Ecco che i piccoli centri lucani si mostrano senza veli, pronti a sfoggiare ciò che di più prezioso custodiscono.
Ad Accettura la natura lussureggiante ricca di ulivi e vigne circonda graziose casette. Il Bosco Comunale di Montepiano, presso cui sono state rinvenute terrecotte votive del IV-III secolo a.C., il Parco Regionale di Gallipoli Cognato Piccole Dolomiti Lucane, dove è possibile osservare daini e cervi, e la rinomata area archeologica di Monte Croccia non sono distanti. In questo borgo conosciuto per il rito arboreo del “Maggio”, un antico rito derivante dalla cultura nordica celtica legato alla festa della fecondazione arborea e al rigerminare della vegetazione al ritorno della primavera, qui, dove tutto è silenzio e contemplazione, dove la natura dialoga con l’architettura civile e religiosa, trovano ricovero meravigliose opere d’arte, dal medioevo al contemporaneo.
Conservato nella Chiesa Madre di San Nicola vi è l’imponente Crocifisso di ascendenza renano-vestfalica che riecheggia la tipologia del cosiddetto “Crocifisso gotico doloroso” di origine germanica la cui fortuna si diffuse in tutta l’Europa occidentale a partire dalla fine del sec. XIII grazie alla letteratura mistica e al rinnovamento spirituale promosso dagli ordini mendicanti francescani. Il Cristo definito patiens o vir dolorum ovvero sofferente con il volto allungato, naso sottile, tratti taglienti, orecchie grandi, costato in evidenza e perizoma molto corto sopra le ginocchia, non è l’unica opera straordinaria custodita ad Accettura. Da secoli si venera una scultura che non ha eguali in Basilicata, è una Madonna in trono definita “la matrioska” o semplicemente, per il popolo accetturese, “le tre Madonne” per via della sua triplice natura.
Vi accompagno in questo viaggio:
Sul lato destro del presbiterio della Chiesa dell’Annunziata è collocata una grande teca, all’interno sono custodite tre sculture le cui vicende storiche e artistiche pare siano state molto complesse. Dopo il terremoto del 23 novembre 1980 la Soprintendenza di Matera ha acquisito la scultura “Madonna in trono di ignoto scultore meridionale” in legno e cartapesta inserendola nell’ampio programma di conservazione delle opere d’arte danneggiate dal sisma. Nel 2006 la parrocchia accetturese e il parroco Don Giuseppe Filardi si assunsero l’onere economico di provvedere al restauro per poterla restituire al culto. I lavori vennero affidati alla restauratrice materana Gianna Iozzi.
Il restauro ha rivelato la vera natura dell’opera, altre due sculture all’interno dell’ultima in cartapesta, una sorta di matrioska appartenente a tre stili e contesti storici differenti.
La “terza Madonna” (in ordine cronologico), opera schedata e informatizzata nel Catalogo Generale dei Beni Culturali, ha testa e mani in legno, posticci e non originari, innestati in uno pseudo corpo in cartapesta e risale alla prima metà del sec.XIX. Una datazione, questa, desunta dai fogli di carta utilizzati per la realizzazione dell’opera e provenienti dalle cronache giudiziarie risalenti al periodo pre-unitario (evidenti sono infatti le date 28 ottobre 1810 e 26-29 aprile 1811 indicate sulle deteriorate pagine). Il trono ligneo ha inglobato totalmente la scultura in cartapesta e il rifacimento del 1900 è testimoniato dall’iscrizione posta sul retro che recita:
“RISTAURATA A DIVONEZIONE DI S. LUCIA DI DOMENICA E ROCCO ANNELLA DI ANDREA A.D. 1900”.
Smontate le parti in legno della struttura, si notò che si erano interposti dei piccoli blocchi in legno utili per la costruzione delle ginocchia. Il restauro svelò che, quasi incollata alla parte interna della cartapesta, ci fosse uno strato sottile di legno decorato con motivi floreali, dipinto ad acquerello, impreziosito con inserti in oro e con cintola posta attorno alla vita (seconda Madonna).
Questo strato ligneo venne poi irrobustito dalla restauratrice con del tessuto telato per permettere il distacco dal supporto senza causare gravi danni. Corrispondeva alla descrizione cinquecentesca della “seconda Madonna” citata nella visita pastorale del Monsignor Giovanni Battista Santoni(o), (Taranto, 1529 – Roma, 29 febbraio 1592) Vescovo di Tricarico, datata 1588 e prima descrizione documentata della scultura.
Nella visita pastorale si legge:
“[…] a latere epistulae dicti altaris extat aliud parvum altare quod repertum et cooprtum tribus tobaliis lineis ac pallio laneo croceo cum cruce in medio, supra quod in muro et in alia cappellula extat similis statua mariae virginis coloribus et auro ornata et in dicto altari nondum celebratur”.
Sollevato lo strato della seconda “Madonna”, si notò ce ne fosse un’altra datata seconda metà del sec. XIII in legno policromo e acefala, molto deteriorata. Era la “prima Madonna”. Evidenti sono, ancora oggi, la veste decorata con motivi floreali, il drappeggio nella parte inferiore e i piedini che spuntano sotto la tunica. La statua presenta delle bruciature, probabilmente danneggiata dall’incendio avvenuto nel 1272 che distrusse buona parte del paese tanto che Accettura venne esentata dal pagamento delle tasse.
Oggi le “tre Madonne” incantano. Sono esposte in successione cronologica nella stessa teca.
C’è un prius che va salvaguardato ed è il peso della memoria, della trasmissione alle nuove generazioni di quanto più significativo il nostro passato abbia prodotto e tramandato in forme tangibili capaci di quella grande potenza espressiva che abbiamo tutti il diritto di preservare. La riscoperta di questi due tesori d’arte e di spiritualità racchiusi nel più grande scrigno che prende il nome di Basilicata, richiama l’attenzione dell’osservatore attento e diligente sul patrimonio artistico e culturale di grande livello della nostra regione. Gli storici dell’arte che come me amano in maniera smisurata questo territorio e fortemente motivati, sono chiamati a tutelare e a valorizzare, senza risparmio di energie e nell’interesse delle nostre comunità, opere che nella specificità dei temi e dei soggetti e nella valenza universale del loro significato, rappresentano l’identità di un territorio ancora tutto da scoprire.
Un interessante viaggio nell’arte di un piccolo paese dell’entroterra lucano che vale la pena programmare e compiere.
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