Cattedrale di Matera. La Speranza nel cuore della Notte Santa

Mentre molti, che pure si dicono cristiani, erano intenti ad entrare nel giorno di Natale radunati attorno ad una tavola, tra sapidi piatti di festa, assorbiti dal gioco, dimenticando chi è il Festeggiato di questa notte, tanti altri – dopo aver lasciato per tempo la tavola domestica – erano radunati davanti alla mensa dell’Eucaristia per rivivere il mistero di Cristo di cui oggi facciamo memoria della nascita secondo la natura umana. Nel cuore della notte, ricordando il silenzio che tutto avvolse quando discese la Parola divina e la luce brillò.

Ci portiamo in Cattedrale, nella celebrazione presieduta dal nostro Arcivescovo Antonio Giuseppe, attorno a cui una porzione della nostra chiesa locale è riunita “nella notte dell’umanità per celebrare la luce che dall’alto dei cieli ha squarciato le tenebre, arrivando fino a noi per illuminarci” – sono le parole del nostro Pastore nell’omelia.

Un momento intenso di preghiera ha preceduto la celebrazione eucaristica: la Veglia scandita dalla memoria delle profezie che hanno annunziato il Messia promesso, le preghiere che lo hanno invocato, il silenzio cosmico che ha avvolto la sua nascita. In comunione con il Santo Padre Francesco che alle ore 19 nella Basilica di san Pietro ha aperto la Porta santa dando inizio al grande Giubileo e spalancando le porte al Principe della Pace, al Dio Bambino, al Pastore buono che ha unito la terra al cielo.

Al termine della veglia il diacono ha proclamato la “Kalenda”, l’antico inno che tesse il memoriale di Cristo, Redentore dell’uomo, centro del cosmo e della storia. Tutto converge in Lui: il passato, il presente, il futuro.

Venticinque dicembre, luna vicesima quarta
Trascorsi molti secoli dalla creazione del mondo,
quando in principio Dio aveva creato il cielo e la terra
e aveva fatto l’uomo a sua immagine;
e molti secoli da quando, dopo il diluvio, l’Altissimo aveva fatto risplendere l’arcobaleno, segno di alleanza e di pace;
ventuno secoli dopo la partenza da Ur dei Caldei di Abramo, nostro padre nella fede;
tredici secoli dopo l’uscita di Israele dall’Egitto sotto la guida di Mosè;
circa mille anni dopo l’unzione di Davide quale re di Israele;
nella sessantacinquesima settimana, secondo la profezia di Daniele;
all’epoca della centonovantaquattresima Olimpiade;
nell’anno 752 dalla fondazione di Roma;
nel quarantaduesimo anno dell’impero di Cesare Ottaviano Augusto;
quando in tutto il mondo regnava la pace, Gesù Cristo,
Dio eterno e Figlio dell’eterno Padre, volendo santificare il mondo con la sua venuta, essendo stato concepito per opera dello Spirito Santo, trascorsi nove mesi, nasce in Betlemme di Giuda dalla Vergine Maria, fatto uomo:
Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la natura umana.
Dalla liturgia

La Notte dell’Incarnazione si intreccia con la Notte della Resurrezione di Cristo: dalle tenebre il fulgore di un Dio fatto Bambino follemente innamorato della “carne umana”, dalle tenebre lo splendore del Risorto che continua a scommettere sull’Umanità spalancando le braccia sulla Croce e rotolando il masso della durezza dei nostri cuori.

E così da 2024 anni la Notte cede il passo all’Aurora: solo la Solennità del Natale ha il privilegio di dare lustro a questo momento celebrando la Messa dell’Aurora…  La Luce si trasforma in “oro” e tocca le trame più profonde di ogni essere umano.

E così da 2024 anni, anche questa in Notte santa, al principio di quest’anno giubilare, nel dodicesimo anno del pontificato di Francesco, “mentre un profondo silenzio avvolgeva tutte le cose, e la notte era a metà del suo rapido corso, la parola onnipotente dal cielo, dal trono regale, si è lanciata in mezzo alla terra …” (cfr Sap 18, 14-15).

“Un bambino è nato per noi. Consigliere ammirabile, Dio potente, Padre per sempre, Principe della pace è il suo Nome!” (cfr Is 9,5).

“È venuto ad abitare in noi, affinché ogni uomo che lo accoglie possa tracciare strade dove il bene vinca il male, la pace allontani la guerra, il perdono dissipi le tenebre della vendetta, la fraternità costruisca ponti umani”, così l’arcivescovo nell’omelia di questa notte.

Lo Spirito e la Sposa hanno gridato: Vieni! E la Stella luminosa e radiosa del mattino, unica Speranza del mondo, si è fatta Carne e da allora noi possiamo esultare cantando: “Natale di nostro Signore Gesù Cristo secondo la Carne!”.

Eppure, sono ancora le parole dell’omelia dell’Arcivescovo di questa notte, già “in quella celebre notte di Betlemme, in pochi si resero conto della straordinaria nascita di Gesù. Si possono contare sulle dita di una mano: Giuseppe e Maria, seguiti dai pastori. Il resto dell’umanità era assente. Anche oggi, nonostante la percentuale elevata di chi si dichiara cristiano, quanti si accorgono della nascita di Dio nella carne? Benedetto XVI ha avuto il coraggio di definire il Natale attuale come ‘l’Apostasia da Gesù Cristo’. In un altro passaggio ha affermato: ‘Certamente, i segni esterni sono belli e importanti, ma devono servirci per vivere il Natale nel suo significato più autentico, quello sacro e cristiano’ (Udienza 21 dicembre 2011)”. “Eppure, proprio in questo contesto, si avverte un desiderio di pienezza di vita, per un’esistenza più bella e dignitosa” (lettera pastorale in cammino verso il Giubileo del 2025 ‘Viandanti della speranza… nelle nostre Chiese locali’).

Nonostante tutto, oggi Gesù nasce come Alfa e Omega, Principio e Fine, speranza che non delude, Amore smisurato tessuto da sempre nelle viscere profonde della terra, plasmato nel grembo di una Mamma che continua a farci dono di un Figlio chiamato Salvezza.

E anche noi, continua l’Arcivescovo, “accogliendolo, diventiamo viandanti di speranza nel buio della storia: ‘Come cristiani – continua la lettera del nostro Pastore in preparazione al Giubileo – siamo chiamati a essere seriamente ‘viandanti di speranza’. Tutto sarà possibile se saremo capaci di lasciarci incontrare dal Signore, risentire la sua voce che chiama, anche oggi, a seguirlo’”.

Cadiamo in ginocchio.
La meraviglia non ha confini.
L’adorazione non ha sufficiente umiltà.
La gioia non ha parole bastevoli.
Il cielo si è spalancato.
Il mistero della vita interiore di Dio si è manifestato.
L’umiltà trascendentale di Dio si è palesata feconda.
Cristo non sei lontano nei secoli.
Tu sei vicino, sei presente, sei nostro, se ti sappiamo accogliere.
Tu sei la luce, la letizia, tu sei l’amore.
Abbiamo un solo desiderio: rimanete uniti a te,
non cristiani di nome, bensì cristiani convinti. Amen.

Queste le parole che l’allora Card. Montini, poi Papa Paolo VI, scrisse per la notte di Natale del 1955, che il Vescovo porge agli uditori presenti nella messa nella notte di Natale.

Di seguito il testo completo dell’omelia dell’Arcivescovo tenuta nella Notte di Natale 2024 nella Cattedrale “S. Maria della Bruna”.

Santa Maria della Speranza ora pro nobis! Dacci sempre del frutto del tuo grembo colmo e traboccante di Vita.

Si ringraziano Francesco Lionetti e Grazia Caiella per le foto e i video.

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Maria Pina Rizzi e Giuseppe Longo

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