Piazza San Bernardino è stranamente vuota; la comunità attende trepidante il passaggio di consegne. La statua del santo patrono svetta più del solito e quel cenno si fa più imperioso. Don Vito è tranquillo e sempre sorridente; ha una battuta e una premura per tutti. Abbiamo già imparato ad affidarci al nostro nuovo pastore. Non sembra formalizzarsi troppo, eppure dà l’impressione di essere molto presente a se stesso.
Le due corali (il Coro “Alleluia” e il Coro “San Bernardino da Siena”) eseguono in ensemble i canti, sperando di animare dignitosamente una liturgia così cruciale per l’intera cittadinanza, ma anche per i paesi limitrofi, rappresentati a vario titolo da autorità religiose e civili. Presiede la celebrazione eucaristica Sua Eccellenza Monsignor Antonio Giuseppe Caiazzo; sono presenti il Vicario Generale don Angelo Gioia e tanti sacerdoti, locali e non. L’assemblea è assorta, commossa, entusiasta, a tratti divertita: l’humour del ‘nostro’ don Pino è straripante.
Alla fine della messa, prima della benedizione e dopo l’intervento del Sindaco vicario dott.ssa Francesca Matarazzo, attendo un cenno per raggiungere l’ambone: ora tocca a me leggere il messaggio di augurio per don Vito. Tra me e me penso: troppa responsabilità! Uno sguardo fugace davanti: la navata centrale è gremita e c’è un silenzio quasi surreale. Inizio.
“A nome di tutta la comunità parrocchiale, saluto Sua Eccellenza il Vescovo, il Vicario Generale, tutti i sacerdoti che hanno partecipato a questa liturgia eucaristica. Saluto don Vito, la sua famiglia e i suoi amici: a nome di tutta la comunità parrocchiale, non tanto estesa ma piena di buoni propositi, gli do il benvenuto in mezzo a noi.
Saluto e ringrazio don Giuseppe (n.d.r. Lavecchia), un parroco e un amico, sempre così parretico e generoso nell’esercizio del suo ministero; le sue omelie le commentiamo in tanti e ci mancheranno. Ricordo commossa don Mariano, e, con me, tutti coloro che hanno avuto l’opportunità preziosa di incontrarlo: la sua perdita così improvvisa è una ferita che ancora sanguina…”
A questo punto, inutile negarlo, la voce mi s’incrina e, con mio sommo stupore e sollievo, leggo la stessa mestizia in tutti gli sguardi che incrocio. Riprendo il controllo, ma a fatica, e la lettura ricomincia, più distesa e sorvegliata.
“Per questo, don Vito, confidiamo nella sua guida paterna e illuminata. Raccoglie un’eredità difficile e sfidante, ma noi tutti siamo sicuri che, con il suo affettuoso rigore e con la sua prossimità, saprà ispirarci, alimentando carismi e progetti di vita cristiani.
Carissimo don Vito, abbiamo avuto modo di conoscerci già nel consiglio pastorale condiviso con don Giuseppe, e oggi la accogliamo come pastore, cercando noi di essere gregge nel senso evangelico, e cioè una comunità di credenti attivi e responsabili, “martiri” nel senso originario del termine, testimoni di Cristo e dello spirito evangelico, merce tanta rara nel mondo di oggi. Siamo tutti chiamati a ripartire, facendo tesoro del cammino fatto finora, percorrendo anche strade nuove all’insegna della sinodalità, che coniuga partecipazione, collaborazione e sostegno reciproco tra laici e religiosi, missione per cui si è tanto investito in questo ultimo periodo di vita diocesana.
A lei chiediamo sostanzialmente due cose.
La prima: che ci parli di Gesù e che ci insegni a pregare, perché, attraverso il Cristo, scopriamo o riscopriamo il nostro legame profondo con Dio, per rendere così più piena e autentica la nostra vita. Abbiamo bisogno del Vangelo in una società che vive di surrogati: sempre più spesso si baratta il desiderio di Dio con la brama di beni materiali e di una sicurezza soltanto illusoria. Siamo consapevoli che tutto questo non ci ha reso né migliori né soddisfatti.
E ancora (le chiediamo, n.d.r.) che il messaggio di Gesù passi attraverso le relazioni, ossia attraverso l’attenzione e l’incontro con le persone, con l’umanità presente in ciascuno di noi, con le povertà e le fragilità che la contraddistinguono e ne fanno qualcosa di unico. Così come è emerso nell’ultimo consiglio pastorale, abbiamo il bisogno e la necessità di vivere meglio le nostre relazioni, per essere segno di speranza e non occasione di scandalo, o peggio di disorientamento. Vorremmo essere fari luminosi o, almeno, lampade accese per chi vorrà mettersi alla sequela di Cristo.
Carissimo don Vito, con le sole forze umane e con le buone intenzioni, riusciremmo a fare ben poco: abbiamo bisogno della grazia del Signore. Per questo ci affidiamo a Lui, al Signore, e ci affidiamo anche al nostro patrono S. Bernardino, esempio di integrità evangelica e di grande amore filiale per la Santa Trinità: il suo trigramma campeggia su molte case qui da noi. La Beata Vergine Maria e i nostri Santi Protettori ci aiutino, affinché possiamo crescere insieme nella fede, nell’esercizio della carità e nella speranza, virtù teologali proprie di chi è consapevole che la nostra storia ha un senso e una direzione: è un cammino meraviglioso e straordinario di redenzione e di salvezza. E nei prossimi anni lo faremo con lei, don Vito. La ringraziamo sin da ora per il suo apostolato nella nostra comunità.
Benvenuto e buon lavoro!”
Ad onor del vero, il messaggio è stato redatto a due mani: da me e dal caro don Giuseppe Lavecchia, ora a Roma per un percorso di studi impegnativo e stimolante. Ecco, in fondo, anche questa sinergia, sebbene in piccolo, è un germe di sinodalità. L’occasione? Questo emozionante “passaggio di consegne” nell’ecclesia, comunità di fedeli in cammino da oltre duemila anni. Mi sembra un inizio segnato dai migliori auspici, quelli di un disegno provvidenziale che armonizza tutto, fin’anche il dolore e lo smarrimento…
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