Il quotidiano Il Foglio, nella prima pagina dell’edizione weekend del 10 marzo, esamina tre grandi discorsi tenuti quasi contemporaneamente da tre tra i principali protagonisti della politica internazionale: Joe Biden, Ursula von der Leyen e Rishi Sunak. Tutti e tre i discorsi avrebbero, come sottolinea il quotidiano, un comune denominatore: la condanna dei populismi e degli estremismi che oggi sono tornati a turbare minacciosamente la pacifica e libera convivenza tra i popoli.
Tutto è stato ben espresso dalle parole del presidente Biden pronunciate recentemente, nel corso del tradizionale discorso sullo Stato dell’Unione, quando ha detto: «ciò che rende raro il nostro momento è che la libertà e la democrazia sono sotto attacco, sia in patria sia all’estero, nello stesso momento».
Il presidente americano si riferiva evidentemente all’Ucraina e a Gaza ma anche al suo “predecessore”, come lo ha chiamato senza mai pronunciare il suo nome; si riferiva, cioè, al rischio che Donald Trump possa essere eletto presidente e possa imporre i suoi modi autoritari dallo Studio Ovale della Casa Bianca.
«Il giorno prima» scrive ancora Il Foglio, «Ursula van der Leyen, lanciando la sua candidatura alla presidenza della Commissione Europea, è andata più a fondo: “La nostra Europa pacifica e unita non è mai stata così minacciata dagli estremisti e dai populisti, di estrema destra e di estrema sinistra”. Il filo conduttore dei discorsi è, naturalmente, la difesa della democrazia, la difesa della libertà, la battaglia contro i populisti».
Questi due discorsi, così incisivi ma in fondo prevedibili nella loro solennità, sono stati pronunciati in vista di due eventi di enorme portata, come le elezioni per la Casa Bianca e il rinnovo della presidenza della Commissione Europea, due tra le più importanti istituzioni mondiali. Ma il terzo, quello del Primo Ministro inglese Rishi Sunak, pronunciato davanti a Downing Street, traeva spunto da qualcosa che era accaduto in quei giorni, in un posto sperduto del Regno Unito, che si fa perfino fatica a rintracciare sulla cartina geografica. Qualcosa a cui altri magari non avrebbero dato grande risalto; non avrebbe per lo meno dato la stessa importanza delle presidenziali USA o della Commissione europea.
Il fatto è questo: le elezioni suppletive tenute il 29 febbraio a Rochdale, un borgo all’estrema periferia nord di Manchester, hanno portato all’elezione come deputato al parlamento – scrive Il Foglio – «di un antisemita ed estremista di sinistra di nome George Galloway».
Si tratta di un politico sessantenne, già in passato eletto alla Camera dei Comuni, ma di cui si riteneva ormai esaurita la sua turbolenta parabola politica. Tanto che lo si poteva ancora vedere soltanto in trasmissioni televisive simili al Grande Fratello o in autoreferenziali video pubblicati sul suo canale YouTube.
Galloway, parlamentare nelle fila del Partito laburista ai tempi di Tony Blair, da questo partito era stato espulso a causa delle violente critiche al Primo ministro Blair per la partecipazione alla Prima guerra del Golfo; critiche che, per quanto aspre, potevano anche essere legittime, ma che videro Galloway spingersi fino a dichiararsi apertamente un sostenitore del regime iracheno di Saddam Hussein, dittatore che egli incontrò più volte prima della sua deposizione e arrivando a rivolgergli, come ricorda il sito del Post, queste parole: «Signore, rendo omaggio al suo coraggio, alla sua forza, alla sua instancabilità». Tanto egli gli doveva, disse lui stesso, per l’opposizione di Hussein «all’imperialismo statunitense e sionista».
Proprio allora Galloway veniva eletto in Parlamento. Alla sua proclamazione, volle dedicare sarcasticamente la vittoria a Tony Blair. «Questo è per l’Iraq!» gli disse sprezzantemente. Alla luce di questo, si può cogliere tutto il senso minaccioso delle parole di Galloway che oggi, eletto nuovamente alla Camera dei Comuni, commenta con altrettanto sarcasmo: «Questo è per Gaza!»
Ma non si tratta soltanto di sarcasmo, purtroppo. Dopo il successo elettorale ottenuto su un programma a dir poco minimalista, che aveva l’obiettivo di contrastare il declino della squadra di calcio locale e di potenziare l’infermeria annessa al pronto soccorso di Rochdale, Galloway ha annunciato il progetto di creare una forza politica capace di far eleggere una quarantina di parlamentari che facciano propria la causa palestinese in funzione antisionista.
Insomma, George Galloway ha fiutato l’aria che tira e vuole andarci fino in fondo. Da ciò si comprende l’allarme lanciato dal Primo ministro Rishi Sunak il quale sa bene che Galloway gode del sostegno incondizionato della numerosissima comunità musulmana presente nel Regno Unito. Nel suo drammatico discorso tenuto davanti a Downing Street, Rishi Sunak ha esortato pertanto i cittadini a restare uniti perché si possa con determinazione «combattere contro i veleni dell’estremismo politico».
Che gli immigrati musulmani chiedano un’adeguata rappresentanza politica è indubbiamente legittimo. Un po’ meno legittimo diventa tutto ciò quando si esprime come disprezzo per Israele e per gli ebrei in genere. Con tutta la violenza che da ciò potrebbe scaturire e che si comincia a vedere sempre più chiaramente e frequentemente.
Come strano appare che l’immigrazione araba trovi il suo sostegno in forze politiche populiste che nel passato si sono distinte per aver contrastato con ogni mezzo l’immigrazione dai loro paesi d’origine, fino all’infamia del “rimandiamoli a casa loro”.
Di tutto questo sembra opportuno parlarne anche qui. Si dice che tutte le nuove tendenze hanno origine in Inghilterra. Dio non voglia che anche il flagello dell’antisemitismo, più di quanto oggi possiamo già vedere, si diffonda nel mondo. Ridando fiato alla vergogna nazista che sembrava sepolta sotto le fondamenta di una nuova società finalmente libera e democratica.
Per la verità, già molti anni fa, il cantautore cattolico Claudio Chieffo, nei versi di una sua canzone “La nuova Auschwitz“, che potevano sembrare un’esagerazione, aveva avvertito che “non è difficile essere come loro”. Non è difficile che l’orrore nazista possa ripresentarsi in tutta la sua sconcertante concretezza.
Ma non è possibile rassegnarsi a quello che potrebbe avvenire e a quello che il 7 ottobre scorso è già avvenuto. Noi non possiamo limitarci a “suonare il violino” come cantava Chieffo: «non è difficile essere come loro. / Ora suono il violino al mondo mentre muoiono i nuovi ebrei».
Dio non voglia. Non voglia questo orrore e ci liberi da questo male.
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