Santa Teresa di Gesù Bambino e il miracolo di Gallipoli

All’evento soprannaturale accaduto nella cittadina pugliese fu riservata una speciale sessione durante il processo di beatificazione della santa di Lisieux che si sarebbe aperto pochi mesi dopo. Madre Agnese, sorella germana della santa: «fin dalla sua morte la mia piccola Teresa ha fatto molti miracoli, ma nessuno mi ha colpito come quest’ultimo».

La festa di santa Teresa di Gesù Bambino, che ricorre il primo ottobre, è vissuta con viva partecipazione da tutto il popolo cristiano. Su questo giornale abbiamo recensito di recente il bel libro con le omelie di don Giacomo Tantardini, edito dalla Libreria Editrice Vaticana, “È bello lasciarsi andare tra le braccia del Figlio di Dio”. In una delle sue omelie, il sacerdote romano fa un cenno a un episodio che riguarda santa Teresa di Lisieux, alla quale egli era particolarmente devoto. Nel corso dell’omelia del 16 gennaio 2011 infatti, come si legge nella trascrizione pubblicata dalla casa editrice vaticana, don Giacomo volle ricordare il miracolo che santa Teresina compì nel monastero delle carmelitane di Gallipoli, cittadina del Salento, «facendo trovare 500 lire alle suore che ne avevano bisogno per ristrutturare il monastero».

Si era nel 1910 e allora 500 lire era una somma considerevole. Non si sa se questi soldi servissero realmente per lavori di ristrutturazione come ricorda don Giacomo Tantardini e come dichiarò anche il vescovo del tempo, titolare della diocesi di Nardò. C’è anche chi ritiene che la somma che le suore avevano necessità di reperire – in realtà si trattava di un importo inferiore, 300 lire – servisse a scongiurare l’esproprio del monastero da parte dello Stato che, con l’Unità d’Italia, aveva provveduto a incamerare i beni della Chiesa. A subire le conseguenze più pesanti di questi provvedimenti di esproprio furono gli ordini religiosi, particolarmente nelle regioni meridionali.

Qualunque fosse la reale ragione, la situazione che era venuta a determinarsi angustiava non poco le monache gallipoline, preoccupate per la sopravvivenza della loro comunità. E si può capire la gioia al momento del ritrovamento della somma che si era miracolosamente concretizzata.

L’evento era oggettivamente incredibile e il vescovo del luogo, per quella prudenza che sempre la Chiesa adotta in questi casi, volle immediatamente avviare una serie di verifiche sulla veridicità di quanto si diceva fosse accaduto nel locale monastero carmelitano, affidandosi alle severe procedure di un tribunale canonico appositamente costituito.

Con la stessa solerzia, la madre superiora di Gallipoli, suor Maria Carmela, volle mettersi in contatto con il monastero di Lisieux, dove santa Teresina era vissuta, per comunicare l’avvenuto miracolo.

Superiora di Lisieux era madre Agnese di Gesù, sorella di Teresina, la quale alla notizia di quanto era successo nella cittadina pugliese pregò madre Maria Carmela di inviarle informazioni quanto più precise possibili, tanta era l’emozione per quanto si apprendeva. Più tardi, madre Agnese confiderà alla consorella di Gallipoli: «Oh, madre mia, fin dalla sua morte la mia piccola Teresa ha fatto molti miracoli, ma nessuno mi ha colpito come quest’ultimo».

Madre Maria Carmela si premurò allora di inviare al monastero di Lisieux una dettagliata relazione con una lettera datata 25 febbraio, poco più di un mese quindi dal miracolo. Le informazioni ricevute devono aver rallegrato non poco madre Agnese di Gesù nella duplice veste di superiora del monastero e di sorella germana di Teresina. Perché da Gallipoli, tra le altre cose, si portava a conoscenza un particolare importante. Riguardo cioè al fatto che – scriveva madre Maria Carmela – «a Roma vi è un gran documento con la firma non solo di tutte le suore, ma ancora dell’illustrissimo monsignor vescovo e d’una Commissione di reverendi fra i quali vi è pure quella d’un santo padre della Compagnia di Gesù!»

Proprio in quei giorni, infatti, si attendeva la comunicazione dell’autorità ecclesiastica per l’apertura della causa di beatificazione di Teresa di Gesù Bambino che effettivamente sarebbe stata avviata il successivo 12 agosto e il miracolo di Gallipoli capitava a proposito. Perché già nel momento dell’apertura della causa si poteva esibire quel “gran documento” che, nel rispetto delle norme canoniche, esprimeva un pronunciamento ufficiale dell’autorità ecclesiastica riguardo al miracolo.

Si può capire a quali conclusioni fosse giunto “l’illustrissimo monsignor vescovo” se volle far recapitare alle carmelitane di Gallipoli anche una sua personale offerta di 500 lire. La somma era contenuta in una busta, con l’indicazione di doverla aprire in occasione dell’anniversario del miracolo. La busta con il denaro era a sua volta inserita in un’altra busta più grande, sigillata con le insegne episcopali.

Giunto il 16 gennaio 1911, giorno dell’anniversario del miracolo, il vescovo si recò al monastero delle carmelitane di Gallipoli dove aveva previsto di predicare gli Esercizi spirituali. Giungendo al monastero si assicurò che la busta fosse nella cassetta dove era stata riposta e che i sigilli erano integri.

Al momento opportuno il vescovo invitò la madre superiora ad aprire la busta. Nel compiere questa operazione, ci si accorse che insieme alla busta interna che doveva contenere le 500 lire, c’era dell’altro denaro: due banconote da 100 lire e due da 50, per un totale di 300 lire. Il vescovo, che assisteva alla scena, si allarmò pensando che qualcuno avesse sottratto le 500 lire che egli aveva offerto, scambiandole con una somma minore. In realtà, si constatò che la busta con l’offerta del vescovo era ancora al suo posto e che conteneva esattamente le banconote che erano state inserite.

Insieme a queste grosse somme di denaro, al monastero di Gallipoli in quel periodo succedeva ogni tanto di ritrovare una banconota qua e là. Questi ricorrenti imprevisti, come si può capire, facevano una certa impressione sui canonici preposti allo svolgimento della causa di canonizzazione, tanto che all’esame di quanto succedeva a Gallipoli si decise di dedicare una specifica sessione nella procedura canonica in corso.

Perché le monache carmelitane e Santa Teresina stessa attribuivano tanta importanza a quella somma di denaro? Certamente perché a questo era legata la sopravvivenza della loro comunità. Ma anche per una ragione attinente alle ultime parole riferite da Teresina prima di morire alla sorella Agnese: «Mi sono ricordata con grande dolcezza di quelle parole del Cantico di san Giovanni della Croce: “E ogni debito paga!”.»

Il riferimento della santa è alle parole contenute nel poema di san Giovanni della Croce sul Cantico dei cantici. Gli scritti di questo Dottore della Chiesa, riformatore dell’ordine carmelitano, sono di difficile lettura. Secondo Antonio Sicari, in questa parte del poema san Giovanni della Croce vuole ricapitolare le promesse di Cristo, tra le quali c’è la sovrabbondanza dei doni, “il centuplo quaggiù” – secondo la formula evangelica – e queste promesse avrebbero trovato compimento, per san Giovanni della Croce, nell’intervento divino, in quel «tocco delicato, che sa di vita eterna, e ogni debito paga».

Il motivo che spingeva don Giacomo Tantardini a evocare il prodigio di Gallipoli era una serie di riflessioni sull’intervento della Grazia nelle vicende umane, un aspetto fondamentale nel pensiero di questo sacerdote. Nei giorni precedenti quel 16 gennaio si era soffermato sulle parole del papa che nell’omelia tenuta nella notte di Natale aveva affermato: «Ti ringraziamo, Signore, per la tua bontà, ma ti preghiamo anche: mostraci la tua potenza».

È per affermare la potenza della bontà divina, che col suo tocco vuole liberare gli uomini dal potere del male e risollevarli dall’afflizione, che santa Teresina era intervenuta in soccorso delle monache di Gallipoli, intercedendo per il miracolo.

Talvolta si rimane impressionati dal potere del male. E ciò è comprensibile di fronte a tutto quello che accade. Non si pensa come anche il bene abbia un suo potere e che, anzi, questo può imporsi efficacemente sul male. Manifestandosi perfino, come nel caso del miracolo di Gallipoli, con sovrabbondanza di doni.

I miracoli, in fondo, non sono altro che questo e la preghiera è in questa invocazione al Signore che anche oggi suona particolarmente attuale: di fronte al male che dilaga, «mostraci la tua potenza».

Gallipoli. Reliquiario con una delle banconote del miracolo

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Paolo Tritto

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