Ogni volta che celebriamo l’Eucaristia, ci nutriamo del Corpo e Sangue di Gesù, ci nutriamo di Dio che si è fatto carne e cibo di vita eterna. Ed è soprattutto durante la S. Messa che Gesù è realmente presente sia nelle specie eucaristiche del pane e del vino, sia nella persona del sacerdote che presiede come Gesù.
Ogni sacerdote è essenziale per avere e ricevere Gesù Cristo. Senza il sacerdote non si può celebrare la S. Messa. È lui stesso che ogni volta che celebra l’Eucaristia fa memoria dell’offerta della sua esistenza a servizio di Cristo e dei fratelli. Offerta vera, reale, come, appunto, quella di Cristo Maestro e Signore.
Mentre ci nutriamo di Gesù nel suo vero corpo e nel suo vero sangue, veniamo assimilati a Lui perché riceviamo il suo amore che ci sollecita a condividerlo con gli altri. Questo vale in particolare per il presbitero che Gesù ha scelto, chiamato e inviato.
Nel cammino della vita, tutti facciamo esperienze difficili da comprendere e, in molti casi, non sempre siamo capaci di gestirle. Tra queste c’è la morte alla quale è impossibile poter sfuggire. Eppure noi cristiani abbiamo qualcosa che gli altri non hanno: la fede che ci immerge nel Cristo Risorto. Senza questa certezza saremmo come tutti gli altri: rassegnati, sconfortati e senza speranza. Questo non significa rimanere indifferenti o non provare dolore, dispiacere, versare lacrime e interrogare Dio gridando: perché?
Anch’io, ieri mattina, ricevendo la telefonata di Don Antonio che mi annunciava la morte improvvisa di Don Mariano, in un atteggiamento di preghiera, ho detto al Signore: perché? E mi son ricordato, ancora una volta, che questo grido è di ogni servo sofferente: anche Gesù, prima di spirare, ha pregato così: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato”?
Ho ritenuto opportuno che venissero proclamate le letture di ieri, della solennità del Corpus Domini, perché proprio ieri, giorno del Signore Risorto, Pasqua settimanale, giorno in cui avrebbe dovuto presiedere la messa di Prima Comunione di un gruppo di ragazzi di questa comunità, Don Mariano è stato invitato a partecipare al banchetto eterno.
Questa è la logica eucaristica. D’altronde anche in questo momento, nonostante siamo tutti accomunati nel dolore, adoriamo Gesù pane spezzato e donato, sangue versato per la nostra salvezza. Non è una presenza misteriosa, né frutto di una magia. La potenza dell’Eucaristia, se vissuta e partecipata realmente, purifica il nostro cuore e la nostra mente da atteggiamenti dettati dall’egoismo, rendendoci fratelli, in unione con Cristo, pane spezzato e sangue versato.
È la bella immagine profetica di un grande teologo, Karl Rahner, che, parlando del sacerdote del domani, affermava: «Il suo ministero risulterà sempre più immerso in un mondo che non riconoscerà affatto il suo ruolo pubblico e sociale, in un ambiente differenziato, spesso indifferente e qualche volta ostile, nel quale sentirà il proprio abito, il proprio parlare e la propria testimonianza come inappropriata e inopportuna. Eppure – afferma Rahner – questa sarà la sua forza più grande che lo ricondurrà al Mistero di Cristo, l’Unico che rimane quando sei spogliato di tutto. Come Gesù, il sacerdote di domani sarà un prete «dal cuore trafitto». Il sacerdote di domani sarà un uomo cui gli adulti si rivolgeranno, anche se la società borghese non gli affiderà più i figli. Sarà un uomo che sopporta, nel senso pieno della parola, la pesante oscurità dell’esistenza insieme ai suoi fratelli e alle sue sorelle. Ma saprà che la tenebra trova la sua origine e il proprio felice compimento nel mistero dell’amore vittorioso, nell’assurdità della croce. Sarà (altrimenti non sarà sacerdote) un uomo capace di ascoltare, un uomo per cui ogni singolo uomo è importante anche se non conta nulla in campo sociale o in campo politico. Sarà un uomo al quale ci si può confidare, che esercita o cerca di insegnare, come meglio può, un mestiere da pazzo, quello di portare non solo i propri pesi, ma anche quelli degli altri. Un uomo che, pur avendo tutte le possibilità, non partecipa alla caccia disperata e nevrotica al denaro, al piacere e a tutti gli altri analgesici contro la tragica delusione dell’esistenza (Karl Rahner).
C’è una morte fisica ma ce n’è una ben più tragica che è quella spirituale. Contemplando la morte di Don Mariano, dobbiamo riconoscere che nel suo ministero sacerdotale, per grazia di Dio, ha ridato vita a tanti di voi comunicando la grazia di Dio, quella fede nella Risurrezione di Gesù Cristo che tramuta in vita ogni forma di morte.
Avendo questa certezza siamo in grado di affrontare ogni morte, quindi anche questa che ci coinvolge tutti, perché Don Mariano rimane in eterno sacerdote, quindi confratello del presbiterio, padre di tutti voi che lo avete conosciuto, amato e in alcuni momenti, forse, anche avversato. Come succede d’altronde in ogni famiglia. Don Mariano è stato un sacerdote che, nonostante le prove della sua cagionevole salute, ha vissuto la sua esistenza cosciente che la dimora terrena non fosse quella definitiva, in attesa di quella eterna.
Ricordo quando mi chiese di celebrare il 40° anniversario di sacerdozio per ringraziare il Signore. Gli dissi: Don Mariano ma il vescovo di solito viene per il giubileo sacerdotale, quindi al 50°. E lui, con quel sorrisetto disarmante: “Si, è vero eccellenza, ma io il 50° lo celebrerò in cielo”. Ma anche in questi giorni, in preparazione alla celebrazione del 70° compleanno, a diversi di voi confidava: “non arriverò a celebrare i 70 anni con voi”!
Don Mariano è stato un sacerdote che ha creduto in Gesù Cristo Risorto, per questa ragione ora gode già della vita eterna promessa da Gesù ai suoi fedeli. È questo il patrimonio spirituale che lascia a tutti noi. Di solito siamo abituati a focalizzarci sui limiti di ogni persona dimenticando che tutti abbiamo delle fragilità e tutti siamo bisognosi dello stesso sguardo d’amore e di misericordia di Dio. Possiamo dire che sicuramente Don Mariano credeva nel suo essere prete, fragile ma forte nell’afferrare la Croce di Cristo, suo unico sostegno. Testardo ma dal cuore tenero, sempre pronto alla riconciliazione, spesso silenzioso, altre volte coinvolto emotivamente, laborioso e attento ai bisogni e necessità degli altri, con una particolare attenzione ai tanti immigrati che spesso ha accolto in casa sua.
Aggiungo che, dalla mia conoscenza diretta, non si è mai lasciato impaurire davanti alle rinunce e ai sacrifici che la vita gli ha riservato, affrontando ogni cosa con fiducia e trovando nel Signore Gesù la ragione autentica del suo ministero, fatto di un cuore capace di dilatarsi, di saper soffrire ma anche di rimanere sereno nell’affrontare l’impegno quotidiano sacerdotale.
Ecco perché, mentre attraverso la celebrazione eucaristica salutiamo Don Mariano, ringraziamo anche il Signore, altrimenti non sarebbe Eucaristia, perché ha donato questo sacerdote alla nostra Chiesa di Matera-Irsina che ha servito con amore e determinazione fino alla fine.
Permettetemi di ringraziare i confratelli sacerdoti presenti a Bernalda. Giovani addolorati ma determinati e forti. Ho apprezzato molto la scelta che avete fatto di mantenere fede alla processione del Corpus Domini: l’Eucaristia è il cuore della nostra fede e Dio ha scelto per Don Mariano questo giorno per invitarlo a partecipare al banchetto delle nozze eterne. Grazie a voi tutti fedeli che avete vissuto e partecipato alla processione con maggiore intensità e consapevolezza.
San Bernardino, elaboratore del Trigramma IHS, simbolo di Cristo rappresentato da un sole a 12 raggi (è Gesù che irradia la luce e il calore e lo fa attraverso l’opera dei 12 apostoli – per l’appunto i 12 raggi – , ovvero, attraverso la Chiesa), sul quale sono impresse le lettere IHS, cioè le prime tre lettere del nome di Gesù in lingua greca (ΙΗΣΟΥΣ = Iesus Hominum Salvator, ovvero “Gesù Salvatore degli uomini”), è stato per Don Mariano, come per ogni prete Bernaldese o che opera a Bernalda, ispiratore e punto di riferimento nel vivere il ministero presbiterale.
Alla Madre, Madre dei sacerdoti, affidiamo l’anima di Don Mariano con la certezza che si sono incontrati il sorriso umano con quello divino per vivere in quell’eternità nella quale ha sempre sperato. Siamo altrettanti certi che la prima cosa che Don Mariano avrà detto davanti alla Maestà divina saranno state le parole del Salmo che abbiamo proclamato: Che cosa renderò al Signore, per tutti i benefici che mi ha fatto? Alzerò il calice della salvezza e invocherò il nome del Signore.
Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene. A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo. Così sia.
Scrivi un commento