Un popolo in festa per S. Eustachio e famigliari martiri, patroni di Matera. Ritornano i cavalli dopo 50 anni

L’Arcivescovo e don Gallitelli: “S. Eustachio e famigliari martiri sono nostri patroni”. Ancora una volta la sera del 20 settembre il popolo di Matera si reca in Cattedrale per pregare numeroso S. Eustachio.

A qualcuno sfugge che S. Eustachio e i suoi famigliari martiri (la moglie Teopista e i figli Agapìto e Teopisto) siano i patroni “principali” della città di Matera e considera invece come patrona la Madonna della Bruna, che – in realtà – è protettrice della Diocesi.

Questo puntualizzano il nostro arcivescovo e il parroco della Cattedrale, don Angelo Gallitelli, nella solenne celebrazione eucaristica in onore di S. Eustachio venerdì 20 settembre. E la storia c’insegna che è il popolo materano ad eleggere come propri patroni (IX sec.) S. Eustachio e i suoi famigliari martiri allorché – insidiato dai Saraceni – per loro intercessione ne viene liberato.

Ecco lo sforzo di ridare la giusta collocazione alla celebrazione di S. Eustachio che sta profondendo il delegato arcivescovile per i festeggiamenti in onore della Madonna della Bruna, don Francesco Di Marzio, insieme al comitato. E il triduo che prepara alla festa che anche quest’anno, come da tradizione consolidata, ha previsto la celebrazione di un triduo durante il quale hanno rinnovato le promesse matrimoniali le coppie che quest’anno hanno traguardato i 10, 25, 50 e 60 anni di matrimonio.

Eustachio: chi è costui?

Placido è un valoroso generale di Traiano (+ 117 d.C.). Un giorno, andando a caccia, insegue un cervo di rara bellezza e grandezza: quando, sopra una rupe, si ferma e si volge all’inseguitore, mostra tra le corna una croce luminosa e sopra la figura di Cristo che gli dice: “Placido perché mi perseguiti? Io sono Gesù che tu onori senza sapere”. Placido fa battezzare sé e i suoi famigliari e prende il nome di Eustachio (dal greco ‘Eystachios’, il nome significa ‘buona spiga, buon raccolto’).

Poi, povero, parte per l’Egitto in cerca di fortuna. In viaggio, la famiglia si sparpaglia: la bella moglie viene trattenuta – senza però mai essere violata – dal padrone della nave per il pagamento del viaggio. I figli diventano ufficiali dell’esercito, la moglie diviene poi locandiera.

Dopo che la famiglia si riunisce, Eustachio torna a Roma e viene richiamato da Traiano, che non ha dimenticato il suo valore, per guidare l’esercito imperiale contro i Barbari.

Morto Traiano, l’imperatore Adriano chiede a Placido di ringraziare gli dei per celebrare il trionfo. Era il 140. Al rifiuto, Eustachio e i suoi cari sono posti davanti a un leone affamato che però si allontana mansueto. Allora, vengono introdotti vivi in un bue di bronzo arroventato, morendo subito, ma il calore non brucia loro nemmeno un capello.

Vivo nelle parole dell’Arcivescovo il riferimento all’esperienza in Ecuador

Nemmeno da 48 ore è tornato dall’Ecuador – dove si è svolto il 53° Congresso Eucaristico Internazionale – il nostro arcivescovo Antonio Giuseppe quando ha presieduto la celebrazione eucaristica in onore di S. Eustachio e dei famigliari martiri.

Ecco vivi i ricordi di questa forte esperienza nel raccontare di un gruppetto di seminaristi ecuadoregni incontrati poco prima di celebrare l’Eucaristia (“dio-incidenza!”) e nei cenni ai temi del Congresso che affiorano nell’omelia: la fraternità – quel “bene comune” tanto spesso decantato ma che implica il sacrificio di ciascuno, a cui alle volte però nel concreto si disattende, a rinunciare a qualcosa – e l’eucaristia, che è pane e frutto delle spighe (riferimento, quest’ultimo, anche ad Eustachio).

L’arcivescovo incontra per “dio-incidenza” i seminaristi ecuadoregni poco prima di celebrare l’Eucaristia di S. Eustachio

Di seguito, la riflessione del nostro arcivescovo. “Mistero, azione e vita – come sintetizza lui stesso alla fine dell’omelia – le parole chiave”. Non di meno il riferimento al martirio, punto di arrivo di un “sentirsi presi per mano da Dio, nella coscienza che solo Lui salva”.

In relazione al riferimento alle “buone spighe” cui rimanda il nome di Eustachio, nella celebrazione sono state benedette dall’arcivescovo delle sementi.

Una vivace processione: S. Eustachio in portantina

Una buona rappresentanza dalla cittadinanza materana – con il sindaco, dott. Domenico Bennardi, un consigliere comunale, Emanuele Pilato, l’assessora D’Oppido e qualche pubblica autorità –, nonché del Capitolo Cattedrale, dei Cavalieri della Bruna, delle Confraternite di S. Francesco da Paola, di Cristo Flagellato e dei Pastori della Bruna e, infine, degli Angeli del Carro hanno seguito l’effige di S. Eustachio in processione.

La novità di quest’anno: la portantina trainata da due cavalli che dopo 50 anni torna a portare la statua di S. Eustachio.

Nella processione, che dalla Cattedrale ha sfilato – attraverso via delle Beccherie, Piazza Vittorio Veneto e via Stigliani – sino alla rotatoria di Via Rosselli-via Annunziatella e, quindi, attraverso via XX Settembre e via del Corso, sono stati contemplati cinque misteri della vita di S. Eustachio, dal battesimo al martirio. La Banda della Città di Matera e i canti dei fedeli in processione hanno animato il percorso.

Significativa la sosta in Piazza Sedile, luogo simbolico della cittadinanza e dell’antico governo materano, in cui possiamo immaginare che Eustachio sia stato eletto patrono della città: qui la statua di Eustachio lascia la portantina e viene presa a spalla da alcuni rappresentanti del popolo materano, tra cui il sindaco. Accompagnata dal canto delle litanie dei santi, giunge in cattedrale.

Di seguito alcuni momenti della processione, insieme alle parole di Davide Ingusci, un membro del Consiglio Direttivo dell’Associazione Cavalieri della Madonna della Bruna.

A fine serata, bello spettacolo pirotecnico su Murgia Timone.

Foto: Comitato per i Festeggiamenti della Madonna della Bruna.

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Giuseppe Longo

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