Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin ha presieduto il giorno 10 gennaio, come inviato del Papa, il rito della Dedicazione della nuova chiesa presso il sito del Battesimo del Signore sul fiume Giordano (Al-Maghtas).
È questo un gesto carico di grandi significati, non soltanto per la prossimità della ricorrenza della festa liturgica del Battesimo di Gesù che viene celebrata nella domenica successiva. Sarà probabilmente uno dei gesti destinati a rimanere nella storia di questo Giubileo della speranza.
Al-Maghtas, che nei Vangeli è indicata come Betania al di là del Giordano, da non confondersi con la Betania di Lazzaro, Maria e Marta, è un sito in territorio giordano dove appunto Gesù ha ricevuto il battesimo da Giovanni Battista.
Sebbene collocata in una regione, come è quella mediorientale, attraversata da forti tensioni e attualmente sfigurata dalla guerra in corso, questo angolo di territorio è da lungo tempo smilitarizzato e può essere considerato un’oasi di pace.
Qui, già 15 anni fa, è iniziata l’edificazione di una nuova chiesa come luogo dove fare memoria del Battesimo di Gesù. Si tratta di un edificio di dimensioni davvero notevoli, di circa 2200 metri quadrati e capace di accogliere oltre mille fedeli.
«La Casa Reale giordana» scrive su Vatican News il nunzio apostolico mons. Dal Toso, «ebbe a cuore da subito Maghtas e decise di creare una commissione per gestire il luogo santo. Data la presenza, anche in Giordania, di diversi riti cristiani, a ciascuno fu affidato un terreno per permettere il relativo culto. Il Patriarcato latino di Gerusalemme ebbe in affidamento un terreno, nel quale nel 2009, nel corso del suo pellegrinaggio in Terra Santa, Benedetto XVI pose la prima pietra della costruzione della chiesa».
Negli anni Novanta, proprio su questo terreno, padre Michele Piccirillo, grande archeologo francescano, aveva individuato, alla luce di evidenze archeologiche di antichi documenti tra i quali la mappa mosaica di Madaba e ovviamente alla luce di riferimenti biblici, quella che poi si sarebbe rivelata con grande probabilità essere la “Betania al di là del Giordano”, dove appunto Gesù fu battezzato.
«Alla costruzione» riferisce sempre il nunzio apostolico in Giordania, mons. Dal Toso, «ha contribuito in maniera sostanziale il Signor Nadim Mouasher, cattolico latino giordano, che ha voluto così onorare la memoria di un figlio, morto improvvisamente. La Chiesa è stata affidata dal Patriarcato all’Istituto del Verbo Incarnato, che vi ha presenti due comunità contemplative, una maschile e l’altra femminile».
Come sappiamo, questo luogo sul fiume Giordano riveste una certa importanza per il gesto compiuto in umiltà da Cristo che, pur essendo egli senza peccato, ha voluto sottoporsi al rito del battesimo di Giovanni il precursore. Ma il sito assume un significato ancora più grande se si considera che è stato proprio qui che si è manifestata per la prima volta pubblicamente la divinità di Cristo, quando irruppe dal cielo una voce che tutti poterono udire: «questo è il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto. Ascoltatelo».
In questa manifestazione soprannaturale vi è anche la specificità del fatto cristiano che si presenta come una religione rivelata direttamente da Dio e non tanto come una dottrina frutto della ricerca religiosa dell’uomo. È un aspetto su cui la Chiesa in tempi recenti sta insistendo particolarmente. San Giovanni Paolo II, per esempio, volle introdurre nella recita del Santo Rosario i Misteri della luce, menzionandolo esplicitamente al Primo mistero, “Il Battesimo di Gesù al Giordano”.
Era l’anno 2002 e proprio in quel periodo questo sito bagnato dal fiume Giordano cominciava a divenire meta di spontanei pellegrinaggi. Con la consacrazione della chiesa del Battesimo di Gesù, proprio in quest’anno giubilare, la Chiesa ha voluto stabilire un luogo dove i pellegrini possano rinnovare la loro adesione a Cristo. È in questo luogo che Giovanni Battista ha detto di Gesù: «Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato del mondo!».
Il cardinale Pietro Parolin, durante la cerimonia della Dedicazione della chiesa del Battesimo di Gesù, ha ricordato a tutti che «siamo cristiani perché siamo battezzati». Ha inoltre voluto riprendere il contenuto della lettera che papa Francesco ha inviato ai cattolici del medioriente il 7 ottobre scorso e con la quale si metteva in luce la loro vocazione ad «essere un seme di speranza, un seme piccolo, un seme circondato dal buio, ma un seme che porta frutto».
Anche la specificità geografica del sito di Betania, per il cardinale, induce ad alcune riflessioni. È il “punto più basso della terra”, in una depressione a circa 400 metri sotto il livello del mare; eppure, ha detto Parolin, è proprio dalla profondità di questo luogo che “si è aperto il cielo” ed è da qui che viene invocato «il dono della pace, quella vera, che nasce nei cuori e si diffonde in tutto il tessuto sociale».
Forte è stato il suo appello per un cessate-il-fuoco nella regione, per la liberazione degli ostaggi e per il rispetto del diritto umanitario: «Il cuore dei responsabili delle nazioni si lasci convincere a cercare la pace e la convivenza tra i popoli. Non sia la violenza a determinare il nostro futuro».
Parolin ha infine rivolto un ringraziamento alle autorità giordane e al benefattore il signor Nadim Mouasher. Ha concluso ricordando che «insieme a questo, altri posti nel Regno hashemita testimoniano la presenza di Cristo e della prima Chiesa e di essi sarà oggetto la mostra che a febbraio si svolgerà in Vaticano; così si esprime il legame profondo tra la Giordania e la Santa Sede».
Nel ricordo della storica visita fatta nel 1964 da san Paolo VI nel Paese mediorientale, infatti, il Ministero del Turismo e delle Antichità e l’Ente del Turismo della Giordania hanno allestito una mostra sul tema “Giordania: l’alba del cristianesimo” che sarà presentata in Vaticano il 31 gennaio. Si tratta di oltre 80 reperti che risalgono al I secolo d.C. e che attraversano l’epoca bizantina, islamica e hashemita.
Con questo evento culturale, le autorità giordane vogliono mettere in luce il ruolo della nazione nella nascita e nello sviluppo della religione cristiana. C’è, evidentemente, anche la volontà di offrire un sostegno alla presenza cristiana nella regione; una presenza che, come ha detto illustrando la mostra il ministro del Turismo, la signora Lina Annab, nella Giordania è «parte essenziale del suo passato, presente e futuro». La Giordania, ha poi aggiunto Abed Al Razzaq Arabiyat, direttore generale dell’Ente giordano del turismo, vuole proteggere e preservare il cristianesimo, promuovere la tolleranza, la pace e l’unità tra i popoli.
Le parole del cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca dei latini di Gerusalemme
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