Quel lungo e caldo abbraccio di Maria nella scena della Visitazione

Su Il Giornale dell’arte, Virtus Zallot descrive la Visitazione dell’altare di Ratchis a Cividale del Friuli.

«Per ogni cosa c’è il suo momento» avverte il Qoelet, «un tempo per abbracciare e un tempo per astenersi dagli abbracci». La scena della Visitazione di Maria a sua cugina Elisabetta descrive proprio questo momento. È venuto il “tempo per abbracciare”.

Su Il Giornale dell’arte, in edicola nel mese di luglio, Virtus Zallot, docente di Storia dell’arte medievale presso l’Accademia di Belle Arti di Santa Giulia di Brescia, passa in rassegna una serie di abbracci nell’arte medievale, uno dei quali è l’abbraccio della Visitazione presente sull’altare di Ratchis a Cividale del Friuli, un bassorilievo databile nell’VIII secolo. Virtus Zallot è anche autrice di un volume sullo stesso argomento: “Un Medioevo di abbracci. Non solo d’amore, non solo umani”, edito da Il Mulino.

Visitazione dell’altare di Ratchis, Museo cristiano di Cividale del Friuli
Immagine di pubblico dominio
https://it.wikipedia.org/wiki/File:Altare_del_duca_ratchis,_730-740,_cividale_museo_cristiano_1.jpg

Particolare rilievo ha avuto nella storia dell’arte questa Visitazione dell’altare di Ratchis, tipico manufatto dell’arte longobarda. La Zallot ricorda che è stata portata, in passato, come esempio della scarsa raffinatezza dell’arte longobarda e di un presunto decadimento artistico del Medioevo, per quell’aspetto tutt’altro che femminile, quasi mostruoso, della Vergine Maria e di Santa Elisabetta. E soprattutto, scrive l’autrice, “per le braccia troppo lunghe che si abbracciano in modo improbabile”.

Paradossalmente, sarà proprio questa rappresentazione delle “braccia troppo lunghe” a essere apprezzata dalla sensibilità dell’uomo contemporaneo. Nella Visitazione di Cividale l’abbraccio è l’elemento che caratterizza il momento dell’incontro tra le due cugine, con le loro prodigiose gravidanze. È anche un momento epocale che riunisce idealmente Giovanni il Battista con il suo severo richiamo alla penitenza e Gesù Cristo nel quale invece si compie la promessa, Gesù Cristo che riconsegna finalmente gli uomini al paterno abbraccio di Dio.

Le traduzioni del testo evangelico non parlano di abbraccio, osserva Virtus Zallot; è la tradizione della Chiesa orientale ad adottare per questo tipo di icona la denominazione di “Aspasmos”, che significa appunto abbraccio.

Ma noi possiamo ritrovare questo termine nel testo greco, in Luca 1,41, dove viene usato a significare il saluto di Maria, un saluto che però nel greco antico assume anche il significato di abbraccio.

Spetterà dunque ai barbari longobardi, probabilmente nel loro incontro-scontro con la tradizione bizantina presente in quel loro primo insediamento che li vide presenti nel territorio dell’attuale Friuli, a riproporre la rappresentazione della Visitazione-Aspasmos.

Un incontro-scontro, quello che ebbero i longobardi con la tradizione cristiana, che forse sarebbe più corretto definire scontro-incontro. Perché, nel corso di lunghi secoli, la proverbiale rissosità di questo popolo venne gradualmente ad aprirsi alla pacificatrice realtà della fede cristiana. È un esempio di conversione molto distante dallo stereotipo, com’è comunemente inteso, di un cambiamento di vita improvviso e istantaneo. Il cammino di conversione del popolo longobardo fu piuttosto l’esito di secoli di impegno educativo delle comunità cristiane con cui vennero in contatto. Un periodo lunghissimo in cui questo popolo, tra l’altro, aderì in un primo momento all’arianesimo.

Soltanto successivamente, dopo la cacciata dalle regioni settentrionali, a seguito delle sconfitte inflitte dai franchi di Carlo Magno, e dopo essersi spostati nel beneventano avvenne che, particolarmente per l’opera educativa dei monaci di Montecassino, i longobardi aderirono alla piena comunione cristiana,  abbracciando così la fede trasmessa dagli apostoli.

Era arrivato, anche per loro, come vuole il Qoelet, “il tempo per abbracciare” lo sposo. Quanta storia riesce a comprendere l’abbraccio della Visitazione. Aveva dunque ragione lo scultore del re Ratchis. Quanto lunghe sono le braccia della Vergine Maria. E quanto lunghe quelle degli uomini che, come la sterile Elisabetta, si protendono con mendicante trepidazione verso la Madre del Signore.

Visitazione, maiolica di Giuseppe Mitarotonda
Chiesa di San Rocco, Matera

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Paolo Tritto

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