Gli affreschi dell’ex convento francescano dei Padri Osservanti di San Martino d’Agri

Nel cuore del Parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese a San Martino d'Agri si erge l’ex convento francescano dei Padri Osservanti.

San Martino d’Agri è il cuore del Parco nazionale dell’Appennino Lucano Val d’Agri Lagonegrese, appartenente alla Dioecesis Tursiensis-Lacunerulonensis suffraganea dell’arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsico Nuovo assieme ad altri comuni come Castelsaraceno, Castronuovo di Sant’Andrea, Terranova di Pollino. In questo luogo, a pochi passi dal santuario della Madonna della Rupe o da ciò che resta dell’abbazia di Sant’Angelo al Raparo sede di un importante cenobio basiliano prima e italo-greco poi, dove si praticano attività outdoor emozionanti come il torrentismo e il birdwatching, si erge l’ex convento francescano dei Padri Osservanti. Il cenobio, ricordo vivo del passato, offre un metodo di studio che dal piccolo paese potentino conduce a un panorama prima regionale e poi universale, concetto questo più che moderno di analisi. L’istituzione di un convento non è mai stata operazione di vertice, ma viene dal consenso popolare che interpreta le esigenze di un sentimento religioso che non solo riunisce la comunità, ma dispone gli animi ad accogliere i valori etici che rendono feconda la comunità stessa.

Così la storia del convento diventa la storia del paese stesso ed è la storia, in questo caso, di San Martino d’Agri.

E se l’arte in quanto linguaggio universale trasmette con semplicità conoscenze e valori ed educa al bello, gli affreschi del chiostro di San Martino diventano anche opportunità di studio, di ricerca interdisciplinare ed eredità spirituale. Scene bibliche, figure di santi, episodi della vita di san Francesco ci offrono una dimensione spirituale e devozionale che è importante preservare e mantenere integra. “Conservare” la memoria e l’identità di quella che fu un’attiva e prolifica comunità francescana, non può che sensibilizzare sull’importanza della conservazione del patrimonio artistico e religioso, promuovendo una maggiore consapevolezza e rispetto per questi beni culturali.

Il convento sanmartinese, fondato nei primi anni del XVI sec. per concessione di Papa Giulio II, venne soppresso durante il decennio francese con il reale dispaccio del 5 agosto 1809 che sancì l’abolizione delle costituzioni degli ordini mendicanti tra i quali Osservanti, Riformati, Cappucci, Alcantarini. La struttura si prestò a usi diversi, oggi però restano perfettamente leggibili gli affreschi del chiostro, testimonianza visiva di un’epoca passata che offre preziose informazioni storiche sul contesto e sulle influenze artistiche e culturali del periodo.

Gli affreschi vennero eseguiti da Pietro di Giampietro nel 1743/44, artista di formazione poco documentata, si può ritenere che, come altri pittori lucani coevi, abbia avuto come modello i maestri napoletani ai quali la committenza locale si rivolgeva abitualmente. Le notizie biografiche sono scarse e l’unica data nota risulta l’anno di nascita a Brienza nel 1709. Giampietro firma e data opere custodite nei comuni di Brienza, Laurenzana, Ripacandida, Cirigliano e chiaramente San Martino (Splendori del Barocco defilato a cura di Elisa Acanfora, ed. 2009, p. 236).

Gli affreschi raffigurano santi e frati dell’ordine francescano, come frate Angelo da san Martino Casale di Terranova, un cauto san Giacomo della Marca, santo marchigiano la cui iconografia si sviluppa a partire dal chiostro del convento di Santa Maria La Nova a Napoli del 1627 attribuito a Simone Papa che tiene a bada un serpentello che cerca di sgusciare dal calice, ricordando di lottare contro l’eresia o quel san Ugolino da Cerisario dal convento di Cosenza il quale, con altri frati tra cui san Daniele, san Nicola Abenante, san Leone da Corigliano Calabro, partì come missionario nel Marocco, per poi essere catturato, decapitato e straziato per non aver abiurato alla fede cristiana.

Il ciclo di affreschi continua con alcuni degli episodi della vita del Poverello di Assisi desunti dal “De conformitate vitae Beati Francisci ad vitam domini Iesu”, un testo composto tra il 1385 e il 1390 da fra’ Bartolomeo da Pisa. Quindi si ammireranno le storie di santa Margherita da Cortona accompagnata dal suo fedele cane che le fece scoprire il corpo assassinato dell’uomo che amava o del sogno di Papa Gregorio IX al quale il santo aveva profetizzato l’elezione alla Cattedra di Pietro: “Dubitando alquanto il santo Papa Gregorio della piaga del costato, gli disse in sogno il beato Francesco: «Dammi una fiala vuota». E, come gliela diede, la si vide riempire dal sangue del costato”.

Simbolo francescano San Giacomo

Madonna del Carmine

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Milena Ferrandina, Storico e critico d'arte

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