Fra poco più di un mese è Natale, la festa più attesa insieme alla Pasqua. E’ una festa fondamentale per la cristianità, ma lo è indubbiamente per tutta l’umanità. Nell’attesa della nascita di Gesù, sono tante le riflessioni etiche, morali, sociali, politiche e economiche, che su di essa si possono fare. Prima di affrontare uno dei suddetti aspetti, è giusto fare una breve storia sulla nascita del Natale.
Perché la ricorrenza del Natale si celebra nel giorno del 25 dicembre?
Quanti sanno le sue radici e per quale ragione viene festeggiato il 25 dicembre? Nella Bibbia non ci sono elementi che suggeriscono in quale mese o giorno sia nato Gesù. Per comprendere le origini dei festeggiamenti natalizi, dobbiamo fare riferimento al mondo romano. I Saturnalia erano legati al Solstizio d’Inverno che, secondo il calendario giuliano, fissato da Giulio Cesare nel 45 a.C., cadeva proprio il 25 dicembre. I cristiani temevano la diffusione di un nuovo culto dedicato al Sole Invitto (il primo culto dall’aspetto monoteistico). Decisero così di “cristianizzare” una festa pagana celebrata nell’Impero e scelsero il 25 dicembre come data della nascita di Gesù, l’unico e vero Sole dell’umanità. Epifanio di Salamina, vescovo cristiano e scrittore, si rese conto dei punti di contatto tra la festa del Sole Invitto e la nascita di Gesù. Si presume, pertanto, che, per sfruttare queste somiglianze e sovrapporre alla ricorrenza pagana quella cristiana, nel IV secolo Giulio I fissò la data di nascita di Gesù proprio il 25 dicembre. Nel 529 la data venne ulteriormente ufficializzata da Giustiniano, che la rese una festa ufficiale dell’Impero Romano. Ed ecco perché, da allora, si festeggia il Natale il 25 dicembre, almeno tra i cristiani d’Occidente.
L’altro aspetto del Natale è la nascita del presepe. La tradizione del presepe così come la conosciamo oggi la si deve a San Francesco d’Assisi che, per primo nel 1223, realizzò una rappresentazione della Natività a Greccio, nel Lazio, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da papa Onofrio III. Non erano ancora presenti tutti i personaggi come li vediamo oggi. Per avere il presepe al completo sarebbero dovuti passare circa 60 anni, quando venne realizzato dallo scultore Arnolfo di Cambio. Questo presepe, il più antico del mondo, è conservato a Roma nella Basilica di Santa Maria Maggiore.
Fatta questa importante premessa, affrontiamo uno degli aspetti più contradditori del Natale dell’epoca attuale: “il consumismo”. Il 20 Dicembre 2023, nell’udienza tenuta nell’Aula Nervi dedicata al Natale, Papa Francesco si rivolse ai presenti: “Ecco la prima caratteristica: il presepe nasce come scuola di sobrietà”, continua: “Oggi il rischio di smarrire ciò che conta nella vita è grande e paradossalmente aumenta proprio sotto Natale: immersi in un consumismo che ne corrode il significato”.
Nella Messa a conclusione della 50.ma Settimana sociale di Trieste (luglio 2024) Papa Francesco così si è espresso: “La società è spesso anestetizzata e stordita dal consumismo, quell’ansia di avere cose, di averne di più, di avere soldi. Il consumismo è una piaga, un cancro che ti ammala il cuore, ti fa egoista, ti fa guardare solo a te stesso”.
Di fronte alle sfide sociali e politiche che ci interpellano in questo periodo difficile per l’umanità, vogliamo partire dalle affermazioni di Papa Francesco per affrontare il tema del rapporto tra il Natale e il consumismo.
Le strade e i negozi delle città sono piene di decorazioni natalizie e di luci, simboli di un giorno tanto atteso. La corsa agli acquisti da un lato aiuta l’economia, ma dall’altro distrugge il vero significato del Natale. Quindi sorge spontaneo chiedersi se sia giusto sacrificare il senso del Natale per aiutare l’economia, oppure no. La nascita di Gesù Cristo genera un momento di condivisione, un’occasione per riunirsi con amici e parenti, un momento di riflessioni sulle sorti dell’umanità. I doni e i regali possono essere un motivo in più per farci avvicinare ai nostri cari, ma non devono diventare l’unico scopo di questa festività, altrimenti si rischia di perderne il significato e anche tutti i buoni valori che porta con sé. In passato non si era abituati a tanti sfarzi, i regali non si facevano così spesso dato che c’era una minore disponibilità economica. Oggi, invece, per alcune persone il Natale non è altro che un momento per fare acquisti con un guadagno evidente solo per i commercianti.
Ma è davvero necessario comprare ogni anno tanti addobbi e regali? Forse il vero significato del Natale in questi ultimi anni è stato dimenticato. Associare l’economia con questa festa, purtroppo, sta a significare che nelle famiglie di oggi l’apparenza è più importante della sostanza, quindi, bisogna fare attenzione a non perdersi troppo nei contorni rischiando di tralasciare la vera importanza del Natale. Questa festività è da riscoprire in ogni sua sfumatura: Natale non è sinonimo di consumismo ma di amicizia, amore, gioia e pace. Un nuovo inizio per l’uomo.
Sta a noi scegliere da che parte stare, meglio l’apparenza o la sostanza?
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