gesù tutto può essere salvato, tutti possono essere salvati. Quante volte Francesco ha fatto sentire questa voce forte e possente, come forte e possente deve essere la fede, incrollabile, perché fondata sulla voce del Cristo.
Ha creduto, ha lottato Papa Francesco, proprio in nome di Cristo Gesù, perché tutto e tutti potesse ritrovare salvezza.
Il Vangelo ci presenta ancora Pietro, di cui Papa Francesco è diventato uno dei successori. Questo Pietro che, alla luce e con la forza della risurrezione di Cristo, ha la necessità di ripercorrere un po’ la sua storia, di ritornare un po’ sui suoi passi, di fare l’esperienza del ritorno a qualcosa che più gli dava sicurezza, più gli dava certezza, il suo lavoro: “Io vado a pescare”, dice ai suoi amici. E salirono su una barca, ma quella notte non presero nulla. Può capitare, può capitare anche per gli uomini di Dio: sicuramente sarà capitato anche a Papa Francesco di vedere che, forse, la sua pesca era poco fruttuosa. Gli appelli, i richiami, le denunce, a volte anche qualche parola oltre le righe… non avessero prodotto quello che ci si aspettava. Ma proprio in questo scarto, tra quello che si dice e quello che si raccoglie o che non si raccoglie, lì si può misurare la forza di chi ha fede in Cristo.
E non possiamo assolutamente mettere in dubbio che Papa Francesco sia stato un uomo in cui l’affidamento, la consegna, il portare il peso della storia dell’umanità non si sia incarnato. Anche quando c’è il vuoto, anche quando c’è una perdita, anche quando c’è una sconfitta, c’è sempre il richiamo di Cristo a gettare nuovamente la rete: gettatela nel mio nome! Ecco perché non si è mai stancato, ma di portare avanti questo messaggio, mai.
Perché gli uomini di fede sono così. Non guardano ai risultati, non guardano ai consensi, non guardano a ciò che pensa la gente.
Bisogna avere coraggio anche se si resta soli, soprattutto quando si resta soli e ascoltare nuovamente una voce: “Gettate la rete da un’altra parte, pescherete, troverete”. Furono presi quella notte, veramente dopo una notte infruttuosa, 153 grossi pesci. Ecco, sappiamo il numero è simbolico e sottolinea l’universalità della Chiesa, che erano le nazioni allora conosciute. E Francesco è un Papa che nella sua vita ha voluto raggiungere veramente tutti, per dare il segno tangibile che Cristo è davvero tutto, lì dove c’è l’uomo, lì dove c’è ogni uomo, lì c’è Cristo.
Ecco la pesca fruttuosa. Non quanti numeri abbiamo, quanti frequentano, quanti popolano le piazze, quanti esprimano il loro consenso e il loro vertice di gradimento, ma quanta umanità può conoscere ancora Cristo. Quanti uomini e quante donne hanno bisogno di incontrare ancora questo annuncio forte.
Solo in Cristo c’è salvezza. La missione e la testimonianza di ogni uomo di Dio, di ogni uomo chiamato da Dio, di ogni ministro della Chiesa, di ogni membro del popolo cristiano come testimone della fede, deve essere ispirata a questo forte richiamo: gettare sempre la rete.
E poi c’è un altro passaggio di questo splendido Vangelo di Giovanni. Gesù sta sulla riva e invita al banchetto. Però invita a portare un po’ di pesce a questo banchetto che ha preparato lui: il pesce che avevano pescato un po’ prima anche gli apostoli, Pietro e suoi compagni. “Portate un po’ del pesce pescato poco fa. Venite a mangiare”.
La partecipazione, la consegna, l’offerta, il non stancarsi mai di dire: “Io cosa posso offrire al Signore? Cosa mi chiede il Signore? Cosa è importante che io associ all’offerta di Cristo?”. Come non leggere anche qui il suo ministero di papa, di guida della Chiesa, è il segno proprio di questa partecipazione accorata, dello sforzo di far entrare tutto il popolo di Dio nel cuore di Dio: tutti nel cuore di Dio.
Perché Dio è di tutti. Dio è di tutti e non fa preferenze di persone. E allora, pensando un po’ a Francesco, a poche ore dal suo funerale, vogliamo credere, vogliamo sperare che l’invito al banchetto rivolto a Pietro sulle rive del lago diventino per il nostro Santo Padre l’invito al banchetto eterno. Perché anche lui possa offrire, possa consegnare, possa presentare tutta la Chiesa. Quella Chiesa che è amata, quella Chiesa che ha servito, quella Chiesa dalla quale si è sentito continuamente stimolato ad essere un riferimento di Cristo. Preghiamo, offriamo, partecipiamo e coroniamo la sua memoria con la nostra testimonianza di vita cristiana.
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