Montescaglioso. Maria SS. Assunta e S. Rocco. E festa sia!

Serate intense quelle del 14 e del 15 agosto: il giorno 16 è la ricorrenza liturgica, che quest’anno vede la novità della sfilata dei cavalli e la successiva benedizione in piazza Roma. Ma il giorno clou della festa a Montescaglioso rimane il 20 con la sfilata del clero a cavallo.

“Ieri [14 agosto, n.d.r.] la statua di San Rocco presente nella chiesa a lui intitolata ha simbolicamente ricevuto le chiavi della città dal sindaco [sono visibili sul bastone] e il medaglione-‘reliquia’ dall’arciprete [don Gabriele Chiruzzi, parroco della chiesa madre]. Come da tradizione, poi siamo andati in processione in chiesa madre”. Questo il racconto di Vito L. Cifarelli, presidente del comitato feste patronali Montescaglioso che si è costituito nello scorso mese di febbraio.

Si coglie soddisfazione dalle parole dei membri del comitato che sottolineano inoltre con piacere come, sia il sindaco sia l’arciprete, in quella serata del 14 hanno incoraggiato la comunità montese a contribuire generosamente a favore del comitato che con generosità si è speso nell’organizzazione. Nondimeno l’incoraggiamento a vivere con gioia la festa, fatta di tanti momenti civili e religiosi. Soprattutto in riferimento a questi ultimi: l’avvertimento a non trascurare il festeggiato che è S. Rocco.

Il comitato, tutto giovane e costituito a inizio febbraio, sta iniziando già a raccogliere i primi concreti frutti di questi mesi di fatica. “I giovani sono energia allo stato puro – commenta don Gabriele – ma grazie a Dio non mi è mai mancato nemmeno il supporto di tante persone di buona volontà, anche in età di pensione”.

Tutti sono soddisfatti e ci sono buone premesse per entrare bene nel vivo dei festeggiamenti.

Un impegno determinato dal desiderio di mettersi in gioco per questi ragazzi e, per il presidente, si tratta come della presa di un testimone: “Mia madre, che ora non c’è più, era molto devota di S. Rocco”.

Del comitato fa parte anche l’arciprete don Gabriele, parroco della chiesa madre, di cui riportiamo le sue parole: “Prima del mio arrivo [ottobre 2017, n.d.r.], il parroco entrava poco nel merito dell’organizzazione del programma delle feste, tanto che al popolo risultò strano il fatto che io assumessi la carica di presidente ‘onorario’. Il sacerdote deve essere presente proprio per guidare gli sforzi al fine vero della Festa. Senza lo sguardo, la vigilanza, la guida del sacerdote è facile che un Comitato Feste si trasformi in una agenzia di spettacolo. Il mio arrivo a Montescaglioso è stato tutt’altro che semplice: l’impegno di rendere questa festa il più rispettosa possibile del contenuto che celebrava mi è costato diversi attacchi personali, anche duri ed offensivi. Purtroppo, sradicare in un popolo atteggiamenti ormai sedimentati ed acquisiti come buoni è opera difficile. Ma con il sostegno di alcuni miei collaboratori sono riuscito, gradualmente, a ricondurre quasi tutto nell’alveo della corretta espressione di fede. E comunque ho trovato tanti aspetti positivi, uno tra tutti la fede genuina di gran parte del popolo che riusciva a guardare all’essenziale, e che mi è stato di grande insegnamento”.

Il 16 agosto la cavalcata e la benedizione dei cavalli. Un programma complesso

La novità della festa di quest’anno, con un comitato che pur nell’innovazione non intende perdere la tradizione (abbiamo ascoltato) e un parroco che vuol fare le cose bene, è stato lo sforzo di dare maggiore centralità alla giornata in cui cade liturgicamente la memoria di S. Rocco: il 16 agosto. Ecco la cavalcata che avverrà in questa data (e non il giorno 18, come sino allo scorso anno): in serata, i cavalli partono dal Campo Sportivo e giungono in piazza Roma dove, alla presenza di S. Rocco vengono benedetti loro, l’auriga, la sua squadra e i cavalieri della cavalcata per S. Rocco.

Il 18 agosto invece è caratterizzato dai due momenti: dell’accensione delle luminarie e del concerto in Cassarmonica.

Il 20 agosto, a Montescaglioso la giornata più lunga dell’anno: lo sparo dei colpi oscuri, l’incoronazione del monumento dei caduti, la celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo, quindi la processione con la statua di S. Rocco per tutte le vie della città, anche le più piccole e sconosciute: il santo porta la sua visita agli ammalati, alle persone sole, a quelle indifferenti. Che vengono benedette con la reliquia del santo patrono. Una processione partecipatissima che dura sin’oltre le 14. Quindi a sera il momento tipico della cavalcata del clero: “Un’espressione antichissima che dava ai possessori di cavallo l’onore di portare sul proprio cavallo il clero montese: sacerdoti, frati e un tempo monaci dell’Abbazia”, spiega Gabriele di Pierro del Comitato Feste.

Cinque centri della Diocesi hanno per patrono S. Rocco, ma ogni località ha le sue espressioni di pietà popolare: don Gabriele che, prima che a Montescaglioso, era stato parroco a Grottole, sottolinea che ad esempio, lì S. Rocco era festeggiato in modo più semplice e con manifestazioni che richiamano l’antichissima storia medioevale della comunità. Come a Montescaglioso unica nel suo genere è la cavalcata del clero, a Grottole poteva essere una statua di fattura spagnola, conservata nella chiesa madre, tra le più antiche della regione”.

Chi era questo santo pellegrino?

“Chiunque mi invocherà contro la peste sarà liberato da questo flagello”, riportava una tavoletta ritrovata accanto alla salma di Rocco da Montpellier e recante il suo nome alla sua morte avvenuta tra il 15 e il 16 agosto in un imprecisato anno tra il 1376 e il 1379. San Rocco, figlio di una famiglia agiata di Montpellier, sin da subito sentì forte la vocazione religiosa e quando sui 20 anni perse entrambi i genitori donò tutto il suo patrimonio ai poveri e si mise in cammino come pellegrino. Ecco i segni iconografici che lo caratterizzano: il bastone, la conchiglia, la borraccia. E una ferita sulla gamba, segno della peste da cui fu contagiato e di cui divenne guaritore. Ad Acquapendente, nel viterbese, gli bastò tracciare il segno di croce per guarire gli appestati ponendo così fine all’epidemia. Famosa la guarigione di un cardinale a Roma (1367 o 1368). Non gli mancarono le disavventure: a Voghera per il suo aspetto trasandato fu arrestato dal governatore locale. Mite anche nella prigionia, attirò l’attenzione di un sacerdote che sospettò di avere a che fare con un santo. L’acclamazione a santo taumaturgo contro la peste, come il prof. Nunzio Buonsanti – montese appassionato di storia locale – ci testimonia, risale al concilio di Costanza (1414-1418). Non tutti sanno però che in Basilicata S. Rocco era invocato anche contro il “flagello del terremoto”.

Riportiamo di seguito un estratto dell’interessante sintesi storica offertaci da Nunzio Buonsanti.

In festa dal 31 luglio con l’asta

“Invece – continua Vito Cifarelli – il 31 luglio abbiamo traslato un’altra statua di San Rocco dalla chiesa intitolata al nostro patrono a Santa Lucia: è quella che oggi [15 agosto, n.d.r.] è rientrata nella chiesa di San Rocco; il 18 sarà trasportata nella chiesa dei Padri Cappuccini e il 20 salirà sul carro”.

Sì, la festa è iniziata il 31 luglio con l’asta per l’aggiudicazione della squadra trainante il carro e del portatore dello stendardo. Un’asta feroce, riferisce Vito Locantore, che con un costo di oltre 18mila € si è aggiudicato la vittoria come auriga, mentre il giovanissimo Stefano Criscuolo la vittoria come portatore dello stendardo. A lui la parola.

Il senso della festa

“Per me la festa rappresenta una occasione favorevole di evangelizzazione, il modo attraverso cui moltissimi giovani si avvicinano al sacro, magari con una coscienza non totalmente formata alle cose di Dio. Quando i giovani, anche attraverso la festa patronale, entrano in contatto con la Parrocchia è allora che il parroco deve saper cogliere l’occasione per dire parole e compiere gesti che abbiano il sapore del Vangelo. Poi Dio farà il resto!”, spiega don Gabriele.

“Il contesto sociale non permette distrazioni: in questo momento occorre ‘vegliare’ e sforzarsi per continuare a tenere ‘la barra dritta’ – continua don Gabriele – perché Satana non disperda ciò che è stato già fatto. Dopo aver esercitato l’esercizio della ‘custodia’ allora si può anche pensare di gettare altro seme, consapevoli che non siamo noi a far crescere la spiga e a riempirla di chicchi”.

“Il mio messaggio per la festa 2024 è chiaro: non basta dire ‘quanto è bella la nostra festa’. Serve rimboccarsi le maniche, collaborare, assumere quella corresponsabilità che deriva dalla nostra stessa maturità umana, al fine di offrire occasioni positive di evangelizzazione e di socialità. Se si dice che la Festa Patronale è l’evento centrale dell’anno per una comunità, poi gli sforzi devono essere conseguenziali. A livello di Comitato Feste ed anche di Enti Pubblici. Una cosa deve rimanere chiara nella mente di tutti: il fine non è mai una festa, ma sempre e solo l’annuncio della salvezza che Gesù Cristo, oggi più che mai, può portare nella vita di tutti”.

Infine, “guardare S. Rocco – è il pensiero che Nunzio Buonsanti ha espresso per conto dell’intero comitato nel suo intervento – significa lasciarsi interpellare a sovvenire ai tanti casi di ‘peste’ che piagano il mondo d’oggi: la disoccupazione, la maldicenza, l’indifferenza”.

E allora, buona festa a tutti!

Evviva S. Rocco!

Si ringrazia Mario Carruozzolo per la gentile concessione delle foto.

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Giuseppe Longo

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